Valeria Cademartori La musica di Aleppo
A cura di: Roberto Gramiccia
Valeria Cademartori "La musica di Aleppo"
Le opere esposte sono prevalentemente in bianco e nero e giocano attorno ad una esperienza pittorica che da informale invera, sequenza dopo sequenza, una forma più definita. Dal caos al cosmos. E dal cosmos al caos. A testimoniare la precarietà estrema del tempo che oggi ci è dato di vivere.
La mostra è il secondo appuntamento del ciclo “Pittori, pittori” curato da Roberto Gramiccia
La musica di Aleppo
Di Roberto Gramiccia
La seconda mostra del ciclo Pittori, Pittori, immaginato come un breve viaggio nella pittura di oggi, si intitola “La musica di Aleppo”. Valeria Cademartori è l’artista che l’ha firmata, riversando in essa tutto il talento e l’entusiasmo che la caratterizza e, insieme, esibendo gli esiti di una maturità artistica raggiunta in età ancora giovanile. Una proposta, la sua, impregnata di un’umanità dolente che sin dal titolo chiede udienza. Vuole farsi sentire. Lo fa senza urlare però. Sottovoce e nell’ombra. Non perché le cause del dolore evocato e la sua intensità non giustificherebbero espressioni più forti e laceranti, ma perché questa pacatezza gentile è quella che esprime l’abito mentale dell’autrice, il suo stile.
Attenzione però a non scambiare la forza del silenzio per rassegnazione o l’esercizio della misura con una gentilezza espressa da un malinteso “femminile”. Cademartori è un’artista potente e orgogliosa. Così come gli uomini che non si vergognano di piangere, all’opposto ma nella stessa logica, questa artista pratica una pittura forte e anti-graziosa. In questa emancipazione dagli obblighi procedurali e dalle convenzioni, del resto, c’è tutta la seduzione dell’arte, che non è sicuramente cosa per mammole innocenti.
Come non è per anime innocenti il tema evocato: quello della guerra in Siria, di cui Aleppo è senza dubbio il simbolo, che ancora in questi giorni sta falciando a migliaia vite umane come fili di grano. Senza per altro che l’opinione pubblica occidentale presti alla cosa molta attenzione, a differenza di quanto fa in occasione delle morti (per fortuna) assai meno numerose che, a causa del terrorismo islamista, spargono sangue sull’asfalto delle metropoli europee. È ora di dire con forza e senza ipocrisia che il sangue è sangue sempre, ovunque venga sparso e il suo valore non conosce frontiere!
Oltremodo poetico il titolo di questa mostra, scelto dall’autrice stessa, che ricorda la musica di quel pianista siriano reso popolare dal web che, trainandolo su improbabili rotelle, portava in giro il suo pesante strumento tra le macerie della sua città, fermandosi ogni tanto per far salire al cielo la musica della sua ribellione alla morte e alla rovina. La città del giovane pianista non era Aleppo ma bene ha fatto questa autrice coraggiosa a scegliere il nome di questa città per rendere universale un messaggio che si scaglia contro questa guerra e contro tutte le guerre. L’apparente paradosso di un concerto di pianoforte, che lacera la coperta funebre di silenzio distesa sulle macerie di una città rasa al suolo dalle bombe, rappresenta una sollecitazione a cui Valeria non si è voluta sottrarre.
I dipinti e i monotipi realizzati di piccole, medie e grandi dimensioni, prevalentemente in bianco e nero, sono come le stazioni di una Via crucis. Hanno senso cioè se non si rompe l’unità complessiva che le lega, il loro essere un unicum. Anche questo mi piace: il preferire il tutto alla parte, il valore dell’intero senza il quale la parte non ha senso. Che è poi la grande lezione di Spinoza, di Hegel e di Marx. “Il vero è l’intero” e il processo veritativo che la Cademartori ha più o meno consapevolmente posto in essere (in arte la consapevolezza non è essenziale) aspira a raggiungere quelle verità profonde che solo la pittura può, se non svelare, per lo meno adombrare in pochi istanti.
