Stuart Arends / Massimo Vitali
In questa mostra che aprirà la nuova stagione espositiva di Studio la Città, proporremo una selezione di fotografie di Massimo Vitali che spazieranno dalle più tradizionali “spiagge”, alle suggestive scogliere della Galizia, fino agli affollati mercati del Brasile.
Ecco come Giovanna Calvenzi, in un suo recente testo del 2014, descrive il lavoro di Vitali: una ricerca allo stesso tempo sul paesaggio e sull’antropologia di chi lo popola.
Per “scoperta del paesaggio” Vitali intendeva la sintesi tra una pratica complessa, che prevedeva l’utilizzo di raffinate e pesanti strumentazioni, e l’aderenza a una corrente cultural-creativa che in quegli anni godeva di una certa felicità. I primi importanti esercizi di visione li realizza nel 1994, sulle spiagge vicino a dove vive. Utilizza un cavalletto alto 7 metri sul quale installa se stesso, un assistente e una fotocamera di grande formato e inquadra un paesaggio che nel corso della giornata si animerà sempre di più di presenze umane.
[…]da questa altezza privilegiata – che nel tempo diventerà una costante imprescindibile della sua visione -, Vitali racconterà, oltre alle spiagge, altri luoghi di aggregazione di massa: le discoteche, le piazze, le piscine, le stazioni sciistiche, i riti e i rituali dei luoghi del tempo libero ma anche grandi aziende, stadi, palazzetti sportivi. [… ] Poi il fascino del paesaggio ha avuto il sopravvento e in anni recenti la sua attenzione non cerca più, o non soltanto, le folle ma anche la meditazione che la visione ampia e pacata dei luoghi consente. Rimane inalterato “il punto di vista del principe”, cercato caparbiamente con il macchinoso rito del montaggio del cavalletto e delle attrezzature, quasi scotto da pagare anticipatamente per il raggiungimento della creazione dell’immagine, ma la descrizione analitica dei comportamenti collettivi viene affiancata da panorami vasti, da orizzonti, dalla scoperta – nuovamente – del paesaggio.
Giovanna Calvenzi, febbraio 2014
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Stuart Arends
Kid Blocks, Boxes and Boats
Nella personale di Stuart Arends in programma a Studio la Città il prossimo autunno, sarà proposta una serie di lavori inediti, esposti in Italia per la prima volta.
L’artista si è cimentato nell’utilizzo di materiali “trovati”, intervenendo su oggetti di recupero con la sua personalissima tecnica fatta di cera e colori ad olio, per esplorare il tema del gioco ricreando le atmosfere affascinanti dei bazar e dei negozi d’antiquariato.
Arends descrive così la genesi di questa nuova serie:
Nel 1980 ho iniziato ad usare “materiali trovati”, ma lo facevo solo in determinate occasioni, normalmente non ero solito usare materiali di recupero, ad eccezione di qualche scatola, nemmeno molto vecchia. Un paio di anni fa ero in un negozio di antiquariato in Iowa per cercare dell’oggettistica per casa mia, quando ho notato un mucchio di vecchi cubi con le lettere dell’alfabeto e delle immagini in rilievo. C’era qualcosa in loro che mi incuriosiva così, quasi per un capriccio, ne ho acquistati alcuni e li ho portati in studio. Li ho lasciati su uno scaffale per un anno prima di capire che cosa avrei potuto farci. Il risultato fu quello che ora chiamo “Kid Blocks”. Si tratta di pezzi più potenti e interessanti di quanto avessi immaginato e, grazie a questo primo tentativo, sono stato poi spinto alla ricerca di altri “oggetti trovati” da portare in studio e plasmare: scatole, barchette e tante altre forme. Quindi, quello che era iniziato come una curiosità, è diventato un cambiamento di rotta nel mio lavoro che credo continuerà anche nel prossimo futuro.
Stuart Arends, 2014
Ecco come Giovanna Calvenzi, in un suo recente testo del 2014, descrive il lavoro di Vitali: una ricerca allo stesso tempo sul paesaggio e sull’antropologia di chi lo popola.
Per “scoperta del paesaggio” Vitali intendeva la sintesi tra una pratica complessa, che prevedeva l’utilizzo di raffinate e pesanti strumentazioni, e l’aderenza a una corrente cultural-creativa che in quegli anni godeva di una certa felicità. I primi importanti esercizi di visione li realizza nel 1994, sulle spiagge vicino a dove vive. Utilizza un cavalletto alto 7 metri sul quale installa se stesso, un assistente e una fotocamera di grande formato e inquadra un paesaggio che nel corso della giornata si animerà sempre di più di presenze umane.
[…]da questa altezza privilegiata – che nel tempo diventerà una costante imprescindibile della sua visione -, Vitali racconterà, oltre alle spiagge, altri luoghi di aggregazione di massa: le discoteche, le piazze, le piscine, le stazioni sciistiche, i riti e i rituali dei luoghi del tempo libero ma anche grandi aziende, stadi, palazzetti sportivi. [… ] Poi il fascino del paesaggio ha avuto il sopravvento e in anni recenti la sua attenzione non cerca più, o non soltanto, le folle ma anche la meditazione che la visione ampia e pacata dei luoghi consente. Rimane inalterato “il punto di vista del principe”, cercato caparbiamente con il macchinoso rito del montaggio del cavalletto e delle attrezzature, quasi scotto da pagare anticipatamente per il raggiungimento della creazione dell’immagine, ma la descrizione analitica dei comportamenti collettivi viene affiancata da panorami vasti, da orizzonti, dalla scoperta – nuovamente – del paesaggio.
Giovanna Calvenzi, febbraio 2014
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Stuart Arends
Kid Blocks, Boxes and Boats
Nella personale di Stuart Arends in programma a Studio la Città il prossimo autunno, sarà proposta una serie di lavori inediti, esposti in Italia per la prima volta.
L’artista si è cimentato nell’utilizzo di materiali “trovati”, intervenendo su oggetti di recupero con la sua personalissima tecnica fatta di cera e colori ad olio, per esplorare il tema del gioco ricreando le atmosfere affascinanti dei bazar e dei negozi d’antiquariato.
Arends descrive così la genesi di questa nuova serie:
Nel 1980 ho iniziato ad usare “materiali trovati”, ma lo facevo solo in determinate occasioni, normalmente non ero solito usare materiali di recupero, ad eccezione di qualche scatola, nemmeno molto vecchia. Un paio di anni fa ero in un negozio di antiquariato in Iowa per cercare dell’oggettistica per casa mia, quando ho notato un mucchio di vecchi cubi con le lettere dell’alfabeto e delle immagini in rilievo. C’era qualcosa in loro che mi incuriosiva così, quasi per un capriccio, ne ho acquistati alcuni e li ho portati in studio. Li ho lasciati su uno scaffale per un anno prima di capire che cosa avrei potuto farci. Il risultato fu quello che ora chiamo “Kid Blocks”. Si tratta di pezzi più potenti e interessanti di quanto avessi immaginato e, grazie a questo primo tentativo, sono stato poi spinto alla ricerca di altri “oggetti trovati” da portare in studio e plasmare: scatole, barchette e tante altre forme. Quindi, quello che era iniziato come una curiosità, è diventato un cambiamento di rotta nel mio lavoro che credo continuerà anche nel prossimo futuro.
Stuart Arends, 2014
Luoghi
http://www.studiolacitta.it 045 597549 045 597028
Dal martedì al sabato ore 9 - 13 e 15 - 19