Salvatore Provino "Pagina Cosmica"
A cura di: Francesco Gallo Mazzeo - Testo di Agostino Bagnato
Signum
FrancescoGalloMazzeo
Nome è l’impronta maggiore che si possa dare ad ogni giusta, vera, persona, per portarla fuori dalla negatività, dalla assenza,intesa come dispersione, dissolvimento, dovuto alla mancata nascita o alla morte, della leva vocativa capace di sollevare caos in mondo e nel caso specifico di suscitare, la quiddità, la personalità, la spiritualità, che sta sul verbo, senza di cui non è possibile la parola, il lievito di un pensiero, l’innalzarsi metafisico, astrattivo, sulla folla visibile.
Un assolvimento cronologico, storico, necessario, per dare fondazione per dare alimento ad ogni furore, che possa essere profetico, che
possa essere rituale, che possa essere poetico, che possa essere passionale, permettendo quella generazione di idee e di forme, che possano essere atto di nascita di invisibile che diventa visibile, di potenza che si fa atto. Stile come cultura che è conoscenza e comprensione, come lo
sono storia e filosofia, unite insieme in una tensione asimmetrica, a dare profondità nello stesso momento in cui s’aspira all’atto, alla vocazione al gesto orientato, come premessa e conseguenza di una conoscenza, che è confidenza verso l’ignoto, che continua ad essere tale, anzi prosegue la sua distinzione in lungo e in largo, tanto più, quanto più s’allunga un raggio di luce e il suo diametro.
Una conferma vale una lievitazione, che è una conseguenza della vita e quindi della vitalità, che non cessa mai di dare segni, miti, di quanto sia necessario avere radici, per innalzamento e per un cammino, che deve diventare mappa, perché tutto ciò che è vuoto deve sempre confrontare il noto con l’ignoto, perché poggia su entrambi l’alternarsi di luce ed ombra, come essenzialità di ogni codice che esige la forza tetragona dell’esegesi e la leggerezza dell’allegoria.
Poetica è affiancamento dell’effimero al sostanziale, lingua e parola, più che mai essenziale, appartenente ad una metafisica delle conoscenze
che permette al contenitore spirituale di essere tale, diventando laboratorio ideale e reale della fantasia, nelle sue oscillazioni sul bello che
è misura e simmetria, sul sublime che è infinitudine e ineffabilità, ma che hanno in comune il tessuto stellare dell’armonia, che permette al piccolo di stare col grande e allo sconfinato di colloquiare con l’infinitesimale, in una misturazione alchemica e sapienziale.
Attualità come scorrimento, come temporalità, che per quanto abbia virgole e punti e cronologia discontinua e non sistematica, ha una sua propria scivolosità che fa percepire più come concettualità che non come effettività, perché nel momento dell’accadimento non è coscienza e quando diventa coscienza appartiene ad un passato, appena accennato, ma ciò nonostante, inesorabile, all’imprescindibile.
Scoperta è la ribalta dell’inattesa, una illuminazione magica, altra, nella misura temporale dell’ordinanza, originarietà di un cammino di idee e continuità che sono coperte da polvere, da caligine, da colpe e chimere, come le idee platoniche, vengono musicate, significate, visibilizzate,
tattilizzate, ammesse nel circolo delle virtù, che sono cardini per stare nel mondo, da sole, nella verticalità della mistica e della leggerezza come itineraria, nella orizzontalità, come salire montagne, andare per stelle e incontrare se stessi in forma difforme, d’uno e di tutti.
E Pluribus unum, nel segno di una ricerca continua, di una scalare immensa fede nell’universo, che contiene tutto e che muoviamo in via psicologica, per aggiungerci ed affermare certezze, dell’hic et nunc, mentre l’ignoto è in mezzo a noi, motore immobile, altro, oltre, di vita.
