Giovanni Termini. Pregressa
A cura di: Alberto Zanchetta
Renata Fabbri arte contemporanea è lieta di annunciare PREGRESSA, la prima mostra personale di Giovanni Termini negli spazi della galleria, a cura di Alberto Zanchetta.
Pregressa, è stata concepita non tanto come un tradizionale momento espositivo, bensì come un allestimento in fieri. L’artista ha infatti deciso di mettere lo spettatore nelle condizioni di essere coinvolto – almeno idealmente – nelle fasi antecedenti la mostra, motivo per cui l’allestimento assume l’aspetto di un cantiere aperto.
Sin dai suoi esordi, Termini ha sempre costruito (piuttosto che scolpito) le proprie opere con materiali che, nel caso specifico, ha deciso di “contestualizzare” allo scopo di interrogare lo spazio espositivo, mettendone in risalto i pieni e i vuoti architettonici. Operando su uno scarto tra gli oggetti e il contesto, l’artista ha cercato di svuotare il contenitore, ossia la galleria, del suo contenuto abituale, vale a dire l’opera d’arte intesa come manufatto-feticcio.
Dopo essersi confrontato con la struttura della galleria, Termini ha ragionato sulle peculiarità dello spazio, le cui sale si sviluppano in altezza anziché in profondità; proprio per questo motivo, ciò che si trova in alto è stato portato a livello dello sguardo, mentre ciò che normalmente si vede è stato invece occultato. Così facendo, il fruitore è invitato a interrogarsi sul duplice intervento artistico, finalizzato a una messa in evidenza e a una messa in discussione dell’assetto espositivo.
L’allestimento, suddiviso in due ambienti, è stato concepito come unitario e complementare nonostante il suo atteggiamento avversativo. La prima sala presenta una situazione di sospensione: come di consueto l’artista insiste nel rendere visibile un “lavoro in corso” che sappia alimentare l’attesa e l’aspettativa del pubblico. Nella fattispecie, il binario delle luci è stato rimosso dal soffitto e adagiato temporaneamente su dei cavalletti in metallo. Destrutturando la funzione dell’impianto elettrico, l’artista obbliga le persone a prestare maggiore attenzione a ciò che effettivamente permette loro di vedere/leggere le opere.
Rispetto alla “messa in evidenza” dei neon, la seconda sala è l’esatto opposto della precedente: le pareti della galleria sono state ricoperte con dei pannelli che di norma delimitano i cantieri in costruzione, mascherandone lo svolgimento dei lavori. Nascondendo le pareti, la pannellatura ottunde/ostruisce lo sguardo del visitatore, incrinando la sua abituale percezione dello spazio espositivo.
Quello di Termini non è ovviamente un intervento critico, teso cioè a contestare il sistema dell’arte, si tratta semmai di un atteggiamento analitico, che riflette sul contesto dell’opera, e più precisamente sul ruolo e l’identità della galleria d’arte. Con questo progetto Giovanni Termini si è posto l’obiettivo di svelare e al contempo dissimulare la genesi di una [propria] mostra.
Pregressa, è stata concepita non tanto come un tradizionale momento espositivo, bensì come un allestimento in fieri. L’artista ha infatti deciso di mettere lo spettatore nelle condizioni di essere coinvolto – almeno idealmente – nelle fasi antecedenti la mostra, motivo per cui l’allestimento assume l’aspetto di un cantiere aperto.
Sin dai suoi esordi, Termini ha sempre costruito (piuttosto che scolpito) le proprie opere con materiali che, nel caso specifico, ha deciso di “contestualizzare” allo scopo di interrogare lo spazio espositivo, mettendone in risalto i pieni e i vuoti architettonici. Operando su uno scarto tra gli oggetti e il contesto, l’artista ha cercato di svuotare il contenitore, ossia la galleria, del suo contenuto abituale, vale a dire l’opera d’arte intesa come manufatto-feticcio.
Dopo essersi confrontato con la struttura della galleria, Termini ha ragionato sulle peculiarità dello spazio, le cui sale si sviluppano in altezza anziché in profondità; proprio per questo motivo, ciò che si trova in alto è stato portato a livello dello sguardo, mentre ciò che normalmente si vede è stato invece occultato. Così facendo, il fruitore è invitato a interrogarsi sul duplice intervento artistico, finalizzato a una messa in evidenza e a una messa in discussione dell’assetto espositivo.
L’allestimento, suddiviso in due ambienti, è stato concepito come unitario e complementare nonostante il suo atteggiamento avversativo. La prima sala presenta una situazione di sospensione: come di consueto l’artista insiste nel rendere visibile un “lavoro in corso” che sappia alimentare l’attesa e l’aspettativa del pubblico. Nella fattispecie, il binario delle luci è stato rimosso dal soffitto e adagiato temporaneamente su dei cavalletti in metallo. Destrutturando la funzione dell’impianto elettrico, l’artista obbliga le persone a prestare maggiore attenzione a ciò che effettivamente permette loro di vedere/leggere le opere.
Rispetto alla “messa in evidenza” dei neon, la seconda sala è l’esatto opposto della precedente: le pareti della galleria sono state ricoperte con dei pannelli che di norma delimitano i cantieri in costruzione, mascherandone lo svolgimento dei lavori. Nascondendo le pareti, la pannellatura ottunde/ostruisce lo sguardo del visitatore, incrinando la sua abituale percezione dello spazio espositivo.
Quello di Termini non è ovviamente un intervento critico, teso cioè a contestare il sistema dell’arte, si tratta semmai di un atteggiamento analitico, che riflette sul contesto dell’opera, e più precisamente sul ruolo e l’identità della galleria d’arte. Con questo progetto Giovanni Termini si è posto l’obiettivo di svelare e al contempo dissimulare la genesi di una [propria] mostra.
Luoghi
www.fabbricontemporaryart.it 0291477463 0291477463
apertura: martedì - sabato 15.30 - 19.30 mattina e lunedì su appuntamento