Sebastiano Mortellaro. Siege (Assedio)
A cura di: Barbara Fragogna
PASSATO CONTIGUO
di Barbara Fragogna
di Barbara Fragogna
E’ semplice. Una linea retta, da un punto all’altro, veloce, diretto, chiaro. E invece no. Indagare la natura umana, cercarne il bandolo, dispiegarla, chiarirne le ragioni nei movimenti, delle corse, dei capitomboli storici, presenti e senza dubbio futuri è uno sforzo frustrante e tipicamente assurdo. Banale. Contraddittorio. Sebastiano Mortellaro commenta e documenta con il suo lavoro allibito proprio questa capacità indefessa che ha l’uomo di reiterare i suoi errori, il morboso interesse per la supremazia e la prevaricazione, l’ansia di conquista, la compulsiva smania di sottrarre cultura ai territori conquistati con l’inganno e la boria di un senso del ridicolo mai veramente analizzato. Politiche del collezionismo d’interesse, ingiustizia tronfia.
Sebastiano parte dalla Sicilia, da Siracusa, sua città natale, luogo di appartenenza e terreno fertile di metafore, per un viaggio di riflessione sulle questioni universali di cui sopra e che riguardano anche, come allo specchio, i paesi che potenzialmente potrebbero offrire esperienze (illusioni) migliori (Italia, Europa). Siege of Syracuse è un film storico degli anni 60 che parla dell’assedio di Siracusa messo in atto dalle truppe romane nel corso della seconda guerra punica (212 a.C.) e nel quale si distinsero le innovative e impenetrabili difese progettate da Archimede. In uno dei lavori presenti in mostra alcuni footage del film sono messi in confronto con altrettante immagini della costruzione del porto turistico. Assedio è la parola/logos che caratterizza sotto svariati aspetti il lavoro dell’artista negli ultimi nove anni. E’ il pretesto per creare l’esperienza che i vari approcci possono suggerire: “inteso come attacco da parte di nazioni nei confronti di altre, o attacco ad un territorio per un fine economico che ne modifica la natura, inoltre lo si può intendere in maniera distorta come l’invasione da parte dei migranti che giungono in Europa, senza che essi riescano ad essere accettati da parte di quegli stati che precedentemente hanno razziato e seminato terrore nelle loro patrie, stati che si sono serviti di mezzi di distruzione di massa, pur di imporsi”, spiega l’artista. L’invasione stermina il desiderio di comunione, di comunicazione, un atto coercitivo violento genera scontento, si assumono posizioni di difesa aggressiva, qui nasce la follia fascista, mascella alta, testosterone da film comico, nasce l’aborto del pensiero, il grugnito del vile, dell’egocentrico collettivizzato. Macchine che costruiscono e che poi distruggono e vengono distrutte, contrapposizioni di tempi e spazi stretti, accoglienza e rigetto, riflusso apatico, morte, oblio, aperitivo prima di cena.
Una patria fittizia, l’Europa attacca pomposa, charmant, gorilla e non sa accogliere, il suo cerebro brillante e colto non sa (perché non vuole) misurare i passi, alle persone non sa dare un volto e tanto meno intelletto. Sebastiano Mortellaro, vive, fa esperienza, scopre le crune e se ne impossessa per regalarle a noi, rimbalza la palla, patata bollente, la prendo? La prendi? Bollente. C’è tutto uno sguardo circolare che scivola da un lavoro all’altro. Il ruolo dell’artista.
Assalto di politichetti senza Tempesta, la motivazione passionale è persa in cambio del misero e sciatto punto di status multinazionale. Corporations. Polverizzare e costruire alberghi sulle ossa di un cimitero portuale, ergere muri di mattoni, di non-idee, di crisi meschine e ben impiattate, monumenti castrati, strappi d’identità di paesi che non si reggono e che ne adombrano altri sottomessi alla loro caduta. I turisti prendono navi, i torturisti spacciano barconi e coperte termiche. Bravi. L’uomo in abiti folkloristici siciliani con le sue scarpine da calcio cerca di andarsene. Ma non se ne va.
