Alberto Abate "Aenigmate"
A cura di: Francesco Gallo Mazzeo - Testo di Sergio Ceccotti
Unum - a cura di Francesco Gallo Mazzeo
Aenigmate - Un'opera unica di Alberto Abate
Testo di Sergio Ceccotti - con il coordinamento di Enzo Barchi
Per Alberto Abate
Gli anni ’70 furono anni di piombo anche per l’arte contemporanea: il grigiore, la noia, il concettualismo punitivo facevano passare la voglia di frequentare le gallerie. Poi, all’alba del decennio successivo si videro due movimenti, distinti e forse rivali, ma di spirito analogo: Anacronismo e Pittura Colta. Tutti e due recuperavano in chiave concettuale la pittura della tradizione, specie rinascimentale e barocca, anche se talvolta i risultati non erano all’altezza delle teorie. Si trattava di due diversi gruppi di artisti, ma un unico nome era comune ad ambedue: quello di Alberto Abate.
Vidi e rividi le sue opere senza capirci molto, attratto da quel mondo fantastico che nulla doveva al surrealismo, semmai- a voler azzardare un nome - era affine al simbolismo di Gustave Moreau: sincretismo tra antiche tradizioni religiose, miti greci, serpenti, demoni, sfingi, minotauri, figure mascherate, il tutto con l’imitazione quasi tattile dei materiali raffigurati: pietra, rame, squame, piume, vetrate… Mi figuravo l’autore come un personaggio tenebroso e saturnino, vestito di nero e, chissà perché, con gli occhi sporgenti.
Quando poi ci conoscemmo, perché finimmo a lavorare con la stessa galleria, mi trovai di fronte tutt’altro personaggio: un uomo solare, ancora giovane, amante della vita, della letteratura (aveva il dono della scrittura), della buona cucina e dei buoni vini - anche se non ho mai capito la sua predilezione per il gewȕrztraminer. Diventammo subito amici, anche con sua moglie Giovanna e sua figlia Emma, ci scambiammo dei quadri, scrisse due presentazioni a mie mostre e ci frequentammo fino alla sua prematura, inattesa fine, dopo una breve malattia sopportata con stoicismo, nel corso della quale ebbe modo, come disse lui, di “riconciliarsi con il Principale”.
Negli ultimi anni la sua pittura si era essenzializzata: volti maschili e femminili dello stesso formato, su sfondi geometrizzati: senza essere ritratti erano molto caratterizzati e avevano una forte somiglianza… con chi? Sembrava di conoscerli, mi dispiace solo di non averlo interrogato su questo mistero, che forse era tale anche per lui.
Aenigmate - Un'opera unica di Alberto Abate
Testo di Sergio Ceccotti - con il coordinamento di Enzo Barchi
Per Alberto Abate
Gli anni ’70 furono anni di piombo anche per l’arte contemporanea: il grigiore, la noia, il concettualismo punitivo facevano passare la voglia di frequentare le gallerie. Poi, all’alba del decennio successivo si videro due movimenti, distinti e forse rivali, ma di spirito analogo: Anacronismo e Pittura Colta. Tutti e due recuperavano in chiave concettuale la pittura della tradizione, specie rinascimentale e barocca, anche se talvolta i risultati non erano all’altezza delle teorie. Si trattava di due diversi gruppi di artisti, ma un unico nome era comune ad ambedue: quello di Alberto Abate.
Vidi e rividi le sue opere senza capirci molto, attratto da quel mondo fantastico che nulla doveva al surrealismo, semmai- a voler azzardare un nome - era affine al simbolismo di Gustave Moreau: sincretismo tra antiche tradizioni religiose, miti greci, serpenti, demoni, sfingi, minotauri, figure mascherate, il tutto con l’imitazione quasi tattile dei materiali raffigurati: pietra, rame, squame, piume, vetrate… Mi figuravo l’autore come un personaggio tenebroso e saturnino, vestito di nero e, chissà perché, con gli occhi sporgenti.
Quando poi ci conoscemmo, perché finimmo a lavorare con la stessa galleria, mi trovai di fronte tutt’altro personaggio: un uomo solare, ancora giovane, amante della vita, della letteratura (aveva il dono della scrittura), della buona cucina e dei buoni vini - anche se non ho mai capito la sua predilezione per il gewȕrztraminer. Diventammo subito amici, anche con sua moglie Giovanna e sua figlia Emma, ci scambiammo dei quadri, scrisse due presentazioni a mie mostre e ci frequentammo fino alla sua prematura, inattesa fine, dopo una breve malattia sopportata con stoicismo, nel corso della quale ebbe modo, come disse lui, di “riconciliarsi con il Principale”.
Negli ultimi anni la sua pittura si era essenzializzata: volti maschili e femminili dello stesso formato, su sfondi geometrizzati: senza essere ritratti erano molto caratterizzati e avevano una forte somiglianza… con chi? Sembrava di conoscerli, mi dispiace solo di non averlo interrogato su questo mistero, che forse era tale anche per lui.
Luoghi
www.bibliothe.net 39 066781427
Orario apertura galleria dal lunedì al sabato dalle 11 alle 23