Salvatore Giunta “Decodificazioni. Opere dal 2007 al 2014”
A cura di: Gabriella Brembati - testo critico di Ida Terracciano.
Decodificazioni. Opere dal 2007 al 2014
di Ida Terracciano
La weltanschauung di Salvatore Giunta è sostanziata da una particolare capacità espressiva mirata alla restituzione essenziale e analitica dell’esistente.
Questa particolare relazione tra visione esterna e decodificazione delle cose è sicuramente maturata nel corso della sua lunga ed articolata esperienza artistica e professionale, pur conservando, quale matrice di fondo, le peculiarità di una qualità organica della visione. Lungo il suo percorso biografico si constata l’attraversamento e la costruttiva interferenza con il sistema interdisciplinare dei linguaggi culturali, dalla musica e all’espressione poetico - letteraria, con un interessante ritorno verso sconfinamenti progettuali all’interno delle arti visive.
Il patrimonio che, negli anni, l’esperienza analitica ha elaborato, ha permesso la costruzione di un sistema di rappresentazione in cui gli elementi primari della forma sono orientati a captare la luce; la ricerca delle relazioni di valore estetico, che si pone per sua stessa natura oltre le coordinate spaziali e temporali in una sintesi formata da equilibri precari, trova origine in una cultura de-costruttivista, di cui Salvatore Giunta è elettivamente testimone.
Il nucleo di opere datate tra il 2007 e il 2014 e selezionate per questa edizione presentano una parziale indipendenza linguistico - visiva rispetto al percorso precedente e attuale, pur confermando l’impianto metodologico - concettuale che caratterizza l’intera storia artistica di Giunta; in questo ciclo i materiali e i procedimenti di redazione utilizzati, tendono ad assumere, forse riconducono, a forme iconiche, cosicché, attraverso l’uso di estensioni cromatiche monocrome, pare evocato l’ambiente della salina, tra la presenza del mare e del cielo.
Il rapporto con la composizione muta ed è in particolare la linea obliqua a distendersi divenendo il confine apparente lungo cui la dimensione celeste e quella terreste sembrano toccarsi; le linee trasversali interrotte, anche su uno o più livelli, scanalate nel corpo dell’opera, mostrano simbolicamente l’orizzonte visivo di un percorso fatto lungo la costa, aprono al racconto di un attraversamento, in un tempo dilatato di luoghi evocati, contrassegnati dalla presenza di minimi elementi a pieno campo. In rapporto a queste rilevazioni introduttive, nate dai valori indipendenti che il nucleo in mostra propone rispetto al percorso estetico costruito da Giunta, si dovrà superare l’apparentemente caratterizzazione naturalistica e abbandonare la dimensione del paesaggio.
Attraverso il recupero del modus operandi racchiuso nella tecnica rinascimentale dello stiacciato, contrassegnato da variazioni minime di spessore rispetto all’effettiva dimensione presente nella realtà e tra i piani, Salvatore Giunta opera sottili combinazioni linguistiche, con l’obiettivo di porre in evidenza ed esaltare la percezione dei minimi valori formali e visivi che l’irrompere della luce mette in evidenza, incontrando le superfici dei materiali utilizzati; un fascio luminoso che individua i piani-colore, le scanalature e i segni che attraversano lo spazio, conducono alla percezione di macchine scenografico - visive e da queste alla struttura di sculture dipinte.
La relazione con il dato del paesaggio risponde di fatto ad un accesso solo evocativo all’opera di Giunta, mentre ogni singolo elaborato presente in questa raccolta, risulta costituito al di fuori dall’orizzonte naturale, bensì inserito e frutto di un processo che Filiberto Menna leggeva nel 1975; la destrutturazione analitica: “tende in sostanza a individuare le unità linguistiche di base, le varianti sistemiche a partire dalle quali diventa poi possibile costruire un nuovo discorso”, leggendo gli scritti di Cezanne in un’ottica contemporanea.
L’attenzione critica rivolta nei confronti della ricezione naturalistica e della redazione artistica suggeriscono la dimensione - einfuhlung - complessa dei processi espressivi analitico - concettuali a cui Salvatore Giunta porta uno suo specifico e significativo contributo.
Arricchiscono il valore antologico dell’esposizione milanese, qualificando i termini di una dimensione dialettica di continuità con le precedenti ricerche, una serie di opere su carta realizzate tra il 2007 e il 2012, testimoni dell’inclinazione dell’artista al confronto con altre forme espressive e aree di ricerca. In particolare l’incontro tra l’organizzazione dello spazio e la fluidità della poesia, si traduce in una produzione di opere contrassegnate dalla particolare connotazione metaforica in cui gli elementi geometrici e i segni grafici innescano quell’intenso gioco di rimandi percettivi. L’attenzione operativa alle valenze espressive del collage permette ancora esaltazioni materiche e affermazioni luminose nel confronto con i materiali, sovrapposizioni con relativi giochi d’ombra, e ancora innesti grafici, così come sapienti tracce segniche disallineate e deviate nel loro percorso annullano la continuità spaziale tra interno ed esterno dell’immagine proiettando la percezione verso un’altra dimensione temporale.
di Ida Terracciano
La weltanschauung di Salvatore Giunta è sostanziata da una particolare capacità espressiva mirata alla restituzione essenziale e analitica dell’esistente.
