Viaggio al termine della notte
A cura di: Alberto Mattia Martini
La galleria SPAZIO TESTONI in Via D’Azeglio 50 a Bologna, venerdì 22 Maggio dalle 18,30 alle 20,30 inaugura l’esposizione delle opere di cinque giovani artisti italiani e stranieri selezionati dal critico d’arte e curatore Alberto Mattia Martini:
Dragan Milos, Giulia Bersani, Kamilla Kard, Marco Schifano e Thomas Berra. Il titolo della mostra Viaggio al termine della notte trae ispirazione dall'omonimo libro di Louis-Ferdinand Céline. Un riferimento volutamente manifesto e preciso, che tuttavia non vuole essere un semplice omaggio alla rilevante opera dello scrittore francese, bensì una mostra che desidera concepire un viaggio nella "notte dell'uomo".
Notte intesa come luogo dove tutto può accadere, viaggio non solo tangibile ma immaginario nel razionale e nell'inconscio, passando dalla forza della naturalità a quella utopica del sogno e del timore della solitudine, attraverso la storia dell'arte e del mito, terminando l'itinerario nel mondo virtuale. "Viaggiare è proprio utile, fa lavorare l'immaginazione. Tutto il resto è delusione e fatica. Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario. Ecco la sua forza. Va dalla vita alla morte. Uomini, bestie, città e cose, è tutto inventato. È un romanzo, nient'altro che una storia fittizia. Lo dice Littré, lui non sbaglia mai. E poi in ogni caso tutti possono fare altrettanto. Basta chiudere gli occhi. È dall'altra parte della vita."
Queste parole di Céline esplicano la percezione del nostro viaggio, introducendoci ed accompagnandoci nel percorso espositivo, dove attraverso gli occhi di cinque giovani artisti possiamo addentrarci sia nel mondo reale che in quello immaginario, fissare il nostro sguardo dentro un affresco dell'umanità, esplorare la realtà senza l'eccesso dei filtri imposti, abbandonarsi ad ascoltare i sentimenti, tentare di riappropriarsi di se stessi ricongiungendosi con la primordialità e con la natura ed infine instaurare un ponte che unisca vita e tecnologia.
La mostra prende forma con la natura in dialogo con l'umano e il mondo animale, una nascita ineluttabile e congenita, confermata anche dall'origine della parola natura, che deriva dal verbo latino nasci e quindi legata al concetto di venuta al mondo. La genesi del corpo, una volta manifestatosi, si evolve in un'identità permanente, che cerca di interagire e relazionarsi, prova emozioni, istaurando un dialogo con l'altro, fatto di amore e inevitabilmente di disagio per un tempo che inesorabile trascorre, logora producendo assenza.
A questo punto esiste una via di scampo? Forse dobbiamo aggrapparci alla religione, o alla storia del mito, che da sempre ha in sé la prorompente forza narrativa e seducente di interpretare sia i fenomeni naturali, che dell'esperienza trascendentale.
Un'altra soluzione immaginabile potrebbe essere quella di recuperare la nostra originaria natura umana prendendo le distanze dal progresso che, nonostante gli evidenti vantaggi apportati, ci sta nondimeno privando della reminescenza; non sembra più così fondamentale ricordare, tanto esiste la memoria del cellulare o del computer! Siamo sospesi in un limbo, una sorta di Giardino delle delizie che sta mutando in un luogo della follia umana, dove dominano violenze, astuzie senza scrupoli e dove prendono il soppravvento sempre più ferocemente e morbosamente "i piaceri transitori e fugaci".
Il viaggio al termine della notte è ancora lungo ed impervio, la soluzione è impressa, scritta dentro l'intimo della persona; tutto fuori si squaglia, si sta decomponendo, l'oggettività non regge più i nostri pensieri, l'incanto, perdendo il pensiero sul domani, si è trasformato in disincanto, il proficuo e le opportunità regrediscono allettando il "palato" di pochi o addirittura solo del sé. Allora cosa fare? Ripensare alla società come luogo di incontro con l'altro e la natura, ricomporre la relazione, l'amore, l'abbraccio, congiungendo ed armonizzando l'Io con l'Altro. Dobbiamo ripristinare un vero senso di giustizia e di dignità per ogni singolo individuo, l'utilizzo del mezzo tecnico come opportunità e come elemento non sostitutivo, ma di cooperazione con l'uomo; la tecnologia quindi anche come dialogo con la storia, il passato e non solo come visione senza ricordi o esperienza. Tutto questo non deve servire solo come elenco dei buoni propositi, ma come ha voluto comunicare Céline con la sua opera, deve essere la rivincita dell'individuo su se stesso.
