Simone Cametti - Marina Paris. Mont'Oro
A cura di: Guglielmo Gigliotti
«MONT’ORO» è un progetto espositivo curato da Guglielmo Gigliotti per la galleria Montoro12 Contemporary Art, galleria sita a Roma nell’antico Palazzo Montoro. Il progetto è costituito da tre mostre bi-personali, che si svolgono tra febbraio e giugno. La mostra di Simone Cametti e Marina Paris segue quella di Gregorio Botta ed Emmanuele De Ruvo. Chiuderà il ciclo, la mostra di Bruna Esposito e Pietro Fortuna.
L’idea della mostra è figlia di un piccolo segno, un apostrofo impertinente, che ha diviso in due il nome Montoro, suscitando visioni: la montagna, l’oro, l’arte come enigmatico «palazzo» …
Spazio in/finito
Lo spazio è materiale prezioso, perché tutto ciò che avviene, avviene nello spazio. Trovare il proprio spazio, la propria dimora nel mondo è il segreto di un’esistenza pacificata. Ma gli spazi sono tanti quante sono le esistenze, perché lo spazio non è un oggetto, ma una proiezione del proprio essere nello spazio infinito dell’universo. Le arti visive sono sempre arti dello spazio, perché enucleano «luoghi» dove avviene il miracolo della visione profonda. Lì e solo lì, dice l’artista, io sono pienamente la mia opera.
Simone Cametti scala montagne, Marina Paris penetra in appartamenti abbandonati; entrambi cercano e trovano il proprio spazio. Cametti ha per pareti il cielo, Paris trova il cielo nelle pareti; ciascuno tesse addosso al proprio essere-qui una spazialità in cui cullare sguardi. Lontano fugge lo sguardo di Cametti, vicino si adagia quello di Marina Paris; la distanza è una misura del pensiero.
Simone Cametti scala montagne, raggiunge alte vette innevate, per contrassegnarle con una bandiera italiana, che fluttua ai freddi venti d’alta quota. Un simbolo di territorialità nel territorio del vento. Poi avviene lo scatto fotografico, che immortala il gesto estetico. E un titolo: il nome del monte, seguito dalla sua altitudine. Due dati essenziali e a-poetici, in cui è racchiuso il senso profondo di un’opera a-patriottica: il muoversi in alto, portare il proprio corpo verso l’aria rarefatta delle vette montane, lassù far respirare il proprio sguardo in tutte le direzioni, e impiantare un telo tricolore. E’ la componente performativa e land-artistica, il motore del vento che muove la bandiera mentale del giovane artista.
Materia prima delle osservazioni di Marina Paris sul mondo è la spazialità ridotta e definita di ambienti domestici, illustrati in sequenze grafiche e fotografiche. Stanze, corridoi, ante di porta e termosifoni, piastrelle di un bagno e reti di letto sono gli attori muti di una scena vuota. La vita che abitò quei luoghi così intimi ha lasciato i luoghi con se stessi. L’esistenza se ne è andata per far brillare la natura pura dello spazio, il valore elementare dei segni residui, il traslato simbolico del labirinto come immagine dell’inconscio. L’interno si fa interiorità, la cavità spaziale esterna trova rispecchiamento in una contro cavità di natura mentale: è il matrimonio tra le due realtà che sigilla il sogno di una totalità recuperata.
Lo spazio illimitato di Simone Cametti e lo spazio conchiuso di Marina Paris hanno in comune il silenzio e l’assenza. In entrambe le loro rappresentazioni del mondo come spazialità, manca infatti la presenza fisica dell’uomo. Dov’è finito? E’ nell’occhio di chi guarda. Gli uomini siamo noi, sono i due artisti, e tutti coloro che cercano l’oro dello spazio liberante della poesia.
L’idea della mostra è figlia di un piccolo segno, un apostrofo impertinente, che ha diviso in due il nome Montoro, suscitando visioni: la montagna, l’oro, l’arte come enigmatico «palazzo» …
Spazio in/finito
Lo spazio è materiale prezioso, perché tutto ciò che avviene, avviene nello spazio. Trovare il proprio spazio, la propria dimora nel mondo è il segreto di un’esistenza pacificata. Ma gli spazi sono tanti quante sono le esistenze, perché lo spazio non è un oggetto, ma una proiezione del proprio essere nello spazio infinito dell’universo. Le arti visive sono sempre arti dello spazio, perché enucleano «luoghi» dove avviene il miracolo della visione profonda. Lì e solo lì, dice l’artista, io sono pienamente la mia opera.
Simone Cametti scala montagne, Marina Paris penetra in appartamenti abbandonati; entrambi cercano e trovano il proprio spazio. Cametti ha per pareti il cielo, Paris trova il cielo nelle pareti; ciascuno tesse addosso al proprio essere-qui una spazialità in cui cullare sguardi. Lontano fugge lo sguardo di Cametti, vicino si adagia quello di Marina Paris; la distanza è una misura del pensiero.
Simone Cametti scala montagne, raggiunge alte vette innevate, per contrassegnarle con una bandiera italiana, che fluttua ai freddi venti d’alta quota. Un simbolo di territorialità nel territorio del vento. Poi avviene lo scatto fotografico, che immortala il gesto estetico. E un titolo: il nome del monte, seguito dalla sua altitudine. Due dati essenziali e a-poetici, in cui è racchiuso il senso profondo di un’opera a-patriottica: il muoversi in alto, portare il proprio corpo verso l’aria rarefatta delle vette montane, lassù far respirare il proprio sguardo in tutte le direzioni, e impiantare un telo tricolore. E’ la componente performativa e land-artistica, il motore del vento che muove la bandiera mentale del giovane artista.
Materia prima delle osservazioni di Marina Paris sul mondo è la spazialità ridotta e definita di ambienti domestici, illustrati in sequenze grafiche e fotografiche. Stanze, corridoi, ante di porta e termosifoni, piastrelle di un bagno e reti di letto sono gli attori muti di una scena vuota. La vita che abitò quei luoghi così intimi ha lasciato i luoghi con se stessi. L’esistenza se ne è andata per far brillare la natura pura dello spazio, il valore elementare dei segni residui, il traslato simbolico del labirinto come immagine dell’inconscio. L’interno si fa interiorità, la cavità spaziale esterna trova rispecchiamento in una contro cavità di natura mentale: è il matrimonio tra le due realtà che sigilla il sogno di una totalità recuperata.
Lo spazio illimitato di Simone Cametti e lo spazio conchiuso di Marina Paris hanno in comune il silenzio e l’assenza. In entrambe le loro rappresentazioni del mondo come spazialità, manca infatti la presenza fisica dell’uomo. Dov’è finito? E’ nell’occhio di chi guarda. Gli uomini siamo noi, sono i due artisti, e tutti coloro che cercano l’oro dello spazio liberante della poesia.
Luoghi
www.montoro12.it 06 68308500
orario: mar - sab 11-19 o su appuntamento