Alessandro Vitrone "Frammenti di serie"
Siamo tutti angeli caduti? E' questa domanda, forse, la chiave dell'opera di Alessandro Vitrone. Nel suo irriducibile eclettismo, l'orizzonte espressivo dell'artista si distende tra aderenze terrene e nostalgie trascendenti, tra concretezza e mito. Ben al di fuori, comunque, di qualsiasi visione fideistica o escatologica.
E' un'arte che pone al centro il corpo, la sua figurazione e la sua trasfigurazione, e che passa con la stessa disinvoltura dai toni sottili e i valori grafici più tenui a tocchi e bagliori di sapore teatrale e barocco.
Pittura, fotografia, sperimentazioni tecnico-alchemiche sono il linguaggio preferenziale di un autore raffinato ed eccentrico, il quale si cimenta da sempre con un tema che nell'arte contemporanea è di una vastità impressionante. Il corpo, corpo-dolore, corpo-piacere, carcere, tramite, soglia, limite, negazione, corpo-materia, corpo-metafora, il corpo come fisicità ineludibile e insieme come massima potenzialità simbolica di un'epoca virtuale e immateriale come nessun'altra.
Il corpo nella ricerca di Vitrone è quasi una mappa delle percezioni: percezione di sé in relazione agli altri, del mondo nel senso più intimo ed ampio, della sfera di ciò che è inconosciuto, anche di là del naturale, del ragionevole, del razionale.
Tra gli opposti poli del celeste e dello ctonio si muove l'essere umano, destinato a una quotidianità fatta di speranze e di angosce, di slanci e di cadute. Una dimensione e un destino che hanno sempre interessato e affascinato le menti, tra filosofia, antropologia, apocalittica.
L'arte di Vitrone, focalizzando sul corpo umano come campo di tale conflitto, è capace di accenti rarefatti di struggente fragilità e bellezza (in combinazione, alle volte, con moduli astrattivi puri, costruttivi, geometrici), ma indugia volentieri – come nella serie fotografica “Restituzione” - su rapporti di peso/volume/cromia di gusto vigoroso e drammaturgico.
L'originale impiego, in pittura, di materia traslucida o satinata accanto a materia corposa ed opaca, e la ricerca, in fotografia, di effetti pittorici di straniante artificio, danno all'opera di Vitrone un'inconfondibile capacità “di presa”.
Incontrastato protagonista di tanti “frammenti di serie” ci resta negli occhi il corpo – algido e astratto, oscuro e sublime. E ci interroga ancora una volta sul nostro destino, restituendo per un attimo, in un gioco di specchi e riflessi, l'impronta dei sogni perduti.
E' un'arte che pone al centro il corpo, la sua figurazione e la sua trasfigurazione, e che passa con la stessa disinvoltura dai toni sottili e i valori grafici più tenui a tocchi e bagliori di sapore teatrale e barocco.
Pittura, fotografia, sperimentazioni tecnico-alchemiche sono il linguaggio preferenziale di un autore raffinato ed eccentrico, il quale si cimenta da sempre con un tema che nell'arte contemporanea è di una vastità impressionante. Il corpo, corpo-dolore, corpo-piacere, carcere, tramite, soglia, limite, negazione, corpo-materia, corpo-metafora, il corpo come fisicità ineludibile e insieme come massima potenzialità simbolica di un'epoca virtuale e immateriale come nessun'altra.
Il corpo nella ricerca di Vitrone è quasi una mappa delle percezioni: percezione di sé in relazione agli altri, del mondo nel senso più intimo ed ampio, della sfera di ciò che è inconosciuto, anche di là del naturale, del ragionevole, del razionale.
Tra gli opposti poli del celeste e dello ctonio si muove l'essere umano, destinato a una quotidianità fatta di speranze e di angosce, di slanci e di cadute. Una dimensione e un destino che hanno sempre interessato e affascinato le menti, tra filosofia, antropologia, apocalittica.
L'arte di Vitrone, focalizzando sul corpo umano come campo di tale conflitto, è capace di accenti rarefatti di struggente fragilità e bellezza (in combinazione, alle volte, con moduli astrattivi puri, costruttivi, geometrici), ma indugia volentieri – come nella serie fotografica “Restituzione” - su rapporti di peso/volume/cromia di gusto vigoroso e drammaturgico.
L'originale impiego, in pittura, di materia traslucida o satinata accanto a materia corposa ed opaca, e la ricerca, in fotografia, di effetti pittorici di straniante artificio, danno all'opera di Vitrone un'inconfondibile capacità “di presa”.
Incontrastato protagonista di tanti “frammenti di serie” ci resta negli occhi il corpo – algido e astratto, oscuro e sublime. E ci interroga ancora una volta sul nostro destino, restituendo per un attimo, in un gioco di specchi e riflessi, l'impronta dei sogni perduti.
Stefania Burnelli
Luoghi
www.viamoronisedici.it 347 2415297 035 4592486
Orario: gio-sab ore 16-19 Ingresso gratuito