Padiglione Italia alla Biennale di Venezia Mostra “vice versa” all’Arsenale

A cura di: Maria Vinella

Padiglione Italia alla Biennale di Venezia Mostra “vice versa” all’Arsenale


 


Si intitola emblematicamente vice versa il progetto di mostra proposto dal curatore Bartolomeo Pietromarchi e dal commissario Maddalena Ragni per questa 55. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale veneziana.
Come spiega il curatore, attuale direttore del Macro di Roma, “vice versa” ripropone un concetto teorizzato da Giorgio Agamben nel volume Categorie italiane. Studi di Poetica (1996), in cui il filosofo sostiene che: “per interpretare la cultura italiana sia necessario individuare una serie di concetti polarmente coniugati capaci di descriverne le caratteristiche di fondo. Binomi quali tragedia/commedia, architettura/vaghezza o velocità/leggerezza divengono così originali chiavi di lettura di opere e autori fondanti della nostra storia culturale”.
La dimensione del doppio, l’attitudine speculare e dialettica, la ricerca di polarità contrapposte, costituiscono l’aspetto che maggiormente caratterizza l’arte italiana. La natura antitetica della nostra cultura si rispecchia nella visione simbolica che anima il progetto critico ed espositivo di Pietromarchi, che definisce un percorso dinamico sviluppato in sette grandi ambienti (di cui uno esterno) molto teatrali, in ognuno dei quali due artisti entrano in dialogo tra loro, mediante opere significative, scenografiche e plurisensoriali, create perlopiù per l’occasione, costruite con i linguaggi delle installazioni e della performance, dei dipinti e delle sculture, della fotografia e delle ambientazioni.
La mostra diviene così “un viaggio ideale nell’arte italiana di oggi e di ieri, un itinerario che racconta identità e paesaggi – reali e immaginari – esplorando la complessità e le stratificazioni della vicenda artistica e antropologica del paese. Un ritratto dell’arte recente non più letta come contrapposizione tra movimenti e generazioni, ma come un atlante di temi e di attitudini, riconducibili alla storia e alla cultura nazionali, in un dialogo incrociato di corrispondenze, derivazioni e differenze, tra figure di maestri riconosciuti e artisti delle generazioni successive”.
Quattordici gli autori, appartenenti a diverse generazioni, invitati a rappresentare l’identità dell’arte italiana, tra realismo e lirismo, sguardo prospettico e tracce mnemoniche.
Il rapporto con la storia - rapporto differentemente declinato - è al centro dei lavori di Francesco Arena e Fabio Mauri. Arena con la monumentale opera “Massa sepolta” ci induce a riflettere su una delle atrocità di tutte le guerre: le fosse comuni; di Mauri viene riproposta la performance del 1973 “Ideologia e natura”, dolorosa riflessione sui regimi dittatoriali.
I lavori di Luigi Ghirri e Luca Vitone riflettono sul luogo e sul paesaggio: paesaggio-visone e paesaggio-memoria. Invece Sislej Xhafa e Piero Golia indagano le relazioni tra cultura e tradizioni, il primo giocando con la casualità e il rischio di pratiche come quelle del gioco d’azzardo, il secondo ironizzando sul valore economico dell’arte.
Flavio Favelli e Marcello Maloberti conducono le proprie indagini visive su immaginario interiore e immaginario collettivo, tramite suggestive performance presentate nelle giornate inaugurali o con folkloriche immagini tratte da suggestioni romane.
Giulio Paolini e Marco Tirelli (intrigante il suo ‘teatro della memoria’) affrontano il tema etico dell’arte come illusione, come sguardo in avanti che va al di là della realtà. Mentre Francesca Grilli e Massimo Bertolini lavorano sulla contrapposizione parola-suono e libertà-censura, utilizzando una grande lastra di ferro lentamente corrosa dall’acqua (Grilli), e un sentiero tortuoso tutto in bronzo, dissestato e pieno di macerie ma percorribile dal visitatore (Bertolini).
Elisabetta Benassi e Gianfranco Barucchello, infine, propongono opere destinate a misurarsi con le incognite della classificazione-archiviazione, infinite e inefficaci sia di fronte alla vastità della natura che alla complessità della conoscenza e dell’umano agire.