Questa particolare relazione tra visione esterna e decodificazione delle cose è sicuramente maturata nel corso della sua lunga ed articolata esperienza artistica e professionale, pur conservando, quale matrice di fondo, le peculiarità di una qualità organica della visione. Lungo il suo percorso biografico si constata l’attraversamento e la costruttiva interferenza con il sistema interdisciplinare dei linguaggi culturali, dalla musica e all’espressione poetico - letteraria, con un interessante ritorno verso sconfinamenti progettuali all’interno delle arti visive.
Il patrimonio che, negli anni, l’esperienza analitica ha elaborato, ha permesso la costruzione di un sistema di rappresentazione in cui gli elementi primari della forma sono orientati a captare la luce; la ricerca delle relazioni di valore estetico, che si pone per sua stessa natura oltre le coordinate spaziali e temporali in una sintesi formata da equilibri precari, trova origine in una cultura de-costruttivista, di cui Salvatore Giunta è elettivamente testimone.
Il nucleo di opere datate tra il 2007 e il 2014 e selezionate per questa edizione presentano una parziale indipendenza linguistico - visiva rispetto al percorso precedente e attuale, pur confermando l’impianto metodologico - concettuale che caratterizza l’intera storia artistica di Giunta; in questo ciclo i materiali e i procedimenti di redazione utilizzati, tendono ad assumere, forse riconducono, a forme iconiche, cosicché, attraverso l’uso di estensioni cromatiche monocrome, pare evocato l’ambiente della salina, tra la presenza del mare e del cielo.
Il rapporto con la composizione muta ed è in particolare la linea obliqua a distendersi divenendo il confine apparente lungo cui la dimensione celeste e quella terreste sembrano toccarsi; le linee trasversali interrotte, anche su uno o più livelli, scanalate nel corpo dell’opera, mostrano simbolicamente l’orizzonte visivo di un percorso fatto lungo la costa, aprono al racconto di un attraversamento, in un tempo dilatato di luoghi evocati, contrassegnati dalla presenza di minimi elementi a pieno campo. In rapporto a queste rilevazioni introduttive, nate dai valori indipendenti che il nucleo in mostra propone rispetto al percorso estetico costruito da Giunta, si dovrà superare l’apparentemente caratterizzazione naturalistica e abbandonare la dimensione del paesaggio.
Attraverso il recupero del modus operandi racchiuso nella tecnica rinascimentale dello stiacciato, contrassegnato da variazioni minime di spessore rispetto all’effettiva dimensione presente nella realtà e tra i piani, Salvatore Giunta opera sottili combinazioni linguistiche, con l’obiettivo di porre in evidenza ed esaltare la percezione dei minimi valori formali e visivi che l’irrompere della luce mette in evidenza, incontrando le superfici dei materiali utilizzati; un fascio luminoso che individua i piani-colore, le scanalature e i segni che attraversano lo spazio, conducono alla percezione di macchine scenografico - visive e da queste alla struttura di sculture dipinte.
La relazione con il dato del paesaggio risponde di fatto ad un accesso solo evocativo all’opera di Giunta, mentre ogni singolo elaborato presente in questa raccolta, risulta costituito al di fuori dall’orizzonte naturale, bensì inserito e frutto di un processo che Filiberto Menna leggeva nel 1975; la destrutturazione analitica: “tende in sostanza a individuare le unità linguistiche di base, le varianti sistemiche a partire dalle quali diventa poi possibile costruire un nuovo discorso”, leggendo gli scritti di Cezanne in un’ottica contemporanea.
L’attenzione critica rivolta nei confronti della ricezione naturalistica e della redazione artistica suggeriscono la dimensione - einfuhlung - complessa dei processi espressivi analitico - concettuali a cui Salvatore Giunta porta uno suo specifico e significativo contributo.
Arricchiscono il valore antologico dell’esposizione milanese, qualificando i termini di una dimensione dialettica di continuità con le precedenti ricerche, una serie di opere su carta realizzate tra il 2007 e il 2012, testimoni dell’inclinazione dell’artista al confronto con altre forme espressive e aree di ricerca. In particolare l’incontro tra l’organizzazione dello spazio e la fluidità della poesia, si traduce in una produzione di opere contrassegnate dalla particolare connotazione metaforica in cui gli elementi geometrici e i segni grafici innescano quell’intenso gioco di rimandi percettivi. L’attenzione operativa alle valenze espressive del collage permette ancora esaltazioni materiche e affermazioni luminose nel confronto con i materiali, sovrapposizioni con relativi giochi d’ombra, e ancora innesti grafici, così come sapienti tracce segniche disallineate e deviate nel loro percorso annullano la continuità spaziale tra interno ed esterno dell’immagine proiettando la percezione verso un’altra dimensione temporale.
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