PIET MONDRIAN: L’ARMONIA PERFETTA
Fino al 29 gennaio 2012 presso il Complesso del Vittoriano di Roma è aperta al pubblico Mondrian. L’armonia perfetta, una grande retrospettiva che, attraverso 70 opere del pittore olandese e oltre 40 lavori di artisti che influenzarono la sua evoluzione, ripercorre il percorso artistico di uno dei più importanti maestri del XX secolo.
A Roma nel Complesso del Vittoriano la grande retrospettiva dell’artista olandese
di mtp
Fino al 29 gennaio 2012 presso il Complesso del Vittoriano di Roma è aperta al pubblico Mondrian. L’armonia perfetta, una grande retrospettiva che, attraverso 70 opere del pittore olandese e oltre 40 lavori di artisti che influenzarono la sua evoluzione, ripercorre il percorso artistico di uno dei più importanti maestri del XX secolo.
L’esposizione presenta dei veri capolavori, provenienti dal Gemeentemuseum de L’Aia e si avvale della collaborazione e del supporto di altre grandi istituzioni museali, come il Denver Art Museum, il Philadelphia Art Museum, la National Gallery of Canada di Ottawa, il National Museum of Modern Art di Kyoto, per rendere manifesta l’estrema coerenza di una ricerca pittorica che rappresenta il fondamento dell’astrattismo del ‘900.
La scelta del titolo, come spiega Benno Tempel, curatore della mostra e direttore del Gemeentemuseum, riassume ed esemplifica il senso della complessa sperimentazione di Mondrian, nata dalla relazione dialettica tra teoria e pratica di laboratorio, con l’intento di materializzare attraverso la pittura la possibilità di superare la fragilità dell’esistenza. Infatti, scrive: “per Mondrian l’arte era più che la mera riproduzione della realtà. Con la sua pittura, voleva raggiungere uno scopo più alto. Era alla ricerca dell’armonia, di un’arte universale. (…)Pochi come lui hanno saputo rinnovarsi continuamente dall’inizio della loro carriera sino alla morte, mantenendo una tensione costante. In questa produzione, ciò che affascina e desta ammirazione è la ricerca di una pittura armoniosa, dalla quale sarebbe nata l’arte astratta”.
Nei primi anni del Novecento Piet Mondrian (Amesfoort, 1872 – New York, 1944) è un paesaggista di discreto successo, capace di mescolare i motivi della tradizione olandese con le tendenze del naturalismo francese. Nel 1908 a Domburg in Zelanda incontra Jan Toorop e la struttura del passaggio si contamina con le tensioni simboliste. Il simbolismo lo spinge a semplificare l’ossatura dell’immagine e, allo stesso tempo, a usare un colore vivo, talora steso a tâches, talora accostato secondo la tecnica divisionista e fauve. Ma la svolta avviene quando si accosta alla Teosofia, che nutre con altri stimoli il suo bisogno di superare l’aspetto esteriore della realtà e ricercare una verità più profonda. Nelle dottrine di Helena Petrovna Blavatsky, in bilico tra filosofia, religione e scienza, Mondrian trova i fondamenti per costruire il suo nuovo linguaggio pittorico. Come sottolinea Tempel: “La teosofia parte, tra le altre cose, dalle forze che agiscono tra uomo e donna, che anche Mondrian raffigura nella sua opera. Forse l’osservatore non lo percepisce immediatamente ma, sapendo che l’elemento femminile è reso dall’orizzontale e il maschile dalla verticale, risulta chiaro che Mondrian attribuisce un ruolo importante a questi elementi sin dall’inizio della sua parabola artistica, prima nelle sue figurazioni, poi nelle composizioni astratte. Per Mondrian è infatti importante soprattutto la relazione tra l’orizzontale (femminile) e il verticale (maschile). La ricerca di questa armonia universale mantiene una posizione centrale nell’intero arco della sua produzione. Nella teosofia è importante l’evoluzione dell’uomo, che, da creatura inferiore, materiale, si eleva a una superiore condizione spirituale. Un processo che Mondrian esprime con particolare chiarezza.”
