CONVERSAZIONI D’ARTE. Incontro con l’artista Ezia Mitolo di Maria Vinella
Ezia Mitolo, frequenta il Biennio di Specializzazione in Arti Visive della Musica e dello Spettacolo presso l’Accademia delle Belle Arti di Macerata, e ancor prima si laurea in scultura in Puglia, allieva di Francesco Somaini e Nicola Carrino. Vive a Milano, poi a Roma, poi a Taranto. Le piace confrontarsi artisticamente con realtà differenti, e sperimenta, inventa, studia, organizza, conserva e reinventa. Sempre con grandi energie e spirito d’avventura.
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- Ezia Mitolo come inizia la tua carriera d’artista?
A Milano ho allestito diverse personali di scultura e disegno tra cui Corpoacorpo nella galleria Canonica Arte, Metabolizzandomi, nella galleria Spazio Aquifante di Busto Arsizio, ho partecipato a Cento disegni per Sarajevo Aurora Fonda a Venezia, Spazio Biennale, Visual – e’ e The Lab – Arti e Suoni in movimento, Gai Settore Giovani del Comune di Milano, e avuto collaborazioni con altre gallerie come Fabbrica Eos, Avida Dollars e Alphacentauri.
- Negli anni novanta sei stata allieva di grandi artisti come Arnulf Rainer, George Baslitz, Karel Appel e Anish Kapoor, nelle due residenze Corso Superiore di Disegno-Disegno alla Fondazione Ratti di Como. Hai approfondito contemporaneamente alla scultura, la tecnica del disegno realizzando grandi opere su lunghi rotoli di carta o su tele preparate con sperimentali misture. Materiali, tecniche, linguaggi? Quali passioni hai avuto?
Negli anni milanesi realizzavo sculture utilizzando materiali come gesso e terracotta patinati di colore nero con misture varie, approfondivo tematiche legate al corpo, forme trasfigurate, reinterpretate con inserimenti di canapa trattata con tinture e colle. … armata di taccuini e quadernoni di appunti (che conservo ancora gelosamente nel mio archivio/deposito) ho sperimentato materiali e tecniche che mi permettessero di risolvere diverse necessità installative come ad esempio, in quegli anni, la realizzazione di sculture dall’aspetto vivo che fuoriuscivano direttamente dalle superfici dei muri. Come con la scultura, era molto forte il piacere di sporcarmi le mani anche quando disegnavo immergendole nella pasta nera di ossido e olio di lino lasciando spesso le tracce delle mie dita sul foglio… avevo bisogno di entrare nelle nervature della carta e di sentire sotto i polpastrelli le rugosità e increspature accoglienti della sua superficie. Utilizzavo, oltre agli ossidi, pastelli ad olio e cera, nelle grandi dimensioni ma anche matite morbide per realizzare disegni di più piccoli. Il segno, il gesto istintivo erano il proseguimento immediato di un pensiero, il mezzo veloce per fermare un’emozione, sia nella scultura che nel disegno.
- Poi hai scelto dal 2002 di andare a vivere a Roma dove mi sono fermata fino al 2006. Lì stimolata dal diffondersi dei mezzi tecnologici che offrivano nuove sfide e possibilità, hai cominciato a sperimentare altro?
Sì. Intanto nuove modalità espressive e poi ad utilizzare anche alcune nuove tecniche multimediali iniziando dalla ricerca sul linguaggio fotografico per finire alle sculture sonore, sculture in movimento e video performance interattive; nel 2003 infatti, invitata a partecipare alla XIV Quadriennale di Roma Anteprima ho realizzato “I grifi sibilanti”. Le mie installazioni cominciavano così a “muoversi”, a prendere vita anche attraverso una partecipazione attiva del fruitore; da lì in poi, avrei progettato diversi on going project interattivi con il pubblico. Sperimentavo intanto mescolanze di linguaggi espressivi (“E adesso sciogliti”, composta da una scultura sospesa dalla quale gocciolava un liquido acido che scioglieva un’immagine fotografica). A Roma è avvenuta anche la “scoperta” del “colore” bianco e, insieme, quella della cera e di tutte le sue possibilità espressive.
