Teo De Palma. Dalla soglia di un sogno
A cura di: Ghislain Mayaud
Il sognatore stringe, disegna e acquerella i contorni ritmici dei respiri sferici annidati nei folti fiati sospesi dai raggi. Tutto è folle bagliore sopra il memorabile caos, principio della chiarezza universale. La luce e l’acqua sono delicate, indispensabili, trasportano la magia dell’acquerello(...)
Il laboratorio linguistico di de Palma, simile nella sua intensità simbolica all’officina per gesti meteorici di Bruno Ceccobelli, suona chiari avvertimenti sul rischio della malattia del secolo: essere infettati, inghiottiti dalla spietata e selvaggia modernità. In Con una voce notturna, con un grido, forse salvate da cimiteri americani della seconda guerra mondiale, bianche croci allineate affittano nell’eternità il silenzioso dramma. Ammoniscono e pungono simmetricamente il paesaggio, urlano sullo spettatore l’unico suono possibile scientificamente accatastato dalla morte. La tragedia in atto filtra la sporadica luce bianca della foresta sulle croci. La pittura, per secoli, ha sempre accompagnato e incarnato le grandi direttive comportamentali e Teo non sbaglia nel restituire al linguaggio pittorico un ruolo sociale che viaggia oltre il battito delle aste. Un trittico, roseto dei filosofi, scavalca il pianto della natura. Per i giorni alti e perduti chiede alle foglie di parlare. Un fitto bosco pronto per esaustivi aruspici, supplica ai libri di proferire. Dal cuore infuocato, al volo del pianto di una farfalla presso una rosa, il segno poetico non tace più. Il liquore delle anime travasa ineffabili rime ma la foresta, lontana, non si fa cogliere. Per non avere l’anima schiava sulla terra distrutta, il ponte delle conversazioni tra l’uomo e la natura chiede scritture definitive. Relitti di rugiada colpiscono ogni movimento. L’istante perlato del ritmo disegna un rosario negli occhi dei figli del muschio.(...)
Siamo tutti immersi nello stesso condominio delle arti. La sommità del linguaggio evocato da de Palma porge cunei di luce invasi da scritture. Ribadisce Giuseppe Ungaretti: “Un italiano nella sua arte, anche parlando di morte, celebrerà sempre la vita.”. Udire leggere e parlare in latino o in greco antico promuove ondeggianti suoni che godono l’oro delle nostre radici. Dalla soglia del Gargano cantato da Ungaretti e Cesare Brandi, l’acquedotto irriga le terre ferite dalla siccità come una gigantesca penna a inchiostro che nel protettivo sospiro letterario allevia il destino del foglio. Il dramma epico si scioglie sotto la chiarezza del sole e del supporto cartaceo.
Il laboratorio linguistico di de Palma, simile nella sua intensità simbolica all’officina per gesti meteorici di Bruno Ceccobelli, suona chiari avvertimenti sul rischio della malattia del secolo: essere infettati, inghiottiti dalla spietata e selvaggia modernità. In Con una voce notturna, con un grido, forse salvate da cimiteri americani della seconda guerra mondiale, bianche croci allineate affittano nell’eternità il silenzioso dramma. Ammoniscono e pungono simmetricamente il paesaggio, urlano sullo spettatore l’unico suono possibile scientificamente accatastato dalla morte. La tragedia in atto filtra la sporadica luce bianca della foresta sulle croci. La pittura, per secoli, ha sempre accompagnato e incarnato le grandi direttive comportamentali e Teo non sbaglia nel restituire al linguaggio pittorico un ruolo sociale che viaggia oltre il battito delle aste. Un trittico, roseto dei filosofi, scavalca il pianto della natura. Per i giorni alti e perduti chiede alle foglie di parlare. Un fitto bosco pronto per esaustivi aruspici, supplica ai libri di proferire. Dal cuore infuocato, al volo del pianto di una farfalla presso una rosa, il segno poetico non tace più. Il liquore delle anime travasa ineffabili rime ma la foresta, lontana, non si fa cogliere. Per non avere l’anima schiava sulla terra distrutta, il ponte delle conversazioni tra l’uomo e la natura chiede scritture definitive. Relitti di rugiada colpiscono ogni movimento. L’istante perlato del ritmo disegna un rosario negli occhi dei figli del muschio.(...)
Siamo tutti immersi nello stesso condominio delle arti. La sommità del linguaggio evocato da de Palma porge cunei di luce invasi da scritture. Ribadisce Giuseppe Ungaretti: “Un italiano nella sua arte, anche parlando di morte, celebrerà sempre la vita.”. Udire leggere e parlare in latino o in greco antico promuove ondeggianti suoni che godono l’oro delle nostre radici. Dalla soglia del Gargano cantato da Ungaretti e Cesare Brandi, l’acquedotto irriga le terre ferite dalla siccità come una gigantesca penna a inchiostro che nel protettivo sospiro letterario allevia il destino del foglio. Il dramma epico si scioglie sotto la chiarezza del sole e del supporto cartaceo.
Luoghi
http://www.vertigoarte.org 0984 462796 3427186496 0984 462796
Vertigoarte Centro Internazionale per la Cultura e le Arti Visive orario di apertura dello spazio espositivo: martedì, mercoledì, venerdì e sabato dalle ore 17.00 alle ore 20.00 e per appuntamento).