Lughia. I Templi della Poesia
A cura di: Giuseppe Salerno, Andrea Baffoni, Guido Buffoni
Località: FabrianoSpazio: Chiesa della Beata Maria Vergine della Misericordia
Indirizzo: Largo Fratelli Rosselli 15
Orario: 07.30/20.00 tutti i giorni
Periodo: 1-30 ottobre
Titolo: I templi della poesia
Artista: Lughia
Curatore: Giuseppe Salerno, Andrea Baffoni, Guido Buffoni
Patrocini: Rotary Club di Fabriano
Inaugurazione: sabato 1 ottobre ore 19.00
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Nell’Anno della Misericordia Lughia rende omaggio alla Città di Fabriano con questa mostra dedicata ai luoghi del silenzio ed al potere taumaturgico della parola. Sette opere su carta a mano, realizzata con vecchi tessuti jeans, accolgono il profilo di edifici di culto, luoghi del silenzio e della parola nella sua manifestazione più alta, nei quali si incontrano, intrecciano e sedimentano innumerevoli percorsi in ricerca del senso della vita.
La mostra è allestita in occasione dei festeggiamenti per il cinquantesimo anno della Chiesa della Beata Maria Vergine della Misericordia.
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Animata da un profondo rifiuto per quella diffusa perdita di senso, da sempre Lughia prende le distanze dalle contingenze del quotidiano per rivolgere le proprie attenzioni alle dimensioni dell’assoluto, l’eterno e l’infinito.
Al tema della memoria, all’atavica aspirazione dell’uomo di legare la propria esistenza all’eternità svincolandola dalle ristrettezze del tempo, si ascrive il percorso di questa artista della quale così scrive Claudio Strinati: “La piccolezza dell’essere umano in rapporto al tempo senza fine la porta a coniugare il tema del ciclico divenire con quello dei linguaggi, delle rappresentazioni simboliche, delle memorie”.
Davvero piccola cosa risulta essere la presenza umana rispetto alle dimensioni dell’assoluto. E così il breve passaggio dell’uomo sulla terra trova da parte dell’artista rappresentazione in ombre, sagome senza volto o, come lei stessa le definisce, “tracce dell’assenza”. Sono le stesse tracce con le quali, impresse sulla carta a mano su cui sono realizzati questi lavori, l’artista firma le proprie opere.
Sette sono i “Templi della poesia” dai quali, in una atmosfera atemporale, emerge la suggestione di grandi luoghi nei quali percepiamo la presenza silenziosa di una moltitudine di individui in cammino alla ricerca del senso della vita.
Percorsi resi, come abbiamo imparato ad apprezzare nei lavori di Lughia, in testure, incontri materici di trama e ordito che, tessuto sociale, sono il contenuto pulsante di questi sacrari di memorie.
A chiunque votato, il tempio è sempre il luogo per eccellenza d’incontro delle anime. Ad ospitare una umanità sola e smarrita sono qui riconoscibili, nel loro stagliarsi contro il cielo, sette edifici di culto della Città di Fabriano.
La genesi di un’opera d’arte, come è proprio di ogni vicenda umana, deve anch’essa molto a quella casualità che determina talvolta convergenze uniche, condizione necessaria perché scocchino le giuste sinapsi.
Prezioso in tal senso l’incontro con un giovane mastro cartaio il quale per Lughia produce speciali carte artigianali generate dalla macerazione del tessuto jeans. Una produzione che, innovativa dell’antica tradizione fabrianese, la arricchisce rendendola partecipe di una memoria assai rappresentativa della nostra contemporaneità.
L’incontro poi con una poetessa, la quale dell’amore per la carta e per le edizioni preziose ha fatto la propria ragione poetica di vita.
Due momenti illuminanti per Lughia che arriva a visualizzare nei suoi sette templi azzurri i luoghi del verbo nella sua espressione più alta.
La parola, il suono ed il segno, meri tentativi di rappresentazione di una visione interiore, sono e restano astrazioni cui mai è dato annullare l’incolmabile distanza tra significante e significato. Astrazioni che nella visione dell’artista raggiungono il loro livello più alto allorché, svincolandosi in via definitiva dalla dimensione terrena, è la poesia ad impossessarsi dei linguaggi.
E’ questa la ragione per la quale, benché in esse ci sia ancora dato riconoscere scritture, architetture ed altro, queste sette opere non possono non essere considerate astrazioni, rappresentazioni che virano a energia pura nel mentre che il suono delle parole e l’apparire dei luoghi si dissolvono nella rinnovata sintonia con l’assoluto.
Giuseppe Salerno
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Lughia sperimenta materiali e tecniche avvalendosi delle più diverse modalità espressive. Gli scenari silenti di sabbie e sassi, le pitture evocatrici di atmosfere arcaiche, le ombre/tracce dell’assenza umana, le elaborazioni digitali, le opere su alluminio e quelle luminose su plexiglass, le sculture di ferro, e gli assemblaggi con i legni si accompagnano a performances e installazioni nella natura che, nel confermare il rapporto simbiotico di questa artista con la madre terra, non la sottraggono ad una accorata partecipazione alle tematiche sociali. Particolare oggetto di indagine sono la memoria, la rappresentazione simbolica ed il rapporto dell’uomo con la dimensione tempo. Una sua esposizione permanente di “Architetture di Sabbia” è nel Borgo di Calcata dal 2002. Il Soprintendente al Polo Museale di Roma la dichiara “migliore artista del 2008” (Giornale dell’Arte). Nel 2011 espone alla 54° Biennale di Venezia. Nel 2013 riceve il Premio Salvi. Nello stesso anno inaugura il suo appartamento d’arte “Fabriano Second Floor”. Nel 2016 dona tramite il Rotary alla Città de L’Aquila l’opera “03.32” dedicata al terremoto.
Ha preso parte ad oltre 180 esposizioni di cui 19 mostre personali.
Di lei hanno scritto: Andrea Alessi, Andrea Baffoni, Cinzia Bossi Bollino, Lanfranca Braganza, Guido Buffoni, Marcello Carriero, Vitaldo Conte, Alessandro D’Ercole, Michele Greco, Giovanni Lauricella, Elisa Magri, Fiorenzo Mascagna, Stefania Missio, Caterina Nobiloni, Lorenzo Ostuni, Paolo Portoghesi, Bruno Regni, Giuseppe Salerno, Claudio Strinati, Rossella Vodret.