Noi che siamo i cittadini, perifrasi d’eroi col riscaldamento centralizzato e la termovalvola che ci fotte, (il passaporto sempre valido ci permette 10 giorni l’anno di sollazzo), andiamo a vedere le mostre! Andiamo a conoscere: gli artisti hanno lenti speciali, semplici vetrini magici che stagliano una linea retta per correre veloce dalla domanda A alla risposta B, ad evitare l’Assedio (Siege).
Sebastiano parte dalla Sicilia, da Siracusa, sua città natale, luogo di appartenenza e terreno fertile di metafore, per un viaggio di riflessione sulle questioni universali di cui sopra e che riguardano anche, come allo specchio, i paesi che potenzialmente potrebbero offrire esperienze (illusioni) migliori (Italia, Europa). Siege of Syracuse è un film storico degli anni 60 che parla dell’assedio di Siracusa messo in atto dalle truppe romane nel corso della seconda guerra punica (212 a.C.) e nel quale si distinsero le innovative e impenetrabili difese progettate da Archimede. In uno dei lavori presenti in mostra alcuni footage del film sono messi in confronto con altrettante immagini della costruzione del porto turistico. Assedio è la parola/logos che caratterizza sotto svariati aspetti il lavoro dell’artista negli ultimi nove anni. E’ il pretesto per creare l’esperienza che i vari approcci possono suggerire: “inteso come attacco da parte di nazioni nei confronti di altre, o attacco ad un territorio per un fine economico che ne modifica la natura, inoltre lo si può intendere in maniera distorta come l’invasione da parte dei migranti che giungono in Europa, senza che essi riescano ad essere accettati da parte di quegli stati che precedentemente hanno razziato e seminato terrore nelle loro patrie, stati che si sono serviti di mezzi di distruzione di massa, pur di imporsi”, spiega l’artista. L’invasione stermina il desiderio di comunione, di comunicazione, un atto coercitivo violento genera scontento, si assumono posizioni di difesa aggressiva, qui nasce la follia fascista, mascella alta, testosterone da film comico, nasce l’aborto del pensiero, il grugnito del vile, dell’egocentrico collettivizzato. Macchine che costruiscono e che poi distruggono e vengono distrutte, contrapposizioni di tempi e spazi stretti, accoglienza e rigetto, riflusso apatico, morte, oblio, aperitivo prima di cena.
Una patria fittizia, l’Europa attacca pomposa, charmant, gorilla e non sa accogliere, il suo cerebro brillante e colto non sa (perché non vuole) misurare i passi, alle persone non sa dare un volto e tanto meno intelletto. Sebastiano Mortellaro, vive, fa esperienza, scopre le crune e se ne impossessa per regalarle a noi, rimbalza la palla, patata bollente, la prendo? La prendi? Bollente. C’è tutto uno sguardo circolare che scivola da un lavoro all’altro. Il ruolo dell’artista.
Assalto di politichetti senza Tempesta, la motivazione passionale è persa in cambio del misero e sciatto punto di status multinazionale. Corporations. Polverizzare e costruire alberghi sulle ossa di un cimitero portuale, ergere muri di mattoni, di non-idee, di crisi meschine e ben impiattate, monumenti castrati, strappi d’identità di paesi che non si reggono e che ne adombrano altri sottomessi alla loro caduta. I turisti prendono navi, i torturisti spacciano barconi e coperte termiche. Bravi. L’uomo in abiti folkloristici siciliani con le sue scarpine da calcio cerca di andarsene. Ma non se ne va.
Noi che siamo i cittadini, perifrasi d’eroi col riscaldamento centralizzato e la termovalvola che ci fotte, (il passaporto sempre valido ci permette 10 giorni l’anno di sollazzo), andiamo a vedere le mostre! Andiamo a conoscere: gli artisti hanno lenti speciali, semplici vetrini magici che stagliano una linea retta per correre veloce dalla domanda A alla risposta B, ad evitare l’Assedio (Siege).
Luoghi
http://www.fusionartgallery.net +39 3493644287