Antonio Trotta Clara Brasca “Da quando siamo un dialogo“
A cura di: Maria Cilena Sanguini
Continua il secondo evento espositivo del ciclo intitolato "Dialoghi a distanza", nell'ambito del quale le opere di esponenti delle seconde avanguardie sono poste idealmente in dialogo con quelle di più giovani artisti.
La mostra vedrà l’incontro di uno scultore, Antonio Trotta (1937 Paestum) accademico dal 2009. Trasferitosi in Argentina nel 1960 ha saputo coniugare la classicità come rappresentazione. Già affermato con l’esposizione delle sue opere nella storia e nella galleria MARIACILENA si presenta in questa nuova occasione con l’artista Clara Brasca nata a Milano dove vive e lavora. Diplomata al Liceo Artistico di Brera e Laureata in Architettura al Politecnico di Milano e altrettanto nota per la raffinatezza della pittura e la forma della classicità, di opere dipinte a olio. Compie un viaggio artistico nel quale la contemporaneità è considerata come simultanea al passato e la storia come un eterno presente, da elaborare e da cui attingere. Nella mostra cercheranno di esprimere quel dialogo che già si era aperto in tutti questi anni di frequentazione.
(…Boris Brollo) il senso della metafisica di Clara Brasca come sottolinea Boris Brollo è la necessità di un’interpretazione che richiede diligenza e cura del lavoro, e fa sì che il modello diventi un concetto astratto che si esprime, sì, per mezzi tecnici, ma che dia forma ad una retorica spirituale in cui si riconosca e la tipologia e la forma della classicità e della neo classicità. La purezza della forma, la linearità liscia senza increspature o rotture del segno, bensì la sua continua fluidità, fanno dell’estetica del bello il centro nodale descritto da J. J. Winckelmann, messa in pratica nel disegno di A. R. Mengs e in scultura dal nostro Antonio Canova.
Clara Brasca ha un suo mondo ideale in cui le sue figure si muovono e intersecano un dialogo con l’attualità soprattutto nella sua pittura ad olio, mentre nei disegni qui rappresentati, come nei collage, si è voluto spingere il lacerto figurale tramite la carta o la tempera a ricomporsi in un unicum ideale dato dall’immagine definitiva.
Come per Trotta la sua è una riflessione sull'arte e sulla scultura.
Antonio Trotta ha uno speciale rapporto con il classico dovuto soprattutto al materiale che usa: il marmo o il bronzo. La sua caratteristica saliente a un primo colpo d’occhio sta nella padronanza del mezzo. Nonostante il virtuosismo e la formazione accademica Trotta non recupera l’iconografia ottocentesca o le forme tipiche della scultura figurativa. Ha saputo coniugare la classicità come rappresentazione con il linguaggio visto come spazio. Lavora sui materiali della scultura che lo pongono al centro di un processo conoscitivo intersecato da una parte con la percezione visiva e dall'altra con la storia perché quello di Trotta comunque non è un semplice classicismo. In questo senso si pone nella tradizione ma come anima lirica del moderno. Ma poi spiazza questa immagine di tradizionalità, in quanto evita il soggetto umano dai suoi lavori. Egli non declassa la statua a oggetto, preferisce piuttosto scolpire oggetti invece che statue. Ecco allora che Trotta ci propone colonne, drappi, il tutto improntato al gusto e alle forme dell’antichità classica o del classicismo senza tuttavia proporre soggetti umani. Questa confidenza con il marmo però ha in se stessa dei risvolti poetici, illusione e realtà, di vita e sogno, Trotta sembra cercare una storia dell'eternità La sua attenzione va alla natura, alla sua fragilità e leggerezza: una foglia che si accartoccia, una piuma caduta, una goccia di rugiada, il fazzoletto ricamato, una lacrima, un'ombra; a luoghi più architettonici come il tempio, le colonne, la veranda, il lampione. Trotta gioca con la simulazione: il tempio di Paestum sembra visto in prospettiva ed è solo la parodia di una prospettiva.
