Franco Nuti e Lello Torchia "La Grammatica Dell’esistenza" di Loredana Rea

Franco Nuti e Lello Torchia  "La Grammatica Dell’esistenza"  di Loredana Rea
Alla Fondazione Umberto Mastroianni di Arpino fino al 26 novembre la mostra propone un intenso dialogo sulla complessità del tempo presente, stretto tra l’irriducibilità del reale e l’affermazione di sé, per esplorare gli orizzonti di un’umanità imperfetta, eppure pronta a ripensare se stessa.
 
 
Lo spazio si definisce lentamente e per saturazione, suggerendo la possibilità di un differente punto di vista sul mondo, capace di infrangere il ritmo incalzante della quotidianità. Lo sguardo rallenta per andare oltre la percezione di una realtà sospesa nell’eternità del presente, senza memoria del passato e coscienza del futuro, e si lascia condurre dove il rumore si assopisce fino a sparire nella rarefazione del silenzio.
Frammenti enigmatici di un dialogo, che si scompone e ricompone sul filo sottile eppure tenace di intense suggestioni poetiche, codificano l’articolazione di una grammatica dell’esistenza che nell’arte ha trovato le sue regole morfologiche e sintattiche, per testimoniare il proprio tempo, in una densa stratificazioni di segni, immagini e significati.
La scrittura del lavoro costruito a quattro mani da Franco Nuti e Lello Torchia, con la necessaria indipendenza, legata all’attitudine di declinare in direzioni formali diverse la solidità del pensiero, si offre nella complessità di una partitura orchestrata attraverso una sapiente azione di decontestualizzazione e ricodificazione, decostruzione e ridefinizione, in grado di rafforzare il valore dei singoli interventi e tracciare inedite prospettive di interpretazione.
In Nuti la tensione a classificare e ordinare il mondo per comprenderlo, si materializza nella costruzione di un singolare archivio della memoria, in cui il senso delle parole si deposita sulle cose, per liberarle dell’intrinseca ordinarietà. Slabbrando i confini dell’uno e delle altre, innesca una commistione dinamica e fertile, per affermare la necessità di un’interpretazione mutevole, aperta e fluida, capace di slegare il significato dall’immediatezza della presenza e suggerire una dimensione intima in cui fare esperienza della complessità umana.
Torchia invece sposta l’attenzione dal flusso indistinto della quotidianità all’urgenza di preservare la consapevolezza di sé, fagocitata dalla scontata imprevedibilità dei luoghi comuni. Ridisegnando territori, fisici e mentali, in cui intervenire prova a riattivare una differente coscienza della percezione della realtà, per rintracciare nei simulacri di una condizione umana, che si svela a poco a poco, l’inconciliabile paradosso dell’effimera consistenza dell’esistenza terrena nel trascorrere inesorabile del tempo.
Entrambi si confrontano, senza fornire risposte in qualche maniera scontate e, insinuando con tagliente ironia l’ombra del dubbio, inducono alla riflessione, personale e collettiva.
Da una dinamica metafisica, che tutto permea di sé, per rintracciare le ragioni dell’interrotta interrogazione sulla caducità del farsi della vita, sia pure con modalità esplicitamente difformi, introducono all’esplorazione di uno spazio interiore necessariamente esteriorizzato, ipotizzando altre pratiche di abitare il quotidiano in tutta la sua spaesante molteplicità, per dissolvere in una narrazione non lineare le incertezze di vivere un tempo disattento ai bisogni profondi dell’uomo. Gli elementi di un fragile equilibrio, armoniosamente concertato, si squadernano sotto la spinta di forze contrastanti, secondo i principi all’apparenza illogici legati alla situazione storica, in cui tensioni globali e interessi locali delineano il difficile attraversamento di una crisi sistemica, che ha minato i valori fondanti della società contemporanea. Si svelano a poco a poco narrazioni plurime: visionarie e graffianti, lievi e fugaci, profonde e spiazzanti, che ognuno ha la possibilità di volgere a sé, seguendo le norme della propria grammatica interiore.