Salvatore Fiume "A venti anni dalla scomparsa"
A cura di: Vittorio Sgarbi, Renzo Margonari, Marzio Dall’Acqua
La mostra dedicata a Salvatore Fiume (Comiso, 23 ottobre 1915 - Milano, 3 giugno 1997) è di carattere antologico ed esempli ca tutta la produzione dell’artista con il riassuntivo titolo: “FIUME A VENTI ANNI DALLA SCOMPARSA. Dipinti -Sculture - Disegni 1947-1992”.
Sarà inaugurata signi cativamente lunedì 23 ottobre (giorno della sua nascita), alle ore 17.00 presso la Casa del Mantegna a Mantova.
La rassegna, sarà a cura di Marzio Dall’Acqua, Renzo Margonari, Vittorio Sgarbi e organizzata da Augusto Agosta Tota Promossa dalla Provincia di Mantova, dalla Fondazione Salvatore Fiume e dalla Fondazione Archivio Antonio Ligabue di Parma, l’evento è patrocinato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, Regione Lombardia e Comune di Mantova. Le opere esposte – oltre cento tra dipinti, disegni e sculture – provengono dalla collezione privata dell’artista e sono state scelte dai gli Laura e Luciano Fiume, con la collaborazione della galleria Artesanterasmo di Milano.
L’esposizione segue un criterio cronologico e tematico, il più possibile rappresentativo della vasta e varia produzione di Salvatore Fiume, a partire da un gruppo “storico” di disegni degli anni ‘40, che accesero l’en tusiasmo di Ra aele Carrieri e Alberto Savinio, a ancandoli a disegni realizzati negli anni ’60 sul tema delle Lotte fra tori, dei Centauri, degli Antropotauri e della Ninfa e fauno. Contestualmente, nove tavole eseguite
da Fiume nei primi anni ‘50 per il romanzo Bernadette, dello scrittore austriaco Franz Werfel, e trenta tavole del 1959 per il romanzo storico Quo Vadis?, del premio Nobel polacco Henryk Sienkiewicz, testimoniano la profondità e l’ampiezza della preparazione classica acquisita da Salvatore Fiume in un incessante esercizio del disegno iniziato già all’ età di otto anni.
Una singolare parentesi, nella carriera di Salvatore Fiume, è costituita da quella che ormai molti conoscono come “L’avventura Queyo”, qui documentata da due oli originali e da un pannello informativo. Si tratta di un cospicuo gruppo di dipinti (circa 180) che Fiume realizzò negli anni 1947/1948 attribuendoli a un immagi- nario pittore gitano e rmandoli F. Queyo. In essi si ispirò al folklore e alla tradizione classica spagnola per eseguire una serie di “quadri di genere” (corride, chitarristi, danzatrici, accampamenti di uomini e cavalli ecc.) che furono rapidamente acquistati. La mostra di Francisco Queyo/Salvatore Fiume ebbe luogo nel 1948 alla Galleria Gussoni di Milano.
Nel 1949, alla Galleria Borromini di Milano, Fiume tenne la sua prima mostra u ciale espo-nendo un grup- po di opere che segnarono il vero inizio della sua carriera. Infatti, i dipinti di quella mostra rappresentano i primi esempi di realizzazione concreta dell’ideale pittorico che aveva scelto di perseguire: un mondo di immagini neometa siche, popolato da immense sculture/architetture allusivamente antropomorfe e zoomorfe, ispirato alla altissima lezione di Piero della Francesca e di Paolo Uccello da un lato, e a quella, meta sica, di Giorgio de Chirico, a sua volta in uenzata dalla prima. La mostra entusiasmò il mitico direttore delle colle- zioni del MoMA di New York, Alfred Barr, in quei giorni a Milano, il quale ne acquistò una per quel museo, dove fu esposta, sempre nel ’49, nella mostra Twentieth Century Italian Art, curata da lui stesso con James Soby. A Mantova ne compare ora una copia - insieme ad alcune opere originarie della mostra milanese come il Trittico del 1948 e il Ritratto della moglie Ines del ’49 – che Fiume dipinse su una fotogra a in bianco e nero stampata su tela.
I dieci dipinti sul tema della Avventure, sventure e glorie dell’antica Umbria, ora custoditi nella sede della Regione Umbria a Perugia, sono documentati nella mostra di Mantova dalla presenza di un bozzetto originale e da un pannello informativo che li contiene tutti. Fu il presidente della Perugina, Bruno Buitoni, a commissionare a Fiume l’intero ciclo dopo avere visto i quadri alla Borromini di Milano, nei quali riconobbe quella in uenza rinascimentale che poi Fiume avrebbe confermato nell’esecuzione del ciclo perugino.
