Franz Borghese “Tutto il resto è noia”
A cura di: Fausto Fiume
L'esposizione comprende 19 opere realizzate ad olio su tela e 4 tecniche miste con matite colorate, pastelli e tempere. Una mostra in ricordo dell'artista romano che con un linguaggio semplice e dissacratore è riuscito nel contatto col vasto pubblico proprio per l'innata leggerezza ed ironia.
Al di là delle radici storiche della sua pittura facenti capo all'espressionismo tedesco, Franz Borghese coglie in maniera molto lucida i vizi e le vanità umane, strappandoci spesso un sorriso per l'immediatezza del suo linguaggio.
<>. Recitava Flavio Bucci/Don Bastiano nel Marchese del Grillo di Mario Monicelli, offrendo del cibo al suo nobile ospite capitato in compagnia di un "franzoso" alla sua corte dei miracoli, nei pressi delle rovine della Chiesa diroccata (S. Bonaventura a Canale Monterano).
Ecco, io ci tengo, con la stessa spontaneità e semplicità - perché ad un viaggiatore si deve sempre offrire ospitalità - a scrivere di Franz Borghese, che spero apprezzerà questo mio divertente punto di partenza, romano ed allo stesso tempo napoleonico come piaceva a lui. Giullare o impegnato? Artefice di una incessante, ironica e continua risata graffiante, o visionario ed attento fotografo di vizi e grottesche abitudini del genere umano? Nel rivedere oggi certi suoi quadri, il dubbio rimane, o meglio, il duale "scambio" d'identità del suo autore, giano bifronte. Borghese pittore, inventore, creatore d'immagini, trova dei complici, dei compagni di strada, anche nella musica di quegli anni, a cavallo tra gli anni '70 ed '80, quando tutto ebbe inizio, come Rino Gaetano e Franco Califano. Rino Gaetano, quel cantautore che, allo stesso modo, muovendosi sul confine d'identità tra giullare ed impegnato, denudava con le sue parole ed i suoi suoni, ritmi, un' Italia bigotta, ipocrita e corrotta. Franco Califano, quelle architetture di Roma che fece sue, la “maestà di Roma” che seppe narrare, raccontare, cantare, in tutta la sua tragica bellezza decadente, di magnifica incompiuta - fermata, arrestata prima di raggiungere l’ “ideale. Naturale così accompagnare alle immagini dei quadri di Franz Borghese - i suoi coniugi a passeggio, generali e signore, fumatori ed oracoli, girotondi e folle, lottatori e duelli - le parole di Rino Gaetano: <> Così come ritrovare la grottesca rappresentazione della società di Franz Borghese nelle amatissime poesie umoristiche e lievemente licenziose di Franco Califano. Certo erano indipendenti. Franz Borghese era indipendente: questo era il suo grande potere e fascino. Benpensanti, critica, nomenclatura, salotto buono? Ma lui aveva la gente, parlava direttamente con semplicità e, diremmo oggi, il pubblico lo seguiva. Aveva conquistato il suo spazio celebre, con qualcosa di sano, che nessuno gli poteva togliere: il lavoro. Come lavoro dipingeva, e con la pittura parlava con semplicità. La gente, il pubblico, lo capiva, comprava i suoi quadri, le sue opere, e così l’artista riuscì a svincolarsi dalle maglie dell'omologazione, del salotto e della terrazza, della corte e della casta, e si costruì il proprio spazio di libertà, la propria "isola delle rose": piccola - racchiusa nello spazio di una tela che per confini ha solo un telaio - ma dove con le immagini poteva dire quel che voleva in una magia che poteva continuare; e continuò. Non doveva un equilibrio precario, come lo avevano altri artisti, al favore di qualche potente, politico o ricco, che lo sosteneva, o finanziava. Lui veniva dal basso, e come tutte le cose che vengono dal basso, poggiava su solide basi. Non sarebbe mai volavo via, caduto come un castello di carte, per un mancato favore di un potente. L' apprezzamento per la sua opera - dal linguaggio semplice, diretto e pungente - gli garantì libertà ed indipendenza. E per questo alcuni gangli dell’arte - quella parte del sistema rimasto feudale, che si muove ancora per nepotismo e fare clientelare, corporazioni e famiglie - lo hanno in qualche modo ostacolato, attaccato, aggredito, inviso, odiato, e soprattutto invidiato. Artista dalle curiosità e dagli interessi diversi, alternava le sue passioni a vivere questa città nell’unico modo possibile: con delle passeggiate. Da sempre la “passeggiata” è il miglior percorso per trovare il ritmo di Roma e superarne, assimilandole, le difficoltà; un rimedio “omeopatico” che ogni vero romano fa suo per meglio sopravvivere. Così l’artista passava dallo studio su Napoleone - aveva scritto anche un romanzo, Waterloo, battaglia immaginaria, in cui capovolgeva le sorti, ipotizzando la vittoria dell’imperatore – al gioco degli scacchi – dove raggiunse il massimo livello delle categorie nazionali – che spesso praticava al Caffè Fassi lungo la via Nomentana dopo Villa Torlonia, verso Porta Pia (ora purtroppo chiuso) ad amicizie vere che lo portavano a cenare una volta a settimana con l’amico/artista Edolo Masci al ristorante La Campana: l’ultimo che arrivava pagava il conto, questa era la loro regola. <> (da Il cuore nel sesso) e <> scriveva Franco Califano. Per i trucchi del mestiere e la gioventù, bisogna entrare nelle canzoni, nei quadri. Franz Borghese, per chi scrive, era tutto questo.”
Dalla presentazione di Fausto Fiume