Nella confidenza che il tempo dei cicli stia concludendo, la rivoluzione e alla fase di discente di Kali yuga nel segno dell’acquario e subentri quello ascendente, verso l’intelligenza, la grazia, nel cuore del sapere. Specchio, non significa immobilità, tutt’altro, vuol dire sguardo mobile, magico, sulla transizione, sulla velocità di porta e trasporta, carro con una carica di attualità, che spesso non permette una vera conoscenza,
ma una presentazione a mezzo ludico e tragico, in forma tremolante di schemi che si affollano da tutte le parti, esaltando e deprimendo,
in forma plastica che non prevede assestamenti, perché lo spettacolo continua, ma non è sempre lo stesso, non è più quello, uno qualsiasi.
L’unica cosa che sappiamo è appunto, che l’ignoto si espande, è grande, sempre più grande e lo stesso concetto di perimetro diventa insignificante, macinando teorie su teorie, metafore su metafore, annunciandoci territorialità “assurde” energie oscure, rispetto a cui I tempi del cielo, della volta celeste, del firmamento erano risposte a domande e non domande (…). Enigma come universo sconosciuto che contiene imprevisti, forme e contenuti instabili, di cui non conosciamo l’origine, né il destino, lo vediamo solo un tratto di percorso, troppo breve per conoscerlo, ammesso che ci convenga farlo nostro e non averlo sempre come fascinoso orizzonte in grado di scatenare la nostra fantasia e
non farla rinchiudere in una monade, senza più porte, né finestre.
É stato oro, è stato argento, è stato bronzo, continua ad essere ferro, anche se lo chiamiamo in modi diversi, perché tratta sempre dello smarrimento, in un sublime che si espande, si espande e ci lascia con sempre nuovi interrogativi, perché tutto tende a scivolare, ma verrà un giorno, un mese, un anno, per alzare lo sguardo .
Verranno un giorno pensieri e forme, perfettamente espresse, come la verità prima che le oscurità e le profondità la coprissero e riprenderanno, in eterna primavera, con radici profonde di terra e terra, fronde e fronde, fiori e fiori, imperturbabili come firmamenti.
ATLAS COELESTIS di Salvatore Provino
Pagina cosmica è una delle prime opere della nuova impegnativa fase che Salvatore Provino immerge nella «geometria non euclidea». Avviata alla fine degli anni Settanta dopo l’impegno costruttivista e geometrico, il percorso si snoda magicamente partendo da questo dipinto di grandi dimensioni che rappresenta in effetti il gradino iniziale della lunga scala che ha portato il maestro di Bagheria alle vette dell’astrattismo contemporaneo. Si presenta come una carta geografica dell’universo, pagina di quell’Atlas coelestische costituisce l’archivio magico del creato, perché il cosmo non può essere ridotto a una pagina scritta, ma la pittura può presentare il cosmo sulla superficie, sia essa argilla come per gli assiro-babilonesi, papiro per gli egizi, pergamena per gli arabi, carta per i cinesi e poi per gli europei. Da qui il titolo Pagina cosmica, ovvero l’ambizione di racchiudere una sintesi dell’universo, per lo meno tentare.
E il tentativo riesce magicamente sotto il pennello del giovane Salvatore Provino che così ottiene di affrancarsi prepotentemente dalle forme passate e dalle scuole di riferimento. Questa tela è il risultato di una lunga osservazione della volta celeste, del cielo interiore dell’artista, della propria coscienza morale di uomo del XX secolo che si avvia alla conclusione. Osservando la grande tela si avverte il respiro del cosmo, il suo espandersi secondo l’intuizione scientifica di Albert Einstein che le ricerche più recenti sulla fisica quantistica hanno confermato e si ascolta il suono che promana dalle scaturigini della materia e dalle profondità dello spazio. Sicché tra stelle e galassie, comete e buchi neri, asteroidi e satelliti «ove per poco il cuor non si spaura», anche Salvatore Provino e noi con lui, proviamo il trepido brivido del «naufragar m’è dolce in questo mare».
