Terra, madre Terra
A cura di: Testo di Silvia Del Campo
40 artisti sono qui chiamati a intervenire su un tema di scottante attualità, come testimoniato dal proliferare di iniziative, mostre, dibattiti, scritti, eventi in corso o già avvenuti nel recente passato, dedicati a questo tema. Tema cruciale e di grande impatto, declinato in varie accezioni e crocevia di molte visioni e scuole di pensiero, foriero di inquietudini diffuse e percepibili a ogni livello circa il destino della Terra, non essendo chiaro se l’attuale crisi globale preluda a un cambiamento epocale (palingenesi) o all’estinzione dovuta non solo ad un eventuale cataclisma o catastrofe cosmica (ad esempio i cambiamenti climatici o l’esaurimento delle fonti di energia) ma anche, o invece, ad una sorta di esaurimento di ogni forma di speranza e solidarietà. In questo contesto, come evidenziato dal titolo “Terra, madre Terra”, si vuole offrire non solo una visione laica del mito della Dea Madre ma nel contempo una serie di riflessioni che riguardano la percezione, la sensibilità, la consapevolezza o la rimozione, il timore o la coscienza che quello dell’uomo contemporaneo sia il destino dei penultimi.
GLI ARTISTI:
Minou Amirsoleimani, Maria Cristina Antonini, Franca Bernardi, Francesco Calia, Antonio Carbone, Elettra Cipriani, Marcello Corazzini, Carla Crosio, Mariangela De Maria, Stefania Di Filippo, Lucia Di Miceli, Gabriella Di Trani, Mavi Ferrando, Danilo Fiorucci, Salvatore Giunta, Raffaele Iannone, Robert Lang, Silvana Leonardi, Margherita Levo Rosenberg, Mimmo Longobardi, Nazareno Luciani, Paola Malato, Giuliano Mammoli, Rita Mele, Patrizia Molinari, Sandra Maria Notaro, Aurora Paccasassi, Emilio Patalocchi, Teresa Pollidori, Giuseppe Ponzio, Lucilla Ragni, Rosella Restante, Marcello Rossetti, Alba Savoi, Grazia Sernia, Ernesto Terlizzi, Sabrina Trasatti, Ilia Tufano, Oriano Zampieri, Gaetano Zampogna
Del farsi immagine
Silvia Del Campo
“…l’immagine, di per sé effimera, è una detonazione di energia che fa esplodere, dissipandosi”. Come l’ultimo personaggio di Deleuze, l’esausto, l’artista, sospeso tra tutte le possibilità, tra reale e possibile, fra lingua della memoria e dei nomi e lingua delle immagini, tra la parola e il silenzio, aspira fare l’immagine, pura e incontaminata, singolare e indeterminata, anzi a farsi immagine, e con ciò esaurire l’estrema possibilità.
Muovendo dalla constatazione che nulla è comprensibile in arte se non è riferito a un contesto non sarà irrilevante sottolineare come il contesto, in questa circostanza, sia quello di un’inquietudine diffusa, di una coscienza ampiamente condivisa di essere arrivati ad una sorta di capolinea, a partire dal quale ancora non è chiaro se l’attuale crisi globale preluda a un cambiamento epocale (palingenesi) o all’estinzione dovuta non solo ad un eventuale cataclisma o catastrofe cosmica (cambiamenti climatici, una pioggia di meteoriti o l’esaurimento delle fonti di energia) ma anche, o invece, ad una sorta di esaurimento di ogni forma di speranza e solidarietà (flussi migratori incontrollabili, l’olocausto globalizzato, la drastica diminuzione delle nascite o ancora la decrescita economica).
L’interesse e il coinvolgimento rispetto a questo tema sono testimoniati dal proliferare di iniziative, mostre, dibattiti, scritti, eventi in corso o già avvenuti nel recente passato, non solo in Italia, come ovvio. Si tratta infatti di un dibattito cruciale e di grande impatto, dalle valenze politiche, sociali, economiche, geografiche, declinabile in varie accezioni e crocevia di molte visioni e scuole di pensiero, che pone domande e sollecita risposte non univoche circa il destino della Terra.
In questa mostra, dal titolo “Terra, madre Terra”, gli artisti invitati presentano, ognuno all’interno della propria poetica e del proprio linguaggio espressivo, non solo una visione laica del mito della Dea Madre ma anche una serie di riflessioni che riguardano la percezione, la sensibilità, la consapevolezza o la rimozione, il timore o la coscienza che quello dell’uomo contemporaneo sia il destino dei penultimi. Viene qui offerta, dunque, una panoramica in cui alcune delle opere costituiscono una sorta di récit della decadenza, in cui la terra, non più percepita come Dea Madre, diviene un organismo malato da osservare al microscopio, il luogo ove avvengono sopraffazioni e crimini. Ecco allora una serie di immagini che recano tracce di un’emozione o di un sentimento di fronte a un mondo perturbato, uno spazio che si contrae in una punta di spillo o si dilata ad abbracciare ed esaurire tutte le forme del possibile nel linguaggio, a volta a volta metaforico o metonimico, dei segni, delle immagini, dei colori e della materia, quasi che la Terra madre ormai non si potesse rappresentare che con grumi dolorosi di materia o di colore, con una narrazione che s’impenna o si tende nei suoi buchi, nelle sue lacerazioni, nei suoi salti, nei suoi silenzi, in forme simboliche , con l’uso di polveri o materie provenienti da culture “altre”, con l’asciuttezza semantica di una burocratica archiviazione, con trame, squarci e linee di separazione, con pennellate convulse rosso-sangue, con una sorta di perentorietà di denuncia o con visionarietà volutamente rasserenante, ma di una serenità e di una essenzialità beckettiane , laddove solo un “un po’ di blu e di bianco” un accenno di verde o di arancio suggeriscono o testimoniano un paesaggio…una estrema possibilità di una “vita lassù”, lontana dai ricordi e dalla speranza.
