Sergio Ragalzi "Scimmie urlanti"
A cura di: Elsa Agalbato
Parola alle scimmie
Prendo in mano il catalogo della mostra Scimmie di Sergio Ragalzi tenuta a L’Attico quindici anni fa. Lo sfoglio, mi soffermo sulle immagini, tutt’ora impressionanti, infine dò una scorsa al mio testo di allora. Eccone uno stralcio:
«Sono appena entrato nel suo studio e Sergio già mi srotola davanti una serie di tele recenti accatastate in una pila al suolo. Otto grandi scimmie, bianche su fondo nero, con in faccia stampata la coscienza, tutta umana, di dover morire un giorno Ecco, mi sono detto, il pittore le ha colte in questo sussulto di lucidità, allo stato nascente dell’uomo».
Oggi espongo nuovamente le medesime scimmie. Forse proprio perché continuano ad apparirci pervicacemente umane, Elsa ed io, animali teatrali, le abbiamo immaginate dotate di vocalità. Da qui è partita la nostra proposta a Sergio di abbinare la visione delle scimmie dipinte all’ascolto delle loro grida, vocalizzi, borbottii in un’alternanza calcolata di buio e luce. L’esperienza del pubblico sarebbe stata sia visiva che acustica, aggiungendo un lato partecipativo, emotivo, alla consueta contemplazione pittorica. Lui ha dato subito il suo assenso, curioso come una scimmia di rivedere le sue silenziose creature all’improvviso fattesi ciarliere. Non è forse latente in ogni artista che affronta a viso aperto la figura, Mosè o scimmia che sia, la tentazione michelangiolesca di esclamare: «perché non parli?».
Fabio Sargentini
Prendo in mano il catalogo della mostra Scimmie di Sergio Ragalzi tenuta a L’Attico quindici anni fa. Lo sfoglio, mi soffermo sulle immagini, tutt’ora impressionanti, infine dò una scorsa al mio testo di allora. Eccone uno stralcio:
«Sono appena entrato nel suo studio e Sergio già mi srotola davanti una serie di tele recenti accatastate in una pila al suolo. Otto grandi scimmie, bianche su fondo nero, con in faccia stampata la coscienza, tutta umana, di dover morire un giorno Ecco, mi sono detto, il pittore le ha colte in questo sussulto di lucidità, allo stato nascente dell’uomo».
Oggi espongo nuovamente le medesime scimmie. Forse proprio perché continuano ad apparirci pervicacemente umane, Elsa ed io, animali teatrali, le abbiamo immaginate dotate di vocalità. Da qui è partita la nostra proposta a Sergio di abbinare la visione delle scimmie dipinte all’ascolto delle loro grida, vocalizzi, borbottii in un’alternanza calcolata di buio e luce. L’esperienza del pubblico sarebbe stata sia visiva che acustica, aggiungendo un lato partecipativo, emotivo, alla consueta contemplazione pittorica. Lui ha dato subito il suo assenso, curioso come una scimmia di rivedere le sue silenziose creature all’improvviso fattesi ciarliere. Non è forse latente in ogni artista che affronta a viso aperto la figura, Mosè o scimmia che sia, la tentazione michelangiolesca di esclamare: «perché non parli?».
Fabio Sargentini
Luoghi
www.fabiosargentini.it 06 6869846