Filippo Soddu "Recollage fra pensiero e materia"
A cura di: Giorgio Bonomi
L’evento è il terzo appuntamento di Spazio Aperto 2015 ciclo di quattro mostre in cui l’associazione culturale Fuori Centro ha invitato gallerie e critici di altre regioni italiane a segnalare artisti appartenenti al proprio territorio per tracciare i percorsi e gli obiettivi che si vanno elaborando nei multiformi ambiti delle esperienze legate alla sperimentazione.
Recollage fra pensiero e materia
di Giorgio Bonomi
Già il titolo di questa mostra di Filippo Soddu ci immette nelle complessità della tecnica e dei contenuti delle sue opere. Recollage è un termine più appropriato di collage anche se il procedimento, introdotto da Pablo Picasso e Georges Braque, è lo stesso. Infatti il Nostro taglia, strappa, frantuma della carta per poi “rincollarne” i pezzi sulla tela o sulla tavola.
Ed anche il sottotitolo, “fra pensiero e materia”, ci rimanda direttamente a quella divisione tra realtà spirituale e realtà materiale che René Descartes definiva res cogitans e res extensa, la cui unione poteva esserci nella ghiandola pineale, per cui metaforicamente quest’ultima, per l’arte di Soddu, è l’opera che appunto unisce pensiero (e sentimento, emozioni eccetera) e materia (il supporto, la carta, il colore eccetera).
Soddu, quindi, si riallaccia alla storia (della filosofia e dell’arte) senza timore di apparire “inattuale”; del resto l’arte (vera) è sempre inattuale, altrimenti sarebbe “moda”, e sempre ha degli ascendenti cui riferirsi e, nello stesso tempo, da cui allontanarsi: così si dipana la storia dell’arte, come tutte le altre storie, con i loro progressi e le loro involuzioni.
Picasso con i papiers collés negava la regola fin lì seguita dall’arte, basata sul colore e il pennello, e dimostrò che non esistono materiali nobili, e puri, e materiali volgari, e poveri, per cui ogni mezzo, ogni materia è in grado di esprimere i contenuti che l’artista vuole fissare sulla e con l’opera.
Ma, se Picasso e Braque prendevano e usavano delle carte “imitative” della materia (il legno, il marmo, l’impagliatura di una sedie ed altro ancora), Soddu lavora in modo più concettuale ed astratto: infatti colora un foglio di carta, lo spezzetta e lo (r)incolla sul supporto, a sua volta già preparato con una passata o due di pittura, e su cui poi ripassa il colore, ad “uniformare” l’intera composizione. Questa si offre monocroma – non nel senso assoluto di un solo colore, bensì in quello della “risultante”, cioè come appare all’occhio dell’osservatore –, riallacciandosi ad un altro concetto (e modalità) basilare dell’arte contemporanea, la monocromaticità che, da Malević in poi ha influenzato tanta arte visiva.
Se poi riflettiamo sui titoli che Soddu dà alle sue opere, comprendiamo ancora meglio le sue operazioni. “Aggregazione” sta ad indicare la “ricostruzione” di senso di quei frammenti ottenuti con gli strappi – si noti che qui l’artista fa un passo ulteriore rispetto al decollage di Mimmo Rotella –, quindi evidenzia la possibilità di rinascita, di evoluzione, anche di fronte alla frantumazione e alla decostruzione (ancora un ricordo, un’eco di un’altra Avanguardia storica, quel Futurismo che voleva realizzare “la ricostruzione futurista dell’universo”).
E c’è di più: se in tutte le storie del Cubismo troviamo che questa tecnica viene introdotta nel 1912, dopo che nel 1911 erano state usate le lettere dell’alfabeto sull’opera, in Soddu troviamo un movimento esattamente inverso: dal collage, che comunque viene conservato nelle sue modalità, all’introduzione aggiuntiva della scrittura alfabetica nelle opere. Infatti, in una recente serie di lavori, troviamo delle frasi tratte dai racconti di Franz Kafka il quale annullava le connessioni causali tra spazio e tempo come faceva il collage storico e come fa Soddu nel rinnovamento attuale di tale metodo.
Non vorrei, però, che con questa mia analisi “chirurgica” delle opere di Soddu si perdesse il piacere che, al contrario dell’algidità critica, si prova alla prima visione delle sue opere: sempre delicate, liriche, ed anche quando il colore si scurisce e i frammenti sono più evidenti, mostrando pure una leggera aggettanza che dà all’opera la tridimensionalità, il contenuto non appare drammatico bensì intensamente “pensoso”, severo, e richiama la prima fase del Cubismo parigino, quello analitico che, non a caso, si esprimeva con toni scuri e quasi monocromi.
