RAVENNAMOSAICO La città si riappropria della sua tradizione

A Ravenna l’8 ottobre la notte si è colorata d’oro, illuminando gli splendidi mosaici paleocristiani e bizantini, che figurano nella World Heritage List dell'UNESCO, per incantare un pubblico che attraverso l’arte ha potuto comprendere le regioni dell’antico splendore di una città che nel passato vuole ritrovare la forza per affrontare il presente.

di Loredana Rea
 
A Ravenna l’8 ottobre la notte si è colorata d’oro, illuminando gli splendidi mosaici paleocristiani e bizantini, che figurano nella World Heritage List dell'UNESCO, per incantare un pubblico che attraverso l’arte ha potuto comprendere le regioni dell’antico splendore di una città che nel passato vuole ritrovare la forza per affrontare il presente. Così, infatti, ha preso il via RavennaMosaico il Festival Internazionale dedicato alle espressioni più contemporanee di un’arte che affonda le proprie origini nel cuore delle civiltà greco-romane. Molte le esposizioni specifiche - dai libri d’artista, alle installazioni, ai progetti di arredo urbano - che hanno letteralmente invaso la città, occupando spazi pubblici e privati: biblioteche, gallerie, musei, librerie e negozi, accompagnate da convegni, laboratori didattici e creativi, cantieri di restauro, incontri e conferenze, con l’intento di accendere i riflettori sull’insospettata vitalità di un linguaggio che ancora può offrire stimoli alla ricerca artistica contemporanea. Fino alla fine di novembre la tradizione rivive nel presente: le scuole, le istituzioni, i laboratori dei mosaicisti, i centri di restauro, le visite guidate ai luoghi della storia, da San Vitale a Galla Placidia, hanno permesso e ancora permetteranno al pubblico di avvicinarsi ai segreti degli antichi capolavori per scoprire il senso delle nuove proposte. A colpire è il numero elevato delle mostre, impossibile da elencare singolarmente, che hanno offerto a molti artisti un’importante occasione per cimentarsi, spesso anche per la prima volta, con una tecnica che non permette facili invenzioni. Tra i moltissimi momenti espositivi, progettati per coinvolgere non esclusivamente gli addenti ai lavori, non si può non segnalare Installazioni musive negli Antichi Chiostri Francescani, in cui gli interventi decorativi animano e scandiscono lo spazio, Opere dal mondo nella Chiesa di San Domenico, diventata per l’occasione luogo di confronto di culture diverse, e, infine, Bibliomosaico. Libri d'artista in tessere musive, presso la sede delle Edizioni del Girasole, in cui fra i libri di carta è possibile ammirare quindici piccole opere musive in forma di libro, realizzate da artisti diversi per formazione e provenienza.
Gli appuntamenti, che come tessere di una grande decorazione compongono questo Festival, organizzato in collaborazione con l’Associazione Internazionale dei Mosaicisti Contemporanei, offrono l’opportunità per una breve disamina sulle possibilità espressive del mosaico nella pratica artistica contemporanea. Una riflessione sul suo ruolo nella sperimentazione di oggi non può che prendere le mosse dalla lateralità che occupa rispetto agli altri linguaggi dell’arte, come se la sua inconfondibile specificità fosse il segno di una pratica laboratoriale destinata a pochi. Di tutte le tecniche sviluppate nel corso di una lunga e fertile tradizione è certamente una delle più specializzate e materialmente impegnative, ma al tempo stesso anche quella che con maggior duttilità si è rapportata agli spazi costruiti, per esaltarne le qualità plastiche e creare straordinarie emergenze decorative. Il mosaico, infatti, è un particolare tipo di decorazione per pavimenti o pareti, formato da piccoli elementi multicolori più o meno regolari, le tessere, che nella fase più antica erano costituiti principalmente da ciottoli, poi da pietre dure, marmi, conchiglie, terrecotte, madreperle, smalti, paste vitree, accostati gli uni agli altri a formare disegni precedentemente elaborati e messi in posa su di una superficie dura, quindi fissati con mastici e malte cementizie, che ne garantiscono la resistenza all’usura del tempo. Se ne deduce perciò la necessità di un’attenta progettazione e conseguentemente l’esecuzione da parte di maestranze specializzate, che fin dalla sua origine - decorazioni musive realizzate con coni di argilla a testa colorata, databili all’inizio del III millennio a.C., sono state rinvenute nella città sumerica di Uruk – l’hanno caratterizzata come una manifestazione tutt’altro che spontanea e diffusa, restringendone l’utilizzo tecnico a circoscritti ambiti culturali: la civiltà greco-romana e il mondo cristiano e bizantino, in cui il rendimento disegnativo, cromatico e chiaroscurale, ma soprattutto il calibrato gioco di rifrazione sulle tessere stesse, raggiunge risultati straordinari e spesso non più eguagliati.
L’inevitabile richiesta di specificità non solo nella prassi esecutiva, quanto anche nella progettazione, in cui devono essere preventivamente studiati i rapporti tra i reticoli delle tessere e gli effetti da ottenere, sono dunque l’inequivocabile indicazione di un linguaggio complesso, inscindibilmente legato alla qualità delle materie scelte, all’intensità di rifrazione e assorbimento della luce, alla studiata tessitura delle superfici cromatiche, che sono l’essenza e contemporaneamente il motivo fondante della sua irresistibile fascinazione. Nel contesto culturale di questi anni, in cui il sistema dell’arte sembra sempre più interessato a porre l’accento sulla spettacolarità delle soluzioni operative ed espressive, che sulla vera sostanza delle progettualità e delle esperienze creative, il mosaico, intrinsecamente caratterizzato da un rigore tecnico-formale che è la sua stessa ragione di essere e che non permette facili mistificazioni, si colloca quindi inevitabilmente in una posizione marginale rispetto alla centralità dei dibattiti e delle riflessioni critiche, anche se esperienze come quella di Roma, in cui artisti di chiara fama e giovani emergenti sono stati invitati a realizzare interventi musivi nelle diverse stazioni delle due linee metropolitane, dimostrano la capacità di questo linguaggio antico di rapportarsi con gli spazi della contemporaneità.