- Costruttiva è stata la collaborazione con la rivista Drome magazine, giusto?
Certo. Frequentavo sistematicamente il gruppo di artisti e curatori che giravano attorno ad essa, esercizio di scambio e di confronto che trovavo molto stimolante. E ho partecipato a diversi eventi come - Download.fr/it - Roma/Parigi con la video performance interattiva Ombramalombra-il dialogo muto dell’empatia uno dei miei primi on going project interattiva che ancora oggi porto in giro per l’italia e l’estero. Ho aderito a diversi progetti aggreganti a sfondo sociale come Sottosuoli di Pablo Echaurren e Alexander Jakhnagiev , e partecipato a diverse personali e collettive tra cui Linguemalia nel Centro di Sarro, e all’estero con From the pages of my diary – progetto Casaluce-Geiger nel Museo Belvedere di Vienna e a Parigi esponendo nella Glaz’ Art di Parigi.
- Che tipo di lavoro fai ora?
La mia ricerca artistica spazia dalle installazioni scultoree a quelle grafiche, dalla fotografia, video, video-performance interattive. Negli anni, alla malleabile argilla che diventa dura terracotta e al gesso utilizzato fondamentalmente per creare le strutture di base, si sono associati altri materiali. Le mie sculture oggi sono composte di assemblaggi e innesti di diversi materiali, alla terracotta si è aggiunta la cera, materiale altrettanto duttile, ma soggetto a cambiamenti di stato; la cera cambia con il calore, con la luce, ricorda la transitorietà. La cera ricopre e ingloba, ghermisce e diventa corpo che incontra corpo, la cera aggrega, unisce, sposa. La utilizzo anche nella finitura dei disegni di medie e piccole dimensioni che, montati su legno, rivestiti di cera diventano oggetti/sculture. Spesso utilizzo anche la stoffa e a volte, ancora la canapa ma scolorita, sbiancata.
Ultimamente uso anche la resina che mi permette di realizzare opere più leggere, resistenti e di grandi dimensioni. Resina sempre rivestita di cera e con innesti diversi. I disegni sono realizzati su carta o su superfici più resistenti con pastelli a cera, o matite, biro o carboncino. Adopero i diversi linguaggi, a seconda del concetto, del contenuto che spinge per essere comunicato e diventare vivo. Quindi, il linguaggio fotografico (lavorando quasi prevalentemente sull’autoritratto), quello video e della video performance sempre coerentemente con la mia poetica; Ultimamente, si fa sempre più forte la voglia di unificare nello stesso progetto più linguaggi espressivi. Progetto inoltre, lavori interattivi on going project coinvolgendo il pubblico partecipante, interazioni in cui il corpo e il contatto/scambio tra le persone sono all’unisono principali protagonisti. La partecipazione attiva e fiduciosa soprattutto del fruitore “acerbo” a questo tipo di esperienza, ha anche il compito di sensibilizzare rispetto i più svariati linguaggi comunicativi dell’arte contemporanea, spesso difficili da comprendere senza un’esperienza diretta.
- Tutta la tua poetica è concentrata sul corpo e sul complesso mondo emotivo. Frantumi, amputi, sezioni e trasformi/deformi il corpo, per afferrarne gli aspetti misteriosi, nascosti, metaforici cercando nuovi nessi tra le parti… Perché?
Attraverso l’espressività delle forme create cerco di rivelare, rendendo visibili i nostri processi psichici, rendendoli quasi tangibili tanto da poterli toccare, riconoscere e pensare di poterli modificare. Attingo alle emozioni più profonde e complesse, ai nostri intimi passaggi, le nutrizioni, metabolizzazioni e trasformazioni di dentro, le nostre morti e rinascite, al nostro intimo dinamismo psichico, all’incessante trasformarci in qualcos’altro. Siamo in continuo movimento, metamorfosi ed evoluzione, moriamo e rinasciamo ogni istante. Tutti, e sempre.
- Ci racconti qualcosa dell’ultima mostra di Taranto?
