Aldo Turchiaro "Mundi Creatura"
A cura di: Francesco Gallo Mazzeo - Testo di Marcia Theophilo
“Tutto si conduce ad unità – afferma Gallo Mazzeo - [...] nei modi più imprevisti ed imprevedibili è diventare scoperta di sé, del sé nascosto che in tanto errare e peregrinare non si è mai allontanato da sé stesso, dal proprio sogno, perimetro e area di una grande avventura, in cui ogni nome pronuncia un nome, ogni volto cerca un volto e tutti insieme recitano Unum.”
Aldo Turchiaro, Esopo del 2000, poeta-pittore che affronta con lirismo profetico i temi dell’Apocalisse tra il mondo animale e quello tecnologico. Percepisce che il lato più evoluto dell’umano ha sempre imitato la natura. Le macchine funzionano come prolungamenti delle nostre braccia, gambe cervello e viscere, ma principalmente in immagini e somiglianza degli animali, che si muovono in queste foreste: quelle di fili e tecnologie create dall’uomo e quella più remota. Dentro questa visione di “Apocalypse Now” la scienza non sta evolvendosi soltanto a nostro favore, né del mondo vivo.
Questi animali, questi anteriori, erano di metallo e mimetizzati con la macchina, giravano fra rifiuti tecnologici o pietre o altre materie vive. Questi di oggi, dei suoi quadri e disegni, confabulano, discutono, assumono un aspetto quasi umano – fra grattacieli – fanno i nidi fra le mura delle nuove abitazioni, adattandosi.
Sono la parte viva dell’universo, sono la parte all’erta che attraverso il suo pennello parla e si muove il mondo Kafkiano. E insorge.
Turchiaro è un Esopo che sosta in stazioni interplanetarie o scende lungo fiume-fogna che muoiono uccisi dalla plastica o dalle materie biodegradabili. Questo Esopo dialoga con il futuro, pensando al passato, unico modo di prevederlo, premunirlo.
Le sue figure quasi statiche, metalliche, figure sacre o dissacranti, potrebbero sostare in templi antichi, pre-cristiani, dove l’uomo e la natura vivevano abbracciati in una sola storia.
In questo mondo il pittore parla un linguaggio che anche un fanciullo consapevole può capire. Le voci e i colori dei suoi quadri spiegano l’allontanamento dell’uomo dalla realtà germogliata dalla materia viva che procrea.
Come quando prima di un terremoto, prima ancora che l’uomo si accorga della terra che comincia a muoversi in sordina e traditrice, gli abitanti della foresta, attenti, inquieti, s’agitano allarmati e allarmanti.
Come i fanciulli delle nuove generazioni che, anche senza capire le cause della tragedia umana, vagano disperati in un mondo costruito dai loro antenati e, imitando i delfini e le balene si suicidano.
Ho chiuso nel metallo
L’occhio di un passero
Tenero, sottile, vivace
Ho chiuso nel metallo
Il battito di una farfalla.
La Pietà che Turchiaro ha rappresentato con un delfino, simbolo assoluto di gioia preumana: dialogo dettato dall’intelligenza senza parola. Questo delfino morente che viene abbracciato da un uccello, svela un sentimento così forte che solo un uomo del Mediterraneo, dei nostri giorni, può creare nella sua patetica consapevolezza. Ma dobbiamo parlare delle luci immaginarie o vere, delle luci interiori o profondamente spettacolari, delle materie e dell’armonia erotica di questi suoi quadri.
Questa armonia viene da un lavoro ossessivo, appassionato con la materia pittorica. L’affabulazione contemporanea di Turchiaro ha origini preistoriche.
Quando nacquero i primi vegetali, i primi esseri, migliaia di verdi folletti dai lunghi capelli si mostrarono alla vita con mezzo corpo fuor d’acqua. E vicino ai fiumi apparvero enormi coccodrilli e cobra e tapiri.
Sugli alberi intorno si posarono uccelli dalle piume variopinte e scimmie e tutti insieme facevano un’indicibile gazzarra.
Poi fu generato l’uomo e restò legato ai quattro elementi vitali della natura: la terra, l’acqua, l’aria e il fuoco.
Restò legato anche a tutto quello che lui stesso aveva inventato.
All’improvviso i giorni si fecero scuri, le notti nelle foreste divennero fredde, il cielo si spaccò in nuvole polverose e illuminate stranamente, precipitando e uccidendo uomini, donne, bambini, tutto il verde, i laghi, i grandi fiumi e il mare.
Ma gli animali di Turchiaro già avevano percepito il pericolo; La grande Agave, Cosa pensi Grillo?, Il Delfino ferito a morte, Il Buco viola, La Cetonia, L’Agave acchiappanuvole, Horcynus Orca, Uccelli Innamorati.
“Io sono pietra viva in ogni angolo
Sono uccello e non conosco l’inverno.
Sono aria, acqua e vengo dalle viscere della terra.
Sono un uccello che vola perché è tutto
Sono un frutto d’un albero.”
- Si mescolano in me pensieri e serpenti, nel bosco ricoperto di tetti celesti, nella terra tra il muschio, vengono dal mare portate dal vento nuvole arenose, costruite dall’uomo, moltiplicate, rigurgitanti pensieri di morte
- Saggio vagabondo, circondato dalla natura, mistico animale il delfino, senza casa, senza fiori, senza libri, senza scienza.