Grande la pittura e inarrivabile, nemmeno dalla più sofisticata delle tecnologie! Come la parola, il logos di cui purtroppo oggi si fa strame. Bisognerebbe dichiarare una guerra (questa sì sarebbe giusta!) per difendere la pittura e le parole dal pericolo attualissimo che vengano cancellate o taroccate. Che cosa sarebbe – pensate – la vita senza libri, senza quadri e senza musica?
Valeria Cademartori con fierezza questa battaglia la combatte con la forza dei suoi colori non colori, il bianco ed il nero e, soprattutto, con la forza della luce. È la dialettica luce/ombra infatti che in questo suo pregevolissimo ciclo pittorico fa emergere il transito dalla non forma alla forma, dal caos al cosmos. Un transito che come vedremo non è unidirezionale.
Le curvilinee sciabolate di nero, rese potenti dal contrasto di una luce che pare aprire a una prospettiva vedutista di sapore caravaggesco, colpiscono l’osservatore per la propria informale auto-evidenza. Tuttavia, man mano che si procede nel viaggio, di cui ciascuna tela è una tappa, l’informe assume le sembianze di una donna, anzi di una figura mitologica metà animale e metà donna: una sirena. Creatura anomala che, fra terra e mare, nel suo essere metafora del tutto assume una posizione fetale e prova ad addormentarsi malgrado le macerie e la guerra.
C’è qui della pittura una grande considerazione e un rispetto che oltrepassa l’esigenza di una scelta rigida fra aniconismo e figura. Nelle tappe informali di questo viaggio pittorico, infatti, sembra liberarsi la forza di un Franz Kline curvilineo se mi è permessa la comparazione un po’spericolata. Un furore che poi si calma, come d’incanto, quando la sirena prende forma. La luce che perfora l’oscurità, però, non proviene di lato (da Dio come in Caravaggio), in questo configurando una lettura laica dei fenomeni che si manifestano come espressione di una natura naturans funestata dalla guerra.
Del resto l’uomo anche quando scatena la guerra è sempre parte e “modo” della natura. Lo è persino quando di essa mette in discussione la sopravvivenza. Ecco perché il transito tracciato da questa splendida pittrice può essere percorso anche al contrario: dalla forma all’informe, dal cosmos al caos.
Le opere esposte sono prevalentemente in bianco e nero e giocano attorno ad una esperienza pittorica che da informale invera, sequenza dopo sequenza, una forma più definita. Dal caos al cosmos. E dal cosmos al caos. A testimoniare la precarietà estrema del tempo che oggi ci è dato di vivere.
La mostra è il secondo appuntamento del ciclo “Pittori, pittori” curato da Roberto Gramiccia
La musica di Aleppo
Di Roberto Gramiccia
La seconda mostra del ciclo Pittori, Pittori, immaginato come un breve viaggio nella pittura di oggi, si intitola “La musica di Aleppo”. Valeria Cademartori è l’artista che l’ha firmata, riversando in essa tutto il talento e l’entusiasmo che la caratterizza e, insieme, esibendo gli esiti di una maturità artistica raggiunta in età ancora giovanile. Una proposta, la sua, impregnata di un’umanità dolente che sin dal titolo chiede udienza. Vuole farsi sentire. Lo fa senza urlare però. Sottovoce e nell’ombra. Non perché le cause del dolore evocato e la sua intensità non giustificherebbero espressioni più forti e laceranti, ma perché questa pacatezza gentile è quella che esprime l’abito mentale dell’autrice, il suo stile.
Attenzione però a non scambiare la forza del silenzio per rassegnazione o l’esercizio della misura con una gentilezza espressa da un malinteso “femminile”. Cademartori è un’artista potente e orgogliosa. Così come gli uomini che non si vergognano di piangere, all’opposto ma nella stessa logica, questa artista pratica una pittura forte e anti-graziosa. In questa emancipazione dagli obblighi procedurali e dalle convenzioni, del resto, c’è tutta la seduzione dell’arte, che non è sicuramente cosa per mammole innocenti.
Come non è per anime innocenti il tema evocato: quello della guerra in Siria, di cui Aleppo è senza dubbio il simbolo, che ancora in questi giorni sta falciando a migliaia vite umane come fili di grano. Senza per altro che l’opinione pubblica occidentale presti alla cosa molta attenzione, a differenza di quanto fa in occasione delle morti (per fortuna) assai meno numerose che, a causa del terrorismo islamista, spargono sangue sull’asfalto delle metropoli europee. È ora di dire con forza e senza ipocrisia che il sangue è sangue sempre, ovunque venga sparso e il suo valore non conosce frontiere!