La partecipazione alla Biennale di Venezia del 1950, con il trittico Isola di statue, ora custodito nelle Collezioni Vaticane di Arte Contemporanea, fu l’occasione dell’incontro di Fiume con il grande architetto Gio Ponti il quale individuò nelle costruzioni architettoniche di quel dipinto le qualità compositive necessarie alla realizzazione di enormi pannelli per alcune della grandi navi di cui stava curando l’allestimento. Ne nacquero, nel 1951, il dipinto per il salone di soggiorno del transatlantico Giulio Cesare (15 m x 3 m), esposto nell’ala del Serrone alla Villa Reale di Monza per il centenario della nascita di Salvatore Fiume e, nel 1952, i grandi pannelli (in tutto 48 m x 3 m) destinati al famoso transatlantico Andrea Doria. Ne Le Leggende d’Italia, questo il titolo dell’opera per quella nave, Fiume ra gurò la ricostruzione immaginaria di una città rinascimentale italiana, popolandone le strade, le piazze e i loggiati di riproduzioni di molti capolavori che i viaggiatori avrebbero ammirato una volta in Italia. Come tutti ormai sanno, quella meravigliosa nave italiana a ondò al largo di Nantucket, Massachusetts, nell’estate del 1956, speronata da una nave svedese. In mostra sono esposti sia un bozzetto originale di una sezione del dipinto, sia due pannelli con le immagini che docu mentano le decorazioni di entrambi i transatlantici.
Una delle passioni di Salvatore Fiume fu la pittura dei grandi maestri spagnoli Velázquez e Goya, le cui opere vide al Prado, a Madrid, nel 1958. In omaggio a quei due straordinari pittori, Fiume eseguì alcune reinterpretazioni di loro opere, traducendone lo spirito nella propria pittura. Tre di esse compaiono nella mostra di Mantova insieme a un pannello esplicativo in cui è documentato l’intero Ciclo spagnolo.
Un altro viaggio europeo da cui Fiume trasse ispirazione per un nuovo ciclo di opere, fu quello compiuto a Londra negli anni ’60, quando in quella città era esplosa la rivoluzione paci ca dei costumi e della musica. Il clima trasgressivo della Swinging London gli ispirò una serie di dipinti che lui chiamò Il ciclo dei Beat nei quali, con uno stile pittorico più libero rispetto a quello usato no ad allora, ritrasse alcuni personaggi del gruppo dei Beatles dipingendo non più sulla tela o su masonite, ma su sto a o su carta da parati. Altre volte rappresentò interi party musicali in cui regnava un’atmosfera evidentemente edonistica.
Due furono i viaggi di Fiume in Giappone, alla ne degli anni ’60 e durante gli anni ’80, a Tokyo e a Kyoto, dove fu a ascinato dal teatro Nō e dal teatro Kabuki, soprattutto dai costumi di quest’ultimo. Anche quei due viaggi suggerirono a Fiume nuovi dipinti che gli o rirono l’opportunità di innovare il suo linguaggio pittori- co. Soprattutto nei dieci dipinti realizzati nel 1989, da lui chiamati Poemi giapponesi, Fiume sperimentò una pittura ispirata alla iconogra a erotica giapponese in cui però rinunciava all’uso della prospettiva, una solu- zione per cui la sensualità degli abbracci che compongono l’intero ciclo appare decisamente sublimata. Due di tali Poemi compaiono nella mostra accompagnati da un cartello esplicativo che li documenta tutti. Nell’intervallo fra i suoi due viaggi in Giappone, Fiume si recò nell’isola di Bali, in Indonesia, dove lo colpì la pittura naïf dei pittori del luogo con la quale decise di tentare un esperimento di “pittura sulla pittura”. Ac- quistò un certo numero di quadri balinesi e vi dipinse sopra il ritratto di alcune bellezze femminili incontrate sull’isola. Ne risultarono i dipinti del Ciclo balinese in cui Fiume perseguì il doppio e etto di rendere omaggio alla cultura pittorica balinese, incorporandola nella propria, e di modi care quest’ultima in funzione di quella nuova esperienza creativa. Due esempi di “pittura balinese” compaiono nella mostra.