La mostra vedrà l’incontro di uno scultore, Antonio Trotta (1937 Paestum) accademico dal 2009. Trasferitosi in Argentina nel 1960 ha saputo coniugare la classicità come rappresentazione. Già affermato con l’esposizione delle sue opere nella storia e nella galleria MARIACILENA si presenta in questa nuova occasione con l’artista Clara Brasca nata a Milano dove vive e lavora. Diplomata al Liceo Artistico di Brera e Laureata in Architettura al Politecnico di Milano e altrettanto nota per la raffinatezza della pittura e la forma della classicità, di opere dipinte a olio. Compie un viaggio artistico nel quale la contemporaneità è considerata come simultanea al passato e la storia come un eterno presente, da elaborare e da cui attingere. Nella mostra cercheranno di esprimere quel dialogo che già si era aperto in tutti questi anni di frequentazione.
(…Boris Brollo) il senso della metafisica di Clara Brasca come sottolinea Boris Brollo è la necessità di un’interpretazione che richiede diligenza e cura del lavoro, e fa sì che il modello diventi un concetto astratto che si esprime, sì, per mezzi tecnici, ma che dia forma ad una retorica spirituale in cui si riconosca e la tipologia e la forma della classicità e della neo classicità. La purezza della forma, la linearità liscia senza increspature o rotture del segno, bensì la sua continua fluidità, fanno dell’estetica del bello il centro nodale descritto da J. J. Winckelmann, messa in pratica nel disegno di A. R. Mengs e in scultura dal nostro Antonio Canova.
Clara Brasca ha un suo mondo ideale in cui le sue figure si muovono e intersecano un dialogo con l’attualità soprattutto nella sua pittura ad olio, mentre nei disegni qui rappresentati, come nei collage, si è voluto spingere il lacerto figurale tramite la carta o la tempera a ricomporsi in un unicum ideale dato dall’immagine definitiva.
Come per Trotta la sua è una riflessione sull'arte e sulla scultura.
Antonio Trotta ha uno speciale rapporto con il classico dovuto soprattutto al materiale che usa: il marmo o il bronzo. La sua caratteristica saliente a un primo colpo d’occhio sta nella padronanza del mezzo. Nonostante il virtuosismo e la formazione accademica Trotta non recupera l’iconografia ottocentesca o le forme tipiche della scultura figurativa. Ha saputo coniugare la classicità come rappresentazione con il linguaggio visto come spazio. Lavora sui materiali della scultura che lo pongono al centro di un processo conoscitivo intersecato da una parte con la percezione visiva e dall'altra con la storia perché quello di Trotta comunque non è un semplice classicismo. In questo senso si pone nella tradizione ma come anima lirica del moderno. Ma poi spiazza questa immagine di tradizionalità, in quanto evita il soggetto umano dai suoi lavori. Egli non declassa la statua a oggetto, preferisce piuttosto scolpire oggetti invece che statue. Ecco allora che Trotta ci propone colonne, drappi, il tutto improntato al gusto e alle forme dell’antichità classica o del classicismo senza tuttavia proporre soggetti umani. Questa confidenza con il marmo però ha in se stessa dei risvolti poetici, illusione e realtà, di vita e sogno, Trotta sembra cercare una storia dell'eternità La sua attenzione va alla natura, alla sua fragilità e leggerezza: una foglia che si accartoccia, una piuma caduta, una goccia di rugiada, il fazzoletto ricamato, una lacrima, un'ombra; a luoghi più architettonici come il tempio, le colonne, la veranda, il lampione. Trotta gioca con la simulazione: il tempio di Paestum sembra visto in prospettiva ed è solo la parodia di una prospettiva.
File allegati
Luoghi
www.mariacilena.it 0289071612 02 62027292
Orario: dal martedì al venerdì - dalle16 alle 19 Ingresso libero