Una mia personale dal taglio antologico dal titolo “Capitoli” Generali per l’Arte, a cura di Cristina Principale con la collaborazione di Angelo Raffaele Villani di Rossocontemporaneo, conclusa da poco; durante il finissage ho proposto al pubblico intervenuto il progetto interattivo “Introritrattiamoci” che ha stimolato un coinvolgimento straordinario. L’esposizione ha “raccontato” per tappe, cronologiche e tematiche, “Capitoli” appunto, alcuni dei passaggi essenziali della mia ricerca poetica, attraverso una trentina di opere. Mentre Introritrattiamoci dall’Introritratto soggettivo alla collettività e condivisione, proposto al finissage, è un on going project interattivo con il pubblico nato nel 2009, che ripropongo ad ogni occasione in quanto è un progetto mobile, mutevole, ed il risultato è sempre diverso perché cambia il luogo, cambia il pubblico. Spesso nelle mie interazioni lavoro partendo dal corpo e la traccia di un gesto, che può essere un’impronta, un movimento, un segno lasciato sulla carta, una “materia” manipolata (il corpo racconta tutto di noi). Il progetto è iniziato nel 2008 sotto forma di installazione di disegni, dal nome “Introritratti” in cui disegnavo, partendo dall’impronta della mia bocca, (luogo di comunicazione, metafora di dialogo con se stessi, nutrimento psichico) il mio “intro-ritratto”, ovvero, “ritratto di dentro”, ritratto interiore. Successivamente ho pensato che fosse un lavoro così intimo e profondo che mi sarebbe piaciuto condividerlo con la collettività; così è nato “Introritrattiamoci” in cui tutto ha inizio con l’impronta della bocca di ogni partecipante lasciata su un grande foglio condiviso; successivamente invito i partecipanti a disegnare il proprio introritratto con un semplice carboncino esprimendosi attraverso l’uso di linee e forme prevalentemente libere, astratte, non riconducibili ad una rappresentazione figurativa condividendo il medesimo spazio del foglio e la medesima intima esperienza, con gli altri partecipanti.
- E dopo una mostra così densa di energie, quali progetti per il futuro?
Dopo la preziosa esperienza di ANOTHER ME al Museo Archeologico MarTa di Taranto ho messo a punto diversi progetti di mostre museali e rispettivi Laboratori Didattici correlati per diverse destinazioni che mi auguro trovino terreno per la loro attuazione. Contemporaneamente sto pensando ad una personale all’estero. Forse entro il 2018! Ma è presto per parlarne…
A Milano ho allestito diverse personali di scultura e disegno tra cui Corpoacorpo nella galleria Canonica Arte, Metabolizzandomi, nella galleria Spazio Aquifante di Busto Arsizio, ho partecipato a Cento disegni per Sarajevo Aurora Fonda a Venezia, Spazio Biennale, Visual – e’ e The Lab – Arti e Suoni in movimento, Gai Settore Giovani del Comune di Milano, e avuto collaborazioni con altre gallerie come Fabbrica Eos, Avida Dollars e Alphacentauri.
- Negli anni novanta sei stata allieva di grandi artisti come Arnulf Rainer, George Baslitz, Karel Appel e Anish Kapoor, nelle due residenze Corso Superiore di Disegno-Disegno alla Fondazione Ratti di Como. Hai approfondito contemporaneamente alla scultura, la tecnica del disegno realizzando grandi opere su lunghi rotoli di carta o su tele preparate con sperimentali misture. Materiali, tecniche, linguaggi? Quali passioni hai avuto?
Negli anni milanesi realizzavo sculture utilizzando materiali come gesso e terracotta patinati di colore nero con misture varie, approfondivo tematiche legate al corpo, forme trasfigurate, reinterpretate con inserimenti di canapa trattata con tinture e colle. … armata di taccuini e quadernoni di appunti (che conservo ancora gelosamente nel mio archivio/deposito) ho sperimentato materiali e tecniche che mi permettessero di risolvere diverse necessità installative come ad esempio, in quegli anni, la realizzazione di sculture dall’aspetto vivo che fuoriuscivano direttamente dalle superfici dei muri. Come con la scultura, era molto forte il piacere di sporcarmi le mani anche quando disegnavo immergendole nella pasta nera di ossido e olio di lino lasciando spesso le tracce delle mie dita sul foglio… avevo bisogno di entrare nelle nervature della carta e di sentire sotto i polpastrelli le rugosità e increspature accoglienti della sua superficie. Utilizzavo, oltre agli ossidi, pastelli ad olio e cera, nelle grandi dimensioni ma anche matite morbide per realizzare disegni di più piccoli. Il segno, il gesto istintivo erano il proseguimento immediato di un pensiero, il mezzo veloce per fermare un’emozione, sia nella scultura che nel disegno.
