Claudio Costa / Daniele Girardi. Bivacco 17
A cura di: Luigi Meneghelli
Claudio Costa (Tirana 1942 – Genova 1995) e Daniele Girardi (Verona 1977). Due artisti di generazioni diverse e di diverse modalità espressive: il primo che cerca di comprendere ciò che ci viene dal profondo, dalle stagioni trascorse, dalla vita passata e il secondo che cerca di investigare lo scorrere di un tempo di cui non conosciamo ancora le coordinate, i sensi, gli umori. “Vorrei che il mio lavoro fosse un fiume lavico che dalla foce risalga alla sorgente”, ha scritto Claudio Costa. Forse Daniele Girardi potrebbe scrivere: “Cerco di uscire dalla realtà del presente, per sperimentare un cammino quasi spirituale alla scoperta delle primordiali leggi della natura”.
Due artisti lontani, ma anche vicinissimi, perché entrambi cercano di far affiorare immagini segrete, seppellite o ancora nascoste. Se per Costa la creazione è un “work in regress”, per Girardi è sempre un “work in progress”. Per entrambi, comunque si tratta sempre di esorcizzare la morte ed esaltare la vita.
Lo stesso ferro arrugginito, il materiale degradato, distrutto, intaccato dagli agenti atmosferici, roso dall’uso, che impiega Costa, lascia emergere potenzialità espressive eccezionali. E le colle, i legni, le argille, le fotografie, le radiografie che potrebbero suggerire un’idea di fissazione, in realtà diventano interminabili interrogazioni, scambi, cortocircuiti visivi. L’operazione di Girardi ha qualcosa di più introverso e mentale. Consiste nella pura esperienza del camminare, del perlustrare luoghi incontaminati. Ma è proprio nell’esplorazione, nel rapporto con la natura che si realizza il suo sapere. Nel video MYR, ad esempio, egli riprende il suo procedere incerto attraverso le lande deserte della Norvegia, con i passi che esitano, perché non sanno se sotto la superficie si celino profondi strati d’acqua. Così, ogni incedere è insieme scoperta e minaccia, conquista e smarrimento. E se nella decina di lavori (su tela o su legno) di Costa sembra salire il gran fiato dei secoli per portare i suoi documenti antropologici, nelle azioni di Girardi i documenti sono l’esperienza stessa dell’agire.
“Bivacco 17” è il titolo dato all’esposizione e nasce da uno dei rifugi di Girardi, che viene letteralmente ricostruito in galleria: una sorta di accampamento in cui è raccolto tutto il materiale necessario alle esplorazioni: appunti, mappe, foto, zaini, corde. Una “grotta” in cui sono radunati progetti ed evocazioni, strumentazioni e ricapitolazioni. Un po’ come nelle ”tavole alchemiche” di Costa, dove lo stato di “sonno” si mescola e passa invariabilmente a quello di risveglio e di nuova consapevolezza.
Due artisti lontani, ma anche vicinissimi, perché entrambi cercano di far affiorare immagini segrete, seppellite o ancora nascoste. Se per Costa la creazione è un “work in regress”, per Girardi è sempre un “work in progress”. Per entrambi, comunque si tratta sempre di esorcizzare la morte ed esaltare la vita.
Lo stesso ferro arrugginito, il materiale degradato, distrutto, intaccato dagli agenti atmosferici, roso dall’uso, che impiega Costa, lascia emergere potenzialità espressive eccezionali. E le colle, i legni, le argille, le fotografie, le radiografie che potrebbero suggerire un’idea di fissazione, in realtà diventano interminabili interrogazioni, scambi, cortocircuiti visivi. L’operazione di Girardi ha qualcosa di più introverso e mentale. Consiste nella pura esperienza del camminare, del perlustrare luoghi incontaminati. Ma è proprio nell’esplorazione, nel rapporto con la natura che si realizza il suo sapere. Nel video MYR, ad esempio, egli riprende il suo procedere incerto attraverso le lande deserte della Norvegia, con i passi che esitano, perché non sanno se sotto la superficie si celino profondi strati d’acqua. Così, ogni incedere è insieme scoperta e minaccia, conquista e smarrimento. E se nella decina di lavori (su tela o su legno) di Costa sembra salire il gran fiato dei secoli per portare i suoi documenti antropologici, nelle azioni di Girardi i documenti sono l’esperienza stessa dell’agire.
“Bivacco 17” è il titolo dato all’esposizione e nasce da uno dei rifugi di Girardi, che viene letteralmente ricostruito in galleria: una sorta di accampamento in cui è raccolto tutto il materiale necessario alle esplorazioni: appunti, mappe, foto, zaini, corde. Una “grotta” in cui sono radunati progetti ed evocazioni, strumentazioni e ricapitolazioni. Un po’ come nelle ”tavole alchemiche” di Costa, dove lo stato di “sonno” si mescola e passa invariabilmente a quello di risveglio e di nuova consapevolezza.
Luoghi
www.lagiarina.it 045 8032316 045 4851227
orari galleria: dal martedì al sabato 15.30-19.30