- Sono vivi i quadri di Turchiaro, traspirano luce armoniosa.
( Marcia Theophilo )
Aldo Turchiaro, Esopo del 2000, poeta-pittore che affronta con lirismo profetico i temi dell’Apocalisse tra il mondo animale e quello tecnologico. Percepisce che il lato più evoluto dell’umano ha sempre imitato la natura. Le macchine funzionano come prolungamenti delle nostre braccia, gambe cervello e viscere, ma principalmente in immagini e somiglianza degli animali, che si muovono in queste foreste: quelle di fili e tecnologie create dall’uomo e quella più remota. Dentro questa visione di “Apocalypse Now” la scienza non sta evolvendosi soltanto a nostro favore, né del mondo vivo.
Questi animali, questi anteriori, erano di metallo e mimetizzati con la macchina, giravano fra rifiuti tecnologici o pietre o altre materie vive. Questi di oggi, dei suoi quadri e disegni, confabulano, discutono, assumono un aspetto quasi umano – fra grattacieli – fanno i nidi fra le mura delle nuove abitazioni, adattandosi.
Sono la parte viva dell’universo, sono la parte all’erta che attraverso il suo pennello parla e si muove il mondo Kafkiano. E insorge.
Turchiaro è un Esopo che sosta in stazioni interplanetarie o scende lungo fiume-fogna che muoiono uccisi dalla plastica o dalle materie biodegradabili. Questo Esopo dialoga con il futuro, pensando al passato, unico modo di prevederlo, premunirlo.
Le sue figure quasi statiche, metalliche, figure sacre o dissacranti, potrebbero sostare in templi antichi, pre-cristiani, dove l’uomo e la natura vivevano abbracciati in una sola storia.
In questo mondo il pittore parla un linguaggio che anche un fanciullo consapevole può capire. Le voci e i colori dei suoi quadri spiegano l’allontanamento dell’uomo dalla realtà germogliata dalla materia viva che procrea.
Come quando prima di un terremoto, prima ancora che l’uomo si accorga della terra che comincia a muoversi in sordina e traditrice, gli abitanti della foresta, attenti, inquieti, s’agitano allarmati e allarmanti.
Come i fanciulli delle nuove generazioni che, anche senza capire le cause della tragedia umana, vagano disperati in un mondo costruito dai loro antenati e, imitando i delfini e le balene si suicidano.
Ho chiuso nel metallo
L’occhio di un passero
Tenero, sottile, vivace
Ho chiuso nel metallo
Il battito di una farfalla.
La Pietà che Turchiaro ha rappresentato con un delfino, simbolo assoluto di gioia preumana: dialogo dettato dall’intelligenza senza parola. Questo delfino morente che viene abbracciato da un uccello, svela un sentimento così forte che solo un uomo del Mediterraneo, dei nostri giorni, può creare nella sua patetica consapevolezza. Ma dobbiamo parlare delle luci immaginarie o vere, delle luci interiori o profondamente spettacolari, delle materie e dell’armonia erotica di questi suoi quadri.
Questa armonia viene da un lavoro ossessivo, appassionato con la materia pittorica. L’affabulazione contemporanea di Turchiaro ha origini preistoriche.
Quando nacquero i primi vegetali, i primi esseri, migliaia di verdi folletti dai lunghi capelli si mostrarono alla vita con mezzo corpo fuor d’acqua. E vicino ai fiumi apparvero enormi coccodrilli e cobra e tapiri.
Sugli alberi intorno si posarono uccelli dalle piume variopinte e scimmie e tutti insieme facevano un’indicibile gazzarra.
Poi fu generato l’uomo e restò legato ai quattro elementi vitali della natura: la terra, l’acqua, l’aria e il fuoco.
Restò legato anche a tutto quello che lui stesso aveva inventato.
All’improvviso i giorni si fecero scuri, le notti nelle foreste divennero fredde, il cielo si spaccò in nuvole polverose e illuminate stranamente, precipitando e uccidendo uomini, donne, bambini, tutto il verde, i laghi, i grandi fiumi e il mare.
Ma gli animali di Turchiaro già avevano percepito il pericolo; La grande Agave, Cosa pensi Grillo?, Il Delfino ferito a morte, Il Buco viola, La Cetonia, L’Agave acchiappanuvole, Horcynus Orca, Uccelli Innamorati.
“Io sono pietra viva in ogni angolo
Sono uccello e non conosco l’inverno.
Sono aria, acqua e vengo dalle viscere della terra.
Sono un uccello che vola perché è tutto
Sono un frutto d’un albero.”
- Si mescolano in me pensieri e serpenti, nel bosco ricoperto di tetti celesti, nella terra tra il muschio, vengono dal mare portate dal vento nuvole arenose, costruite dall’uomo, moltiplicate, rigurgitanti pensieri di morte
- Saggio vagabondo, circondato dalla natura, mistico animale il delfino, senza casa, senza fiori, senza libri, senza scienza.
- Sono vivi i quadri di Turchiaro, traspirano luce armoniosa.
( Marcia Theophilo )
Luoghi
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