- Poi hai scelto dal 2002 di andare a vivere a Roma dove mi sono fermata fino al 2006. Lì stimolata dal diffondersi dei mezzi tecnologici che offrivano nuove sfide e possibilità, hai cominciato a sperimentare altro?
Sì. Intanto nuove modalità espressive e poi ad utilizzare anche alcune nuove tecniche multimediali iniziando dalla ricerca sul linguaggio fotografico per finire alle sculture sonore, sculture in movimento e video performance interattive; nel 2003 infatti, invitata a partecipare alla XIV Quadriennale di Roma Anteprima ho realizzato “I grifi sibilanti”. Le mie installazioni cominciavano così a “muoversi”, a prendere vita anche attraverso una partecipazione attiva del fruitore; da lì in poi, avrei progettato diversi on going project interattivi con il pubblico. Sperimentavo intanto mescolanze di linguaggi espressivi (“E adesso sciogliti”, composta da una scultura sospesa dalla quale gocciolava un liquido acido che scioglieva un’immagine fotografica). A Roma è avvenuta anche la “scoperta” del “colore” bianco e, insieme, quella della cera e di tutte le sue possibilità espressive.
- Costruttiva è stata la collaborazione con la rivista Drome magazine, giusto?
Certo. Frequentavo sistematicamente il gruppo di artisti e curatori che giravano attorno ad essa, esercizio di scambio e di confronto che trovavo molto stimolante. E ho partecipato a diversi eventi come - Download.fr/it - Roma/Parigi con la video performance interattiva Ombramalombra-il dialogo muto dell’empatia uno dei miei primi on going project interattiva che ancora oggi porto in giro per l’italia e l’estero. Ho aderito a diversi progetti aggreganti a sfondo sociale come Sottosuoli di Pablo Echaurren e Alexander Jakhnagiev , e partecipato a diverse personali e collettive tra cui Linguemalia nel Centro di Sarro, e all’estero con From the pages of my diary – progetto Casaluce-Geiger nel Museo Belvedere di Vienna e a Parigi esponendo nella Glaz’ Art di Parigi.
- Che tipo di lavoro fai ora?
La mia ricerca artistica spazia dalle installazioni scultoree a quelle grafiche, dalla fotografia, video, video-performance interattive. Negli anni, alla malleabile argilla che diventa dura terracotta e al gesso utilizzato fondamentalmente per creare le strutture di base, si sono associati altri materiali. Le mie sculture oggi sono composte di assemblaggi e innesti di diversi materiali, alla terracotta si è aggiunta la cera, materiale altrettanto duttile, ma soggetto a cambiamenti di stato; la cera cambia con il calore, con la luce, ricorda la transitorietà. La cera ricopre e ingloba, ghermisce e diventa corpo che incontra corpo, la cera aggrega, unisce, sposa. La utilizzo anche nella finitura dei disegni di medie e piccole dimensioni che, montati su legno, rivestiti di cera diventano oggetti/sculture. Spesso utilizzo anche la stoffa e a volte, ancora la canapa ma scolorita, sbiancata.