Soddu pratica l’arte da alcuni anni portando avanti il suo discorso con rigore, senza tentennamenti né mutamenti repentini, certo con i necessari sviluppi ma tutti interni al suo sentire e al suo dire, dimostrando così quella coerenza che è un’altra caratteristica necessaria all’arte e all’artista, per essere tali.
Recollage fra pensiero e materia
di Giorgio Bonomi
Già il titolo di questa mostra di Filippo Soddu ci immette nelle complessità della tecnica e dei contenuti delle sue opere. Recollage è un termine più appropriato di collage anche se il procedimento, introdotto da Pablo Picasso e Georges Braque, è lo stesso. Infatti il Nostro taglia, strappa, frantuma della carta per poi “rincollarne” i pezzi sulla tela o sulla tavola.
Ed anche il sottotitolo, “fra pensiero e materia”, ci rimanda direttamente a quella divisione tra realtà spirituale e realtà materiale che René Descartes definiva res cogitans e res extensa, la cui unione poteva esserci nella ghiandola pineale, per cui metaforicamente quest’ultima, per l’arte di Soddu, è l’opera che appunto unisce pensiero (e sentimento, emozioni eccetera) e materia (il supporto, la carta, il colore eccetera).
Soddu, quindi, si riallaccia alla storia (della filosofia e dell’arte) senza timore di apparire “inattuale”; del resto l’arte (vera) è sempre inattuale, altrimenti sarebbe “moda”, e sempre ha degli ascendenti cui riferirsi e, nello stesso tempo, da cui allontanarsi: così si dipana la storia dell’arte, come tutte le altre storie, con i loro progressi e le loro involuzioni.
Picasso con i papiers collés negava la regola fin lì seguita dall’arte, basata sul colore e il pennello, e dimostrò che non esistono materiali nobili, e puri, e materiali volgari, e poveri, per cui ogni mezzo, ogni materia è in grado di esprimere i contenuti che l’artista vuole fissare sulla e con l’opera.
Ma, se Picasso e Braque prendevano e usavano delle carte “imitative” della materia (il legno, il marmo, l’impagliatura di una sedie ed altro ancora), Soddu lavora in modo più concettuale ed astratto: infatti colora un foglio di carta, lo spezzetta e lo (r)incolla sul supporto, a sua volta già preparato con una passata o due di pittura, e su cui poi ripassa il colore, ad “uniformare” l’intera composizione. Questa si offre monocroma – non nel senso assoluto di un solo colore, bensì in quello della “risultante”, cioè come appare all’occhio dell’osservatore –, riallacciandosi ad un altro concetto (e modalità) basilare dell’arte contemporanea, la monocromaticità che, da Malević in poi ha influenzato tanta arte visiva.
Se poi riflettiamo sui titoli che Soddu dà alle sue opere, comprendiamo ancora meglio le sue operazioni. “Aggregazione” sta ad indicare la “ricostruzione” di senso di quei frammenti ottenuti con gli strappi – si noti che qui l’artista fa un passo ulteriore rispetto al decollage di Mimmo Rotella –, quindi evidenzia la possibilità di rinascita, di evoluzione, anche di fronte alla frantumazione e alla decostruzione (ancora un ricordo, un’eco di un’altra Avanguardia storica, quel Futurismo che voleva realizzare “la ricostruzione futurista dell’universo”).
E c’è di più: se in tutte le storie del Cubismo troviamo che questa tecnica viene introdotta nel 1912, dopo che nel 1911 erano state usate le lettere dell’alfabeto sull’opera, in Soddu troviamo un movimento esattamente inverso: dal collage, che comunque viene conservato nelle sue modalità, all’introduzione aggiuntiva della scrittura alfabetica nelle opere. Infatti, in una recente serie di lavori, troviamo delle frasi tratte dai racconti di Franz Kafka il quale annullava le connessioni causali tra spazio e tempo come faceva il collage storico e come fa Soddu nel rinnovamento attuale di tale metodo.
Non vorrei, però, che con questa mia analisi “chirurgica” delle opere di Soddu si perdesse il piacere che, al contrario dell’algidità critica, si prova alla prima visione delle sue opere: sempre delicate, liriche, ed anche quando il colore si scurisce e i frammenti sono più evidenti, mostrando pure una leggera aggettanza che dà all’opera la tridimensionalità, il contenuto non appare drammatico bensì intensamente “pensoso”, severo, e richiama la prima fase del Cubismo parigino, quello analitico che, non a caso, si esprimeva con toni scuri e quasi monocromi.
Soddu pratica l’arte da alcuni anni portando avanti il suo discorso con rigore, senza tentennamenti né mutamenti repentini, certo con i necessari sviluppi ma tutti interni al suo sentire e al suo dire, dimostrando così quella coerenza che è un’altra caratteristica necessaria all’arte e all’artista, per essere tali.
Luoghi
www.artefuoricentro.it 065578101 3281353083
orario: dal martedì al venerdì dalle 17 alle 20 oppure per appuntamento