Oltremodo poetico il titolo di questa mostra, scelto dall’autrice stessa, che ricorda la musica di quel pianista siriano reso popolare dal web che, trainandolo su improbabili rotelle, portava in giro il suo pesante strumento tra le macerie della sua città, fermandosi ogni tanto per far salire al cielo la musica della sua ribellione alla morte e alla rovina. La città del giovane pianista non era Aleppo ma bene ha fatto questa autrice coraggiosa a scegliere il nome di questa città per rendere universale un messaggio che si scaglia contro questa guerra e contro tutte le guerre. L’apparente paradosso di un concerto di pianoforte, che lacera la coperta funebre di silenzio distesa sulle macerie di una città rasa al suolo dalle bombe, rappresenta una sollecitazione a cui Valeria non si è voluta sottrarre.
I dipinti e i monotipi realizzati di piccole, medie e grandi dimensioni, prevalentemente in bianco e nero, sono come le stazioni di una Via crucis. Hanno senso cioè se non si rompe l’unità complessiva che le lega, il loro essere un unicum. Anche questo mi piace: il preferire il tutto alla parte, il valore dell’intero senza il quale la parte non ha senso. Che è poi la grande lezione di Spinoza, di Hegel e di Marx. “Il vero è l’intero” e il processo veritativo che la Cademartori ha più o meno consapevolmente posto in essere (in arte la consapevolezza non è essenziale) aspira a raggiungere quelle verità profonde che solo la pittura può, se non svelare, per lo meno adombrare in pochi istanti.
Grande la pittura e inarrivabile, nemmeno dalla più sofisticata delle tecnologie! Come la parola, il logos di cui purtroppo oggi si fa strame. Bisognerebbe dichiarare una guerra (questa sì sarebbe giusta!) per difendere la pittura e le parole dal pericolo attualissimo che vengano cancellate o taroccate. Che cosa sarebbe – pensate – la vita senza libri, senza quadri e senza musica?
Valeria Cademartori con fierezza questa battaglia la combatte con la forza dei suoi colori non colori, il bianco ed il nero e, soprattutto, con la forza della luce. È la dialettica luce/ombra infatti che in questo suo pregevolissimo ciclo pittorico fa emergere il transito dalla non forma alla forma, dal caos al cosmos. Un transito che come vedremo non è unidirezionale.
Le curvilinee sciabolate di nero, rese potenti dal contrasto di una luce che pare aprire a una prospettiva vedutista di sapore caravaggesco, colpiscono l’osservatore per la propria informale auto-evidenza. Tuttavia, man mano che si procede nel viaggio, di cui ciascuna tela è una tappa, l’informe assume le sembianze di una donna, anzi di una figura mitologica metà animale e metà donna: una sirena. Creatura anomala che, fra terra e mare, nel suo essere metafora del tutto assume una posizione fetale e prova ad addormentarsi malgrado le macerie e la guerra.
C’è qui della pittura una grande considerazione e un rispetto che oltrepassa l’esigenza di una scelta rigida fra aniconismo e figura. Nelle tappe informali di questo viaggio pittorico, infatti, sembra liberarsi la forza di un Franz Kline curvilineo se mi è permessa la comparazione un po’spericolata. Un furore che poi si calma, come d’incanto, quando la sirena prende forma. La luce che perfora l’oscurità, però, non proviene di lato (da Dio come in Caravaggio), in questo configurando una lettura laica dei fenomeni che si manifestano come espressione di una natura naturans funestata dalla guerra.
Del resto l’uomo anche quando scatena la guerra è sempre parte e “modo” della natura. Lo è persino quando di essa mette in discussione la sopravvivenza. Ecco perché il transito tracciato da questa splendida pittrice può essere percorso anche al contrario: dalla forma all’informe, dal cosmos al caos.
Luoghi
www.artefuoricentro.it 065578101 3281353083
orario: dal martedì al venerdì dalle 17 alle 20 oppure per appuntamento