GLI ARTISTI:
Minou Amirsoleimani, Maria Cristina Antonini, Franca Bernardi, Francesco Calia, Antonio Carbone, Elettra Cipriani, Marcello Corazzini, Carla Crosio, Mariangela De Maria, Stefania Di Filippo, Lucia Di Miceli, Gabriella Di Trani, Mavi Ferrando, Danilo Fiorucci, Salvatore Giunta, Raffaele Iannone, Robert Lang, Silvana Leonardi, Margherita Levo Rosenberg, Mimmo Longobardi, Nazareno Luciani, Paola Malato, Giuliano Mammoli, Rita Mele, Patrizia Molinari, Sandra Maria Notaro, Aurora Paccasassi, Emilio Patalocchi, Teresa Pollidori, Giuseppe Ponzio, Lucilla Ragni, Rosella Restante, Marcello Rossetti, Alba Savoi, Grazia Sernia, Ernesto Terlizzi, Sabrina Trasatti, Ilia Tufano, Oriano Zampieri, Gaetano Zampogna
Del farsi immagine
Silvia Del Campo
“…l’immagine, di per sé effimera, è una detonazione di energia che fa esplodere, dissipandosi”. Come l’ultimo personaggio di Deleuze, l’esausto, l’artista, sospeso tra tutte le possibilità, tra reale e possibile, fra lingua della memoria e dei nomi e lingua delle immagini, tra la parola e il silenzio, aspira fare l’immagine, pura e incontaminata, singolare e indeterminata, anzi a farsi immagine, e con ciò esaurire l’estrema possibilità.
Muovendo dalla constatazione che nulla è comprensibile in arte se non è riferito a un contesto non sarà irrilevante sottolineare come il contesto, in questa circostanza, sia quello di un’inquietudine diffusa, di una coscienza ampiamente condivisa di essere arrivati ad una sorta di capolinea, a partire dal quale ancora non è chiaro se l’attuale crisi globale preluda a un cambiamento epocale (palingenesi) o all’estinzione dovuta non solo ad un eventuale cataclisma o catastrofe cosmica (cambiamenti climatici, una pioggia di meteoriti o l’esaurimento delle fonti di energia) ma anche, o invece, ad una sorta di esaurimento di ogni forma di speranza e solidarietà (flussi migratori incontrollabili, l’olocausto globalizzato, la drastica diminuzione delle nascite o ancora la decrescita economica).
L’interesse e il coinvolgimento rispetto a questo tema sono testimoniati dal proliferare di iniziative, mostre, dibattiti, scritti, eventi in corso o già avvenuti nel recente passato, non solo in Italia, come ovvio. Si tratta infatti di un dibattito cruciale e di grande impatto, dalle valenze politiche, sociali, economiche, geografiche, declinabile in varie accezioni e crocevia di molte visioni e scuole di pensiero, che pone domande e sollecita risposte non univoche circa il destino della Terra.
In questa mostra, dal titolo “Terra, madre Terra”, gli artisti invitati presentano, ognuno all’interno della propria poetica e del proprio linguaggio espressivo, non solo una visione laica del mito della Dea Madre ma anche una serie di riflessioni che riguardano la percezione, la sensibilità, la consapevolezza o la rimozione, il timore o la coscienza che quello dell’uomo contemporaneo sia il destino dei penultimi. Viene qui offerta, dunque, una panoramica in cui alcune delle opere costituiscono una sorta di récit della decadenza, in cui la terra, non più percepita come Dea Madre, diviene un organismo malato da osservare al microscopio, il luogo ove avvengono sopraffazioni e crimini. Ecco allora una serie di immagini che recano tracce di un’emozione o di un sentimento di fronte a un mondo perturbato, uno spazio che si contrae in una punta di spillo o si dilata ad abbracciare ed esaurire tutte le forme del possibile nel linguaggio, a volta a volta metaforico o metonimico, dei segni, delle immagini, dei colori e della materia, quasi che la Terra madre ormai non si potesse rappresentare che con grumi dolorosi di materia o di colore, con una narrazione che s’impenna o si tende nei suoi buchi, nelle sue lacerazioni, nei suoi salti, nei suoi silenzi, in forme simboliche , con l’uso di polveri o materie provenienti da culture “altre”, con l’asciuttezza semantica di una burocratica archiviazione, con trame, squarci e linee di separazione, con pennellate convulse rosso-sangue, con una sorta di perentorietà di denuncia o con visionarietà volutamente rasserenante, ma di una serenità e di una essenzialità beckettiane , laddove solo un “un po’ di blu e di bianco” un accenno di verde o di arancio suggeriscono o testimoniano un paesaggio…una estrema possibilità di una “vita lassù”, lontana dai ricordi e dalla speranza.
Luoghi
330685875
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