Maurizio Mazzoleni. Semenzaio
"Ciò che fa naturale un gesto è la sua ripetizione, ossia l'impadronirsene a tal punto da renderlo imprevedibilmente e naturalmente diverso nella sua ripetitività".
C'è qualcosa di ipnotico e di mnemotecnico, di rituale e di primitivo nell'automatismo artistico di Maurizio Mazzoleni, che sintetizza in questa frase il senso della sua ricerca. Una ricerca che tende a liberare le potenzialità immaginative dell'inconscio in simbiosi profonda con la Natura e le sue forze germinali.
Il "semenzaio" è un vivaio di sementi, dove si fanno germogliare e sviluppare i semi con l'aiuto naturale della luce solare. È il luogo della metamorfosi originaria, dalla quiescenza del seme, al suo primo accrescimento, al germoglio. E' il luogo creativo per eccellenza.
Ed è questa la dimensione evocativa - che è insieme sostrato psichico e humus materico - delle carte in mostra. Mazzoleni propone una rassegna che punta sul gesto pittorico, sulla luce, sulla dissoluzione del primo nella seconda, sul ritmo cromatico e sugli intervalli spaziali. Prende vita, alle pareti, una sequenza epifanica di forme e trasparenze di inequivocabile matrice organica e di arcana memoria liturgica. Di una liturgia del colore, del giorno, della notte, dell'ombra. Ciò che è latente, nelle cose e nel pensiero, riemerge alla superficie della carta in una sorta di espressionismo naturalistico che nasce dal partecipato ascolto-auscultazione della natura. E' nella natura, del resto, che l'artista vive immerso e lavora, in uno studio ad ampie vetrate che gli restituisce la presenza viva dei cieli e delle stagioni.
I suoi pigmenti ricercati, capaci di seminare pulviscoli e di aggregare volumi anche su vaste superfici con pari fluidità, intessono velature su cui le forme lievitano e galleggiano leggere, salvo - a tratti - affondare in improvvise, oscure profondità.
Lo scatto dei blu, la leggerezza degli azzurri, la deperibilità degli ocra, la sonorità dei bianchi, si armonizzano in coraggiosi rapporti di forze e di pesi che non cercano di compiacere chi guarda, ma si impongono per l'energia quasi biologica che li anima. La pittura sembra auto-generarsi, la materia sembra trascinare, essa stessa, lo spazio, tracciare solchi, aprire varchi.
Sono intuizioni veloci, accelerazioni repentine del gesto, che vanno a depositarsi, incuranti di ogni intenzionale a-priori, su pazienti tessiture di toni, affinate patinature di resine. E ci interrogano, enigmatiche e inconosciute - proprio come sementi - da un altrove di mutazione e di sogno, di ciclicità e palingenesi.
Stefania Burnelli
C'è qualcosa di ipnotico e di mnemotecnico, di rituale e di primitivo nell'automatismo artistico di Maurizio Mazzoleni, che sintetizza in questa frase il senso della sua ricerca. Una ricerca che tende a liberare le potenzialità immaginative dell'inconscio in simbiosi profonda con la Natura e le sue forze germinali.
Il "semenzaio" è un vivaio di sementi, dove si fanno germogliare e sviluppare i semi con l'aiuto naturale della luce solare. È il luogo della metamorfosi originaria, dalla quiescenza del seme, al suo primo accrescimento, al germoglio. E' il luogo creativo per eccellenza.
Ed è questa la dimensione evocativa - che è insieme sostrato psichico e humus materico - delle carte in mostra. Mazzoleni propone una rassegna che punta sul gesto pittorico, sulla luce, sulla dissoluzione del primo nella seconda, sul ritmo cromatico e sugli intervalli spaziali. Prende vita, alle pareti, una sequenza epifanica di forme e trasparenze di inequivocabile matrice organica e di arcana memoria liturgica. Di una liturgia del colore, del giorno, della notte, dell'ombra. Ciò che è latente, nelle cose e nel pensiero, riemerge alla superficie della carta in una sorta di espressionismo naturalistico che nasce dal partecipato ascolto-auscultazione della natura. E' nella natura, del resto, che l'artista vive immerso e lavora, in uno studio ad ampie vetrate che gli restituisce la presenza viva dei cieli e delle stagioni.
I suoi pigmenti ricercati, capaci di seminare pulviscoli e di aggregare volumi anche su vaste superfici con pari fluidità, intessono velature su cui le forme lievitano e galleggiano leggere, salvo - a tratti - affondare in improvvise, oscure profondità.
Lo scatto dei blu, la leggerezza degli azzurri, la deperibilità degli ocra, la sonorità dei bianchi, si armonizzano in coraggiosi rapporti di forze e di pesi che non cercano di compiacere chi guarda, ma si impongono per l'energia quasi biologica che li anima. La pittura sembra auto-generarsi, la materia sembra trascinare, essa stessa, lo spazio, tracciare solchi, aprire varchi.
Sono intuizioni veloci, accelerazioni repentine del gesto, che vanno a depositarsi, incuranti di ogni intenzionale a-priori, su pazienti tessiture di toni, affinate patinature di resine. E ci interrogano, enigmatiche e inconosciute - proprio come sementi - da un altrove di mutazione e di sogno, di ciclicità e palingenesi.
Stefania Burnelli
Luoghi
www.viamoronisedici.it 347 2415297 035 4592486
Orario: gio-sab ore 16-19 Ingresso gratuito