L’incontro con il cubismo nel 1911 rappresenta una vera rivelazione, tanto che decide di compiere un viaggio a Parigi. È qui la sua evoluzione conosce una fase decisiva. Passando per un breve intermezzo cubista – esemplificato nelle diverse versioni di Natura morta con vaso di zenzero, nel 1914 Mondrian realizza i suoi primi quadri astratti. Negli anni parigini la scomposizione della forma organica si attua in composizioni sempre più rigorose nelle quali la superficie è divisa in piccoli campi con una sempre più evidente riduzione delle diagonali e delle linee curve. Ma rispetto alla sintassi cubista, la struttura formale dei suoi quadri è ridotta al piano e l’articolazione spaziale è affidata completamente al colore, dapprima sfumato in tonalità rosa, grigio, azzurro, marrone chiaro, poi con sfumature più marcate di blu, rossi e verdi, con le quali l’artista intende rendere immediatamente manifesta la struttura ultima della realtà, quell’armonia perfetta che si nasconde dietro ogni apparenza.
Al rientro in Olanda la ricerca di Mondrian si sviluppa verso una progressiva e rigorosa elementarizzazione, che lo condurrà a quell’astrazione ancora adesso inconfondibile, seppure giocata sulla reiterazione di linee ortogonali e pochi colori. Con Theo van Doesburg fonda la rivista De Stijl, uscita per la prima volta nel 1917. L’intento è contribuire a creare attraverso l’arte una società nuova. L’aspirazione è ancora una volta a un’opera d’arte totale, in cui pittura, scultura, grafica e architettura formano un insieme unico. Sulle pagine di De Stijl Mondrian mette a punto il Neoplasticismo, che si propone di trovare una nuova forma di espressione plastica, non soggettiva ma valida per tutti, “nell’astrazione di tutte le forme e di tutti i colori primari nettamente definiti”.
Da questi principi Mondrian parte per strutturare la sua astrazione, che pur avendo radici nel misticismo propugnato dalla Teosofia, si presenta come una griglia geometrica da cui non è possibile derogo rare, tanto che afferma: “Costruisco combinazioni di linee e di colori su una superficie piatta, per esprimere una bellezza generale con una somma coscienza. La Natura (o ciò che vedo) mi ispira, mi mette, come ogni altro pittore, in uno stato emotivo che mi provoca un’urgenza di fare qualcosa, ma voglio arrivare più vicino possibile alla verità e astrarre ogni cosa da essa, fino a che non raggiungo le fondamenta (anche se solo le fondamenta esteriori!) delle cose... Credo sia possibile che, attraverso linee orizzontali e verticali costruite con coscienza, ma non con calcolo, guidate da un’alta intuizione, e create con armonia e ritmo, queste forme basilari di bellezza, aiutate se necessario da altre linee o curve, possano divenire un’opera d’arte, così forte quanto vera”. Eliminando l’oggetto l’arte si avvicina sempre di più alla verità: le linee verticali e orizzontali possono essere l’unica misura, mentre i colori primari e i non colori bianco, nero e grigio l’unica immagine consentita. L’opera d’arte deve materializzare il legame tra l’uomo e l’universo, superando tutte le accidentalità per recuperare l’originaria armonia, nata dalla congiunzione di ogni dualismo: terra-cielo, materia-spirito, maschile-femminile, apparenza-essenza, particolare-universale. Nascono così le composizioni neoplasticiste in rosso, blu e giallo diventate dei veri e propri classici dell’avanguardia.
Nel 1940 mentre la guerra scuote l’Europa, Mondrian decide di trasferirsi a New York, dove vive la sua ultima stagione creativa, traendo nuovi stimoli dal jazz e dal dinamismo della metropoli, e proprio questi ritmi serrati nelle ultime opere trovano una colorata concretizzazione.