Agostino Bagnato
FrancescoGalloMazzeo
Nome è l’impronta maggiore che si possa dare ad ogni giusta, vera, persona, per portarla fuori dalla negatività, dalla assenza,intesa come dispersione, dissolvimento, dovuto alla mancata nascita o alla morte, della leva vocativa capace di sollevare caos in mondo e nel caso specifico di suscitare, la quiddità, la personalità, la spiritualità, che sta sul verbo, senza di cui non è possibile la parola, il lievito di un pensiero, l’innalzarsi metafisico, astrattivo, sulla folla visibile.
Un assolvimento cronologico, storico, necessario, per dare fondazione per dare alimento ad ogni furore, che possa essere profetico, che
possa essere rituale, che possa essere poetico, che possa essere passionale, permettendo quella generazione di idee e di forme, che possano essere atto di nascita di invisibile che diventa visibile, di potenza che si fa atto. Stile come cultura che è conoscenza e comprensione, come lo
sono storia e filosofia, unite insieme in una tensione asimmetrica, a dare profondità nello stesso momento in cui s’aspira all’atto, alla vocazione al gesto orientato, come premessa e conseguenza di una conoscenza, che è confidenza verso l’ignoto, che continua ad essere tale, anzi prosegue la sua distinzione in lungo e in largo, tanto più, quanto più s’allunga un raggio di luce e il suo diametro.
Una conferma vale una lievitazione, che è una conseguenza della vita e quindi della vitalità, che non cessa mai di dare segni, miti, di quanto sia necessario avere radici, per innalzamento e per un cammino, che deve diventare mappa, perché tutto ciò che è vuoto deve sempre confrontare il noto con l’ignoto, perché poggia su entrambi l’alternarsi di luce ed ombra, come essenzialità di ogni codice che esige la forza tetragona dell’esegesi e la leggerezza dell’allegoria.
Poetica è affiancamento dell’effimero al sostanziale, lingua e parola, più che mai essenziale, appartenente ad una metafisica delle conoscenze
che permette al contenitore spirituale di essere tale, diventando laboratorio ideale e reale della fantasia, nelle sue oscillazioni sul bello che
è misura e simmetria, sul sublime che è infinitudine e ineffabilità, ma che hanno in comune il tessuto stellare dell’armonia, che permette al piccolo di stare col grande e allo sconfinato di colloquiare con l’infinitesimale, in una misturazione alchemica e sapienziale.
Attualità come scorrimento, come temporalità, che per quanto abbia virgole e punti e cronologia discontinua e non sistematica, ha una sua propria scivolosità che fa percepire più come concettualità che non come effettività, perché nel momento dell’accadimento non è coscienza e quando diventa coscienza appartiene ad un passato, appena accennato, ma ciò nonostante, inesorabile, all’imprescindibile.
Scoperta è la ribalta dell’inattesa, una illuminazione magica, altra, nella misura temporale dell’ordinanza, originarietà di un cammino di idee e continuità che sono coperte da polvere, da caligine, da colpe e chimere, come le idee platoniche, vengono musicate, significate, visibilizzate,
tattilizzate, ammesse nel circolo delle virtù, che sono cardini per stare nel mondo, da sole, nella verticalità della mistica e della leggerezza come itineraria, nella orizzontalità, come salire montagne, andare per stelle e incontrare se stessi in forma difforme, d’uno e di tutti.
E Pluribus unum, nel segno di una ricerca continua, di una scalare immensa fede nell’universo, che contiene tutto e che muoviamo in via psicologica, per aggiungerci ed affermare certezze, dell’hic et nunc, mentre l’ignoto è in mezzo a noi, motore immobile, altro, oltre, di vita.
