29/05/2014  al 14/09/2014

Tsibi Geva. Recent and Early Works

A cura di: Barry Schwabsky e Giorgia Calò

Tsibi Geva. Recent and Early Works
Recent and Early Works, prende le mosse dalla personale che Tsibi Geva ha presentato all’American University Museum di Washington nel 2013, e che andrà al Mönchehaus Museum di Goslar nel 2015 (Tsibi Geva. Paintings 2011-2013, a cura di Barry Schwabsky). 
L’esposizione romana, a cura di Barry Schwabsky e Giorgia Calò, raccoglie circa trenta dipinti, dagli anni ottanta fino alla sua ultima produzione, a cui si affianca una grande installazione site specific. 
L’opera di Geva, uno dei più importanti artisti israeliani contemporanei, amalgama motivi e immagini dell'ambiente israeliano e palestinese: paesaggi, architetture e frammenti urbani. Il lavoro presenta una fusione di diverse matrici culturali, etniche e politiche che creano rapporti dialogici e contemporaneamente esprimono, in toni accesi, tensioni e conflitti profondi e cruenti. “Escalation selvaggia”, così Barry Schwabsky definisce questi quadri. “La testa ci gira, sentiamo la terra tremarci sotto i piedi, il pavimento non è più un terreno stabile a cui affidarsi”. Oltre a un’angoscia esistenziale, nei dipinti è insito anche un “attacco al disegno”, una “rottura dell’ordine” e il tentativo di sconvolgere le logiche del linguaggio, dello stile e degli elementi fondamentali dell’arte figurativa. Il contrasto fra me e l’altro, che generalmente si riferisce all’arena politica, qui si traduce in una lotta interiore nell’animo dell’artista: Je est un autre, come ha scritto Rimbaud. 
Le grandi inferriate tridimensionali della serie Lattices fanno riferimento ai modelli e agli schemi tipici del tardo modernismo e dell’epoca post moderna, come anche alle versioni
popolari e alla cultura di strada improvvisata caratteristica dell’urbanesimo israeliano. Le inferriate s’intersecano, riecheggiano i dipinti murali, i graffiti recanti il motivo della keffiyah o della barriera, centrali in tutta la poetica di Geva, rivelando un’indagine sulle forme e le strutture di base della coscienza: frontiere, blocchi, carcerazioni. Come spiega Giorgia Calò: “Geva non vuole indagare i ruoli di vittima e carnefice, ma la comune sensazione di imprigionamento derivata da un'idea contorta del concetto di territorialismo, punto focale di tutta la questione”. 

“Geva non abbellisce questo luogo, non lo idealizza” scrive Barry Schwabsky, “ne copia e ricopia gli emblemi presentandolo (a noi e a se stesso) come duro, rude, difettoso, inerte, intransigente, spinoso… eppure persevera, ostinato, e tramite questa ostinazione cerca di rappacificarsi con il luogo così com’è”. 

La mostra è realizzata con il sostegno dell’Ambasciata d’Israele in Italia – Ufficio Culturale e con il patrocinio della Fondazione Italia-Israele per la Cultura e le Arti. 

 

Luoghi

  • MACRO TESTACCIO - LA PELANDA - Piazza Orazio Giustiniani, 4 - Roma - Italia
             06 671070400     06 8554090

    orario:mar - dom 16-22, la biglietteria chiude 30 minuti prima

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