Esprit Méditerranéen: il Mediterraneo in fotografia
Quale Mediterraneo, quale mare nostrum di antica e nuova magia, di antico e nuovo fascino, emerge dallo sguardo disincantato del presente? Come l’occhio fotografico, addomesticato da una cultura sempre più liquida e frammentaria, interpreta questo luogo-simbolo sia della misteriosa antichità sia della inquieta modernità?
Una selezione di immagini realizzate da più di cinquanta autori italiani cerca di offrire risposte convincenti sulla identità visiva e concettuale del Mar Mediterraneo.
Di Maria Vinella
Quale Mediterraneo, quale mare nostrum di antica e nuova magia, di antico e nuovo fascino, emerge dallo sguardo disincantato del presente? Come l’occhio fotografico, addomesticato da una cultura sempre più liquida e frammentaria, interpreta questo luogo-simbolo sia della misteriosa antichità sia della inquieta modernità?
Una selezione di immagini realizzate da più di cinquanta autori italiani cerca di offrire risposte convincenti sulla identità visiva e concettuale del Mar Mediterraneo.
Attraverso le opere fotografiche raccolte, la mostra definisce e articola alcune linee di narrazione dell’identità mediterranea, ricostruendo un’idea di “mediterraneità”, cioè di una più o meno evidente appartenenza ad una civiltà millenaria, ricca di componenti storiche, filosofiche, antropologiche – come indica la curatrice Clara Gelao nel testo in catalogo – e della conseguente possibilità di riconoscere questa dimensione mediterranea, vista non solo e non tanto come definizione topica o come dato anagrafico, ma come luogo mentale che identifica una particolare ispirazione, un particolare esprit, una particolare logica.
La “mediterraneità”, considerata come identità antagonista al fenomeno della globalizzazione, nicchia antropologica segnata dal sentimento dell’appartenenza, permette agli autori e alle autrici di coltivare un aspetto autonomo della propria visione del mondo e di riflettere sulla dimensione della relazione dialogante con le alterità.
Ed è proprio sull’identità e sulla sua forza espressiva e conoscitiva che insistono i testi in catalogo di Antonella Pierno e Cosmo Laera, curatore, entrambi convinti della necessità di salvaguardare l’identità iconografica della nostra cultura. Questo si evince anche dalle significative fotografie dello stesso Cosmo Laera, dalla ricerca concettuale di Mario Cresci e da quella di Gianni Leone o di Gianni Zanni, dagli scatti accurati di Michele Roberto, dalle visioni di Makis Vovlas o di Di Stefano di Marco, dall’attenzione antropologica di Berardo Celati, dallo sguardo malinconico di Beppe Gernone, dai panorami marini di Franco Pierno, da quelli naturalistici di Roberto Tartaglione, dallo sguardo ludico di Antonio Tartaglione, e ancora, dagli scatti di Cristina Bari, Fabio Barile, Cosimo Bellanova, Fabrizio Bellomo, Gianni Cataldi, Daniela Cavallo, Nicola Centoducati, Michele Cera, Francesco CianciottaMina De Gennaro, Donato Del Giudice, Giuseppe De Mattia,, Nicola Ciannamea, Rosa Ciano, Alessio Cirillo, Francesco Cito, Giuseppe Di Giglio, Tiziano Doria, Giuseppe Fanizza, Luciano Ferrara, Arianna Forcella, Franco Giacopino, Gaetano Gianzi, Carmela Lovero, Giuseppe Maino, Francesco Mezzina, Domingo Milella, Luigi Minerva, Carmelo Nicosia, Gino Piddu, Ciro Quaranta, Francesco Radino, Calogero Russo, Francesco Scagliusi, Saverio Scattarelli, Tonino Sgrò, Francesca Speranza, Pio Tarantini, Chiara Tocci.
(Promossa dall’Assessorato per i Beni e le Attività Culturali della Provincia di Bari, la mostra, a cura di Clara Gelao e di Cosmo Laera, è documentata da un ampio catalogo di Favia Edizioni ed è visitabile sino a novembre presso la Pinacoteca Provinciale di Bari)