Ultimamente uso anche la resina che mi permette di realizzare opere più leggere, resistenti e di grandi dimensioni. Resina sempre rivestita di cera e con innesti diversi. I disegni sono realizzati su carta o su superfici più resistenti con pastelli a cera, o matite, biro o carboncino. Adopero i diversi linguaggi, a seconda del concetto, del contenuto che spinge per essere comunicato e diventare vivo. Quindi, il linguaggio fotografico (lavorando quasi prevalentemente sull’autoritratto), quello video e della video performance sempre coerentemente con la mia poetica; Ultimamente, si fa sempre più forte la voglia di unificare nello stesso progetto più linguaggi espressivi. Progetto inoltre, lavori interattivi on going project coinvolgendo il pubblico partecipante, interazioni in cui il corpo e il contatto/scambio tra le persone sono all’unisono principali protagonisti. La partecipazione attiva e fiduciosa soprattutto del fruitore “acerbo” a questo tipo di esperienza, ha anche il compito di sensibilizzare rispetto i più svariati linguaggi comunicativi dell’arte contemporanea, spesso difficili da comprendere senza un’esperienza diretta.
- Tutta la tua poetica è concentrata sul corpo e sul complesso mondo emotivo. Frantumi, amputi, sezioni e trasformi/deformi il corpo, per afferrarne gli aspetti misteriosi, nascosti, metaforici cercando nuovi nessi tra le parti… Perché?
Attraverso l’espressività delle forme create cerco di rivelare, rendendo visibili i nostri processi psichici, rendendoli quasi tangibili tanto da poterli toccare, riconoscere e pensare di poterli modificare. Attingo alle emozioni più profonde e complesse, ai nostri intimi passaggi, le nutrizioni, metabolizzazioni e trasformazioni di dentro, le nostre morti e rinascite, al nostro intimo dinamismo psichico, all’incessante trasformarci in qualcos’altro. Siamo in continuo movimento, metamorfosi ed evoluzione, moriamo e rinasciamo ogni istante. Tutti, e sempre.
- Ci racconti qualcosa dell’ultima mostra di Taranto?
Una mia personale dal taglio antologico dal titolo “Capitoli” Generali per l’Arte, a cura di Cristina Principale con la collaborazione di Angelo Raffaele Villani di Rossocontemporaneo, conclusa da poco; durante il finissage ho proposto al pubblico intervenuto il progetto interattivo “Introritrattiamoci” che ha stimolato un coinvolgimento straordinario. L’esposizione ha “raccontato” per tappe, cronologiche e tematiche, “Capitoli” appunto, alcuni dei passaggi essenziali della mia ricerca poetica, attraverso una trentina di opere. Mentre Introritrattiamoci dall’Introritratto soggettivo alla collettività e condivisione, proposto al finissage, è un on going project interattivo con il pubblico nato nel 2009, che ripropongo ad ogni occasione in quanto è un progetto mobile, mutevole, ed il risultato è sempre diverso perché cambia il luogo, cambia il pubblico. Spesso nelle mie interazioni lavoro partendo dal corpo e la traccia di un gesto, che può essere un’impronta, un movimento, un segno lasciato sulla carta, una “materia” manipolata (il corpo racconta tutto di noi). Il progetto è iniziato nel 2008 sotto forma di installazione di disegni, dal nome “Introritratti” in cui disegnavo, partendo dall’impronta della mia bocca, (luogo di comunicazione, metafora di dialogo con se stessi, nutrimento psichico) il mio “intro-ritratto”, ovvero, “ritratto di dentro”, ritratto interiore. Successivamente ho pensato che fosse un lavoro così intimo e profondo che mi sarebbe piaciuto condividerlo con la collettività; così è nato “Introritrattiamoci” in cui tutto ha inizio con l’impronta della bocca di ogni partecipante lasciata su un grande foglio condiviso; successivamente invito i partecipanti a disegnare il proprio introritratto con un semplice carboncino esprimendosi attraverso l’uso di linee e forme prevalentemente libere, astratte, non riconducibili ad una rappresentazione figurativa condividendo il medesimo spazio del foglio e la medesima intima esperienza, con gli altri partecipanti.
- E dopo una mostra così densa di energie, quali progetti per il futuro?
Dopo la preziosa esperienza di ANOTHER ME al Museo Archeologico MarTa di Taranto ho messo a punto diversi progetti di mostre museali e rispettivi Laboratori Didattici correlati per diverse destinazioni che mi auguro trovino terreno per la loro attuazione. Contemporaneamente sto pensando ad una personale all’estero. Forse entro il 2018! Ma è presto per parlarne…