Simon Callery | Valentina D'Amaro
Simon Callery | Valentina D’Amaro
Entrambi gli artisti, pur da differenti punti di vista e con diverse poetiche, riflettono da anni sul tema del paesaggio, con una particolare attenzione al modo in cui esso viene percepito.
Simon Callery (Londra, Regno Unito, 1960) esplora le qualità fisiche della pittura tentando di rispecchiare l’esperienza materiale del paesaggio. Le sue tele non costituiscono “quadri” nel senso classico del termine, presentando diverse singolarità quali spazi vuoti, buchi ed elementi tridimensionali che non ne limitano l’esperienza alla sola visione. Le opere esposte da 1/9unosunove sono state realizzate proseguendo il lavoro di ricerca iniziato da Callery lo scorso inverno come Abbey Fellow in Pittura presso la British School di Roma. Attraverso un lungo processo grandi pezzi di tela imbevuti di pigmento sono entrati direttamente in contatto con diversi elementi fisici della città (rovine archeologiche, parchi periferici e acque del fiume Tevere) che li hanno marchiati e forati. Tornato in studio, l’artista ha tagliato e cucito le tele dandogli la forma di dipinti che, però, esplorano la profondità spaziale. Questi contact paintings, come li definisce lo stesso Callery, derivano dal paesaggio urbano romano e ne testimoniano le specifiche condizioni, non attraverso una convenzionale rappresentazione, ma piuttosto in termini fisici.
Valentina D’Amaro (Massa, Italia, 1966) condensa, invece, l’essenza del paesaggio naturale in immagini figurative dall’atmosfera sospesa. Il punto di partenza è la fotografia, ma utilizzata fin dall’inizio con lo “sguardo del pittore”. L’immagine dipinta trascende, infatti, la rappresentazione realistica attraverso un’elaborazione formale che trasforma il paesaggio naturale in una metafora che rimanda ad altro da sé. Da 1/9unosunove D’Amaro presenta una selezione di opere della sua ultima serie Viridis, iniziata nel 2016 come diretta evoluzione del ciclo precedente intitolato Vespro. Il colore dominante è il verde della natura incontaminata, ma quella che abbiamo davanti agli occhi non è esclusivamente pittura di paesaggio. Configurando scenari in cui non appaiono figure umane a dare vita a una dimensione narrativa, nei dipinti si produce uno stato di straniante sospensione, in risposta al quale lo spettatore è invitato ad assumere un’attitudine contemplativa e a intraprendere attraverso le proprie percezioni, per risonanza, un viaggio di riscoperta interiore.
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