Vita Marilena
Marilena Vita è nata a Siracusa, opera tra la Sicilia e Milano, al suo attivo alcune monografie sul suo lavoro. Si è esibita in numerose performance, mostre personali e ha partecipato a diverse rassegne internazionali a tema. Docente di storia dell'arte contemporanea alla Scuola di Architettura di Siracusa (Università di Catania), è autrice delle pubblicazioni monografiche “Le albe della fotografia/dalla nascita al digitale” e “Il primitivo e l'arte/nelle avanguardie storiche”.
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Oltre che con la fotografia, Marilena VITA conduce la sua ricerca linguistica ed espressiva anche nella performance, nella video arte e pittura (quest’ultima recentemente è stata proposta, a Milano, allo Spazio Temporaneo di Patrizia Serra, con presentazione di Gilllo Dorfles, Edward Lucie-Smith, Carmelo Strano). Le premesse sono nella sua formazione: pittura, nell’accademia di Belle Arti (110 e lode e tesi coronata dalla dignità di stampa) e Accademia Nazionale di Arti Cinematografiche di Bologna
La sua ricerca nella fotografia si collega spesso al terreno della performance, ma nel pieno rispetto, e anche esaltazione, dell’autonomia disciplinare ed espressiva della macchina fotografica. Da qui il fatto che le situazioni o gli oggetti coinvolti non sono scopo dell’operatività fotografica, neanche se fondate sulle delle libere interpretazioni, come accade con i ritratti della Mulas.
Oggetti e situazioni sono impiegati al fine di realizzare l’ambientazione in cui agisce la performer, che è propria l’artista stessa, che diventa la protagonista nella sua opera fotografica. Insomma, talvolta le varie dinamiche installative mirate alla performance, e anche la stessa performance o “opera paratearale”, sono la fonte iconologica per le sue opere fotografiche. Le quali prendono presto, nel loro stesso concepimento, un cammino di assoluta autonomia linguistica e espressiva. Ecco perché Marilena VITA riesce a dare i suoi contributi nuovi sia alla fotografia sia alla stessa performance(non a caso, va oltre i metodi e i modi di vari riferimenti storici della performance, come la Marina Abramovic. e, ancor di più, oltre i concettualismi neoavanguardistici alla Gina Pane. Il soggetto è spesso un paesaggio ibrido o complesso o un edificio cadente, per ciò stesso divenuto intrigante. Ad esempio, il castello abbandonato di Portopalo, provincia di Siracusa, o le tristi barche dei migranti approdate in Sicilia). Lo scopo non è eminentemente estetico. A Marilena VITA interessa la bellezza, ma l’esteticità fine a se stessa non è l’obiettivo finale. L’obiettivo è dare a quel soggetto una svolta di ambiguità o di aumentarla nel caso ci fossero già segni di ambiguità.
Occorre tenere presente, per capire meglio l’opera fotografica di VITA, che l’autrice è non meno impegnata nella videoarte.
Ogni volta che Marilena VITA si cala in una delle sue discipline (in questa sede più che la pittura, risultano maggiormente pertinenti la performance e la videoarte (per quest’ultima, premiata alla Columbia University di New York), scarta le altre, ma non le dimentica. Esse infatti costituiscono un alimento che contribuisce al coagulo linguistico di quell’opera. L’autoscatto, che Marilena VITA pratica puntualmente, costituisce, ad esempio, un elemento di piglio performativo.
Bisogna guardarsi allora dal tranello che ti conduce nella strada -sbagliata- della sua autosufficienza.
VITA concentra le sue energie nel dare soluzioni opportune, in modo autentico e integrale, alle sue spinte espressive e anche nel fissare -non in modo esplicito e diretto- messaggi a fondamento sociale o anche psicologico. Ma di essi il fruitore quasi non si accorge, specialmente perché la situazione è quasi sempre avvolta in un clima di atemporalità che facilmente distrae dal messaggio. Espressività, pulsioni, modo di porsi responsabilmente verso l’impegno artistico: sul filo di un’irrinunciabile autenticità, anche se camuffata dal linguaggio ambiguo. Il segno espressivo è tenuto lontano sia dall’autoreferenzialità sia dall’eccessiva transitività: comunica ma non in modo esplicito o inequivocabile. Infatti, l’artista imprime virate alle forme e ai modi consolidati o recuperati della fotografia, rivoluzionandola. Ciò vuol dire: il messaggio è questo, ma altri possono essere ipotizzati. Tutto questo, grazie anche all’atmosfera atemporale. Scrive il critico e scrittore Gérard-Georges Lemaire: “Le piace stare in un territorio di ambiguità (…) Adora le contraddizioni. Adora metterci in una posizione di difficoltà”
Protagonista unica dell’opera fotografica è lei stessa, ben allenata all’uso dell’autoscatto, una volta fissato il senso e il canovaccio di un’idea performativa e dello spazio ambientale in cui lei stessa, performer, deve agire, spesso vestita di abiti antichi, ma negando quasi sempre all’obiettivo il suo volto.
Personalità energetica e intransigente, VITA ha ricevuto vari premi in Italia e fuori per la fotografia che è stata oggetto di mostre soprattutto a Berlino, Parigi, Macao -Cina-, Praga, Città del Capo, Mons -Belgio-, Amsterdam, Labin -Croazia-, Atene, Miami, Teheran, ecc., e, in Italia, Museo-Laboratorio dell’Università La Sapienza, Roma; Galleria Lorenzelli, Milano; Galleria Soligo, Roma; Museo Regionale Riso, Palermo.
Nel 2013, ha presentato la sua ricerca nella fotografia e nella videoarte alla Biennale di Venezia, nell’ambito della sezione “Educational”.
Hanno scritto sul suo lavoro, tra gli altri, Brahim Alaoui, Viana Conti, Gillo Dorfles, Dario Evola, Sebastiano Grasso, Gérard-Georges Lemaire (con lui, quale narratore, un libro-oggetto a quattro mani), Evelina Schatz, Edward Lucie-Smith, Carmelo Strano,
Tra i suoi studi pubblicati, il volume “Le Albe della Fotografia/dalla nascita al digitale”, Rose&Rose edizioni, Catania, 2012.
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Tante le ragioni per ipotizzare con facilità che questa mostra possa provocare l’interesse di molti tra specialisti, appassionati e anche il visitatore semplicemente incuriosito che avrà modo in ogni caso di intrattenere un rapporto diretto e stretto con le opere.
Anche il non esperto ma sensibile fruitore sarà irretito dalle opere fotografiche di MARIA MULAS e di MARILENA VITA, pensando anche che questa forma d’arte, pur così giovane rispetto alla pittura, è già ben ricca di storia: una situazione che, come dimostra, appunto, il loro lavoro, non smette di risultare stimolante, provocatoria ed emblematica in rapporto alla grande produzione di routine della fotografia internazionale.
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