Nella confidenza che il tempo dei cicli stia concludendo, la rivoluzione e alla fase di discente di Kali yuga nel segno dell’acquario e subentri quello ascendente, verso l’intelligenza, la grazia, nel cuore del sapere. Specchio, non significa immobilità, tutt’altro, vuol dire sguardo mobile, magico, sulla transizione, sulla velocità di porta e trasporta, carro con una carica di attualità, che spesso non permette una vera conoscenza,
ma una presentazione a mezzo ludico e tragico, in forma tremolante di schemi che si affollano da tutte le parti, esaltando e deprimendo,
in forma plastica che non prevede assestamenti, perché lo spettacolo continua, ma non è sempre lo stesso, non è più quello, uno qualsiasi.
L’unica cosa che sappiamo è appunto, che l’ignoto si espande, è grande, sempre più grande e lo stesso concetto di perimetro diventa insignificante, macinando teorie su teorie, metafore su metafore, annunciandoci territorialità “assurde” energie oscure, rispetto a cui I tempi del cielo, della volta celeste, del firmamento erano risposte a domande e non domande (…). Enigma come universo sconosciuto che contiene imprevisti, forme e contenuti instabili, di cui non conosciamo l’origine, né il destino, lo vediamo solo un tratto di percorso, troppo breve per conoscerlo, ammesso che ci convenga farlo nostro e non averlo sempre come fascinoso orizzonte in grado di scatenare la nostra fantasia e
non farla rinchiudere in una monade, senza più porte, né finestre.
É stato oro, è stato argento, è stato bronzo, continua ad essere ferro, anche se lo chiamiamo in modi diversi, perché tratta sempre dello smarrimento, in un sublime che si espande, si espande e ci lascia con sempre nuovi interrogativi, perché tutto tende a scivolare, ma verrà un giorno, un mese, un anno, per alzare lo sguardo .
Verranno un giorno pensieri e forme, perfettamente espresse, come la verità prima che le oscurità e le profondità la coprissero e riprenderanno, in eterna primavera, con radici profonde di terra e terra, fronde e fronde, fiori e fiori, imperturbabili come firmamenti.
ATLAS COELESTIS di Salvatore Provino
Pagina cosmica è una delle prime opere della nuova impegnativa fase che Salvatore Provino immerge nella «geometria non euclidea». Avviata alla fine degli anni Settanta dopo l’impegno costruttivista e geometrico, il percorso si snoda magicamente partendo da questo dipinto di grandi dimensioni che rappresenta in effetti il gradino iniziale della lunga scala che ha portato il maestro di Bagheria alle vette dell’astrattismo contemporaneo. Si presenta come una carta geografica dell’universo, pagina di quell’Atlas coelestische costituisce l’archivio magico del creato, perché il cosmo non può essere ridotto a una pagina scritta, ma la pittura può presentare il cosmo sulla superficie, sia essa argilla come per gli assiro-babilonesi, papiro per gli egizi, pergamena per gli arabi, carta per i cinesi e poi per gli europei. Da qui il titolo Pagina cosmica, ovvero l’ambizione di racchiudere una sintesi dell’universo, per lo meno tentare.
E il tentativo riesce magicamente sotto il pennello del giovane Salvatore Provino che così ottiene di affrancarsi prepotentemente dalle forme passate e dalle scuole di riferimento. Questa tela è il risultato di una lunga osservazione della volta celeste, del cielo interiore dell’artista, della propria coscienza morale di uomo del XX secolo che si avvia alla conclusione. Osservando la grande tela si avverte il respiro del cosmo, il suo espandersi secondo l’intuizione scientifica di Albert Einstein che le ricerche più recenti sulla fisica quantistica hanno confermato e si ascolta il suono che promana dalle scaturigini della materia e dalle profondità dello spazio. Sicché tra stelle e galassie, comete e buchi neri, asteroidi e satelliti «ove per poco il cuor non si spaura», anche Salvatore Provino e noi con lui, proviamo il trepido brivido del «naufragar m’è dolce in questo mare».
Agostino Bagnato
Luoghi
www.bibliothe.net 39 066781427
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