Un tema fondamentale nella produzione di Salvatore Fiume, secondo forse soltanto a quello delle Isole di statue, è il tema della gura femminile - spesso presente anche nel contesto delle stesse isole - la cui sensuali- tà lo a ascinava e la cui presenza attraversa una parte considerevole dei dipinti nella mostra di Mantova, da quelli degli ultimi anni ’50 intitolati Donna e toro, alla Ragazza sdraiata del 1968 e alle già menzionate gure balinesi degli anni ’70 no ai dipinti degli anni ’80 e ’90. Agli anni ’80 appartengono anche alcuni “strappi
da a resco su tela”, due dei quali presenti a Mantova, in cui la sensualità della donna è rappresentata in una forma estrema.
Anche nelle sculture la presenza della donna è spesso fondamentale, come nel Reperto archeologico e nella Ninfa e fauno, entrambi del 1992, presenti nella mostra.
Nella grande sala, con cui si conclude la mostra, gurano cinque grandi dipinti, quattro dei quali fanno parte del Ciclo delle Ipotesi, che ne annovera diciotto. In essi, sullo sfondo di immagini tipiche dell’opera di Fiume, come le Isole di statue, o accanto ad alcune sue gure femminili, compaiono elementi tratti da capolavori di pittori moderni come Picasso e De Chirico intrecciati ad elementi pittorici di maestri antichi, come Botticelli, Tintoretto, Ra aello, Rembrandt, Rubens e Velázquez. Per mezzo delle sue Ipotesi Fiume cercò di dare con- cretezza al concetto, a lui molto caro, secondo cui “l’arte è tutta contemporanea”.
Completa la mostra di Mantova, accanto alle Ipotesi, un’Isola di statue di grandi dimensioni che può essere vista come una sintesi compositiva e pittorica di gran parte dell’arte di Salvatore Fiume.
Sarà inaugurata signi cativamente lunedì 23 ottobre (giorno della sua nascita), alle ore 17.00 presso la Casa del Mantegna a Mantova.
La rassegna, sarà a cura di Marzio Dall’Acqua, Renzo Margonari, Vittorio Sgarbi e organizzata da Augusto Agosta Tota Promossa dalla Provincia di Mantova, dalla Fondazione Salvatore Fiume e dalla Fondazione Archivio Antonio Ligabue di Parma, l’evento è patrocinato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, Regione Lombardia e Comune di Mantova. Le opere esposte – oltre cento tra dipinti, disegni e sculture – provengono dalla collezione privata dell’artista e sono state scelte dai gli Laura e Luciano Fiume, con la collaborazione della galleria Artesanterasmo di Milano.
L’esposizione segue un criterio cronologico e tematico, il più possibile rappresentativo della vasta e varia produzione di Salvatore Fiume, a partire da un gruppo “storico” di disegni degli anni ‘40, che accesero l’en tusiasmo di Ra aele Carrieri e Alberto Savinio, a ancandoli a disegni realizzati negli anni ’60 sul tema delle Lotte fra tori, dei Centauri, degli Antropotauri e della Ninfa e fauno. Contestualmente, nove tavole eseguite
da Fiume nei primi anni ‘50 per il romanzo Bernadette, dello scrittore austriaco Franz Werfel, e trenta tavole del 1959 per il romanzo storico Quo Vadis?, del premio Nobel polacco Henryk Sienkiewicz, testimoniano la profondità e l’ampiezza della preparazione classica acquisita da Salvatore Fiume in un incessante esercizio del disegno iniziato già all’ età di otto anni.
Una singolare parentesi, nella carriera di Salvatore Fiume, è costituita da quella che ormai molti conoscono come “L’avventura Queyo”, qui documentata da due oli originali e da un pannello informativo. Si tratta di un cospicuo gruppo di dipinti (circa 180) che Fiume realizzò negli anni 1947/1948 attribuendoli a un immagi- nario pittore gitano e rmandoli F. Queyo. In essi si ispirò al folklore e alla tradizione classica spagnola per eseguire una serie di “quadri di genere” (corride, chitarristi, danzatrici, accampamenti di uomini e cavalli ecc.) che furono rapidamente acquistati. La mostra di Francisco Queyo/Salvatore Fiume ebbe luogo nel 1948 alla Galleria Gussoni di Milano.