Alberto Mattia Martini
Dragan Milos, Giulia Bersani, Kamilla Kard, Marco Schifano e Thomas Berra. Il titolo della mostra Viaggio al termine della notte trae ispirazione dall'omonimo libro di Louis-Ferdinand Céline. Un riferimento volutamente manifesto e preciso, che tuttavia non vuole essere un semplice omaggio alla rilevante opera dello scrittore francese, bensì una mostra che desidera concepire un viaggio nella "notte dell'uomo".
Notte intesa come luogo dove tutto può accadere, viaggio non solo tangibile ma immaginario nel razionale e nell'inconscio, passando dalla forza della naturalità a quella utopica del sogno e del timore della solitudine, attraverso la storia dell'arte e del mito, terminando l'itinerario nel mondo virtuale. "Viaggiare è proprio utile, fa lavorare l'immaginazione. Tutto il resto è delusione e fatica. Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario. Ecco la sua forza. Va dalla vita alla morte. Uomini, bestie, città e cose, è tutto inventato. È un romanzo, nient'altro che una storia fittizia. Lo dice Littré, lui non sbaglia mai. E poi in ogni caso tutti possono fare altrettanto. Basta chiudere gli occhi. È dall'altra parte della vita."
Queste parole di Céline esplicano la percezione del nostro viaggio, introducendoci ed accompagnandoci nel percorso espositivo, dove attraverso gli occhi di cinque giovani artisti possiamo addentrarci sia nel mondo reale che in quello immaginario, fissare il nostro sguardo dentro un affresco dell'umanità, esplorare la realtà senza l'eccesso dei filtri imposti, abbandonarsi ad ascoltare i sentimenti, tentare di riappropriarsi di se stessi ricongiungendosi con la primordialità e con la natura ed infine instaurare un ponte che unisca vita e tecnologia.
La mostra prende forma con la natura in dialogo con l'umano e il mondo animale, una nascita ineluttabile e congenita, confermata anche dall'origine della parola natura, che deriva dal verbo latino nasci e quindi legata al concetto di venuta al mondo. La genesi del corpo, una volta manifestatosi, si evolve in un'identità permanente, che cerca di interagire e relazionarsi, prova emozioni, istaurando un dialogo con l'altro, fatto di amore e inevitabilmente di disagio per un tempo che inesorabile trascorre, logora producendo assenza.
A questo punto esiste una via di scampo? Forse dobbiamo aggrapparci alla religione, o alla storia del mito, che da sempre ha in sé la prorompente forza narrativa e seducente di interpretare sia i fenomeni naturali, che dell'esperienza trascendentale.
Un'altra soluzione immaginabile potrebbe essere quella di recuperare la nostra originaria natura umana prendendo le distanze dal progresso che, nonostante gli evidenti vantaggi apportati, ci sta nondimeno privando della reminescenza; non sembra più così fondamentale ricordare, tanto esiste la memoria del cellulare o del computer! Siamo sospesi in un limbo, una sorta di Giardino delle delizie che sta mutando in un luogo della follia umana, dove dominano violenze, astuzie senza scrupoli e dove prendono il soppravvento sempre più ferocemente e morbosamente "i piaceri transitori e fugaci".
Il viaggio al termine della notte è ancora lungo ed impervio, la soluzione è impressa, scritta dentro l'intimo della persona; tutto fuori si squaglia, si sta decomponendo, l'oggettività non regge più i nostri pensieri, l'incanto, perdendo il pensiero sul domani, si è trasformato in disincanto, il proficuo e le opportunità regrediscono allettando il "palato" di pochi o addirittura solo del sé. Allora cosa fare? Ripensare alla società come luogo di incontro con l'altro e la natura, ricomporre la relazione, l'amore, l'abbraccio, congiungendo ed armonizzando l'Io con l'Altro. Dobbiamo ripristinare un vero senso di giustizia e di dignità per ogni singolo individuo, l'utilizzo del mezzo tecnico come opportunità e come elemento non sostitutivo, ma di cooperazione con l'uomo; la tecnologia quindi anche come dialogo con la storia, il passato e non solo come visione senza ricordi o esperienza. Tutto questo non deve servire solo come elenco dei buoni propositi, ma come ha voluto comunicare Céline con la sua opera, deve essere la rivincita dell'individuo su se stesso.
Alberto Mattia Martini
Luoghi
http://www.spaziotestoni.it 051 371272 051 4153252
orario: mer-ven 16-20, sab 10.30-13 e 16-20 - ingresso libero