Verdiana Patacchini "The bright side of the womb."
A cura di: Martina Cavallarin
L’artista vive e lavora a New York; il suo studio si trova all’interno del Mana Contemporary, fiorente comunità creativa, tra le più importanti e innovative realtà di arte contemporanea negli Stati Uniti, fondata nel 2011, in cui l’incontro tra diverse discipline e artisti dà vita ad una coabitazione plurale e partecipata che promuove la sperimentazione, la collaborazione e l’ispirazione reciproca. E’ in questo contesto stimolante e vitale che Verdiana Patacchini ha realizzato le opere degli ultimi anni.
Il suo lavoro si compone di eterogenei elementi di analisi e ricerca e di una sperimentazione nell’utilizzo di molteplici materiali. I temi affrontati sono la metamorfosi, l’imperfezione, il legame con la terra, protagonisti di un gioco linguistico riguardante il passato e una visione primitiva del mondo, risultato di uno studio ricco di richiami e citazioni rielaborate fino a renderle proprie, attraverso l’investigazione sulla qualità del segno, del colore e della materia. La passione per la statuaria antica, i graffiti primitivi e gli affreschi pompeiani sono i riferimenti del codice espressivo e della ricerca artistica elaborati da una poetica personale che prova ad ingannare l’esistenza, a trovare una dimensione eterna alla caducità della Vita umana.
Il soggetto del “bucranio”, diffuso nell’arte greca e romana, è per l’artista elemento primigenio della femminilità, della sessualità del pube della donna e simbolo di fecondità e maternità.
I lavori in mostra rappresentano a pieno la pluralità di linguaggi sospesi tra Storia e Contemporaneità, la ricerca materica e il modus operandi dell’artista così da creare un’armonia tra spazio espositivo e forme: grandi tele di lino dipinte con segni primitivisti ed emblematici, lasciate libere e fluttuanti nelle stanze, sculture in ceramica, un volto a luce bianca al neon.
I materiali utilizzati nella realizzazione delle opere, attraverso una rielaborazione in chiave contemporanea delle tecniche artistiche antiche, sono: lino crudo, ceramica, inchiostro, olio, grafite, raku giapponese, fuoco, pietre provenienti dalle cave dell’Umbria – terra d’origine dell’artista – creta cotta, acrilico e inchiostro su plastica.
“Perversamente eleganti, - come scrive Martina Cavallarin nel testo critico della mostra - le sue opere, grazie e nonostante la complessità e l’ingegnosità dei rapporti formali e la varietà dei materiali, raggiungono una straordinaria unità d’impatto e possibilità liberatorie di espansione. Queste strutture agiscono con grande vigore sullo spettatore e sull’ambiente spaziale. Dotati di un’estetica strutturale e una forma rappresentativa, i lavori sono carichi di tensione, illusionismo, enfasi, ironia. Il design classicheggiante, l’abilità tecnica, la manualità e la gestualità, riportano a quell’ossessione dell’idea così connaturata con la poetica, l’inclinazione artistica, culturale e di atteggiamento caratteriale. La sua ricerca è concepita come un progetto in cui la somiglianza è accettata con coscienza, per affermare le differenze, un luogo dove le cose si mostrano nel loro aspetto più innocente, e far parlare il segno significa affermare una propria specifica originalità. Verdiana Patacchini con la sua opera non intende interrogare la storia, sebbene ne sia lucidamente e chiaramente intrisa, ma la natura antropologica della collettività, agendo sulle paure ataviche che costituiscono il nodo primario dell’esistenza ovvero il Tempo e la Vita.”
Il suo lavoro si compone di eterogenei elementi di analisi e ricerca e di una sperimentazione nell’utilizzo di molteplici materiali. I temi affrontati sono la metamorfosi, l’imperfezione, il legame con la terra, protagonisti di un gioco linguistico riguardante il passato e una visione primitiva del mondo, risultato di uno studio ricco di richiami e citazioni rielaborate fino a renderle proprie, attraverso l’investigazione sulla qualità del segno, del colore e della materia. La passione per la statuaria antica, i graffiti primitivi e gli affreschi pompeiani sono i riferimenti del codice espressivo e della ricerca artistica elaborati da una poetica personale che prova ad ingannare l’esistenza, a trovare una dimensione eterna alla caducità della Vita umana.
Il soggetto del “bucranio”, diffuso nell’arte greca e romana, è per l’artista elemento primigenio della femminilità, della sessualità del pube della donna e simbolo di fecondità e maternità.
I lavori in mostra rappresentano a pieno la pluralità di linguaggi sospesi tra Storia e Contemporaneità, la ricerca materica e il modus operandi dell’artista così da creare un’armonia tra spazio espositivo e forme: grandi tele di lino dipinte con segni primitivisti ed emblematici, lasciate libere e fluttuanti nelle stanze, sculture in ceramica, un volto a luce bianca al neon.
I materiali utilizzati nella realizzazione delle opere, attraverso una rielaborazione in chiave contemporanea delle tecniche artistiche antiche, sono: lino crudo, ceramica, inchiostro, olio, grafite, raku giapponese, fuoco, pietre provenienti dalle cave dell’Umbria – terra d’origine dell’artista – creta cotta, acrilico e inchiostro su plastica.
“Perversamente eleganti, - come scrive Martina Cavallarin nel testo critico della mostra - le sue opere, grazie e nonostante la complessità e l’ingegnosità dei rapporti formali e la varietà dei materiali, raggiungono una straordinaria unità d’impatto e possibilità liberatorie di espansione. Queste strutture agiscono con grande vigore sullo spettatore e sull’ambiente spaziale. Dotati di un’estetica strutturale e una forma rappresentativa, i lavori sono carichi di tensione, illusionismo, enfasi, ironia. Il design classicheggiante, l’abilità tecnica, la manualità e la gestualità, riportano a quell’ossessione dell’idea così connaturata con la poetica, l’inclinazione artistica, culturale e di atteggiamento caratteriale. La sua ricerca è concepita come un progetto in cui la somiglianza è accettata con coscienza, per affermare le differenze, un luogo dove le cose si mostrano nel loro aspetto più innocente, e far parlare il segno significa affermare una propria specifica originalità. Verdiana Patacchini con la sua opera non intende interrogare la storia, sebbene ne sia lucidamente e chiaramente intrisa, ma la natura antropologica della collettività, agendo sulle paure ataviche che costituiscono il nodo primario dell’esistenza ovvero il Tempo e la Vita.”
Luoghi
www.emmeotto.net 06 68301127
orario: lun-ven 10.30-13.30 e 14.30-19.30 Ingresso libero