Nel 1949, alla Galleria Borromini di Milano, Fiume tenne la sua prima mostra u ciale espo-nendo un grup- po di opere che segnarono il vero inizio della sua carriera. Infatti, i dipinti di quella mostra rappresentano i primi esempi di realizzazione concreta dell’ideale pittorico che aveva scelto di perseguire: un mondo di immagini neometa siche, popolato da immense sculture/architetture allusivamente antropomorfe e zoomorfe, ispirato alla altissima lezione di Piero della Francesca e di Paolo Uccello da un lato, e a quella, meta sica, di Giorgio de Chirico, a sua volta in uenzata dalla prima. La mostra entusiasmò il mitico direttore delle colle- zioni del MoMA di New York, Alfred Barr, in quei giorni a Milano, il quale ne acquistò una per quel museo, dove fu esposta, sempre nel ’49, nella mostra Twentieth Century Italian Art, curata da lui stesso con James Soby. A Mantova ne compare ora una copia - insieme ad alcune opere originarie della mostra milanese come il Trittico del 1948 e il Ritratto della moglie Ines del ’49 – che Fiume dipinse su una fotogra a in bianco e nero stampata su tela.
I dieci dipinti sul tema della Avventure, sventure e glorie dell’antica Umbria, ora custoditi nella sede della Regione Umbria a Perugia, sono documentati nella mostra di Mantova dalla presenza di un bozzetto originale e da un pannello informativo che li contiene tutti. Fu il presidente della Perugina, Bruno Buitoni, a commissionare a Fiume l’intero ciclo dopo avere visto i quadri alla Borromini di Milano, nei quali riconobbe quella in uenza rinascimentale che poi Fiume avrebbe confermato nell’esecuzione del ciclo perugino.
La partecipazione alla Biennale di Venezia del 1950, con il trittico Isola di statue, ora custodito nelle Collezioni Vaticane di Arte Contemporanea, fu l’occasione dell’incontro di Fiume con il grande architetto Gio Ponti il quale individuò nelle costruzioni architettoniche di quel dipinto le qualità compositive necessarie alla realizzazione di enormi pannelli per alcune della grandi navi di cui stava curando l’allestimento. Ne nacquero, nel 1951, il dipinto per il salone di soggiorno del transatlantico Giulio Cesare (15 m x 3 m), esposto nell’ala del Serrone alla Villa Reale di Monza per il centenario della nascita di Salvatore Fiume e, nel 1952, i grandi pannelli (in tutto 48 m x 3 m) destinati al famoso transatlantico Andrea Doria. Ne Le Leggende d’Italia, questo il titolo dell’opera per quella nave, Fiume ra gurò la ricostruzione immaginaria di una città rinascimentale italiana, popolandone le strade, le piazze e i loggiati di riproduzioni di molti capolavori che i viaggiatori avrebbero ammirato una volta in Italia. Come tutti ormai sanno, quella meravigliosa nave italiana a ondò al largo di Nantucket, Massachusetts, nell’estate del 1956, speronata da una nave svedese. In mostra sono esposti sia un bozzetto originale di una sezione del dipinto, sia due pannelli con le immagini che docu mentano le decorazioni di entrambi i transatlantici.
Una delle passioni di Salvatore Fiume fu la pittura dei grandi maestri spagnoli Velázquez e Goya, le cui opere vide al Prado, a Madrid, nel 1958. In omaggio a quei due straordinari pittori, Fiume eseguì alcune reinterpretazioni di loro opere, traducendone lo spirito nella propria pittura. Tre di esse compaiono nella mostra di Mantova insieme a un pannello esplicativo in cui è documentato l’intero Ciclo spagnolo.
Un altro viaggio europeo da cui Fiume trasse ispirazione per un nuovo ciclo di opere, fu quello compiuto a Londra negli anni ’60, quando in quella città era esplosa la rivoluzione paci ca dei costumi e della musica. Il clima trasgressivo della Swinging London gli ispirò una serie di dipinti che lui chiamò Il ciclo dei Beat nei quali, con uno stile pittorico più libero rispetto a quello usato no ad allora, ritrasse alcuni personaggi del gruppo dei Beatles dipingendo non più sulla tela o su masonite, ma su sto a o su carta da parati. Altre volte rappresentò interi party musicali in cui regnava un’atmosfera evidentemente edonistica.
Due furono i viaggi di Fiume in Giappone, alla ne degli anni ’60 e durante gli anni ’80, a Tokyo e a Kyoto, dove fu a ascinato dal teatro Nō e dal teatro Kabuki, soprattutto dai costumi di quest’ultimo. Anche quei due viaggi suggerirono a Fiume nuovi dipinti che gli o rirono l’opportunità di innovare il suo linguaggio pittori- co. Soprattutto nei dieci dipinti realizzati nel 1989, da lui chiamati Poemi giapponesi, Fiume sperimentò una pittura ispirata alla iconogra a erotica giapponese in cui però rinunciava all’uso della prospettiva, una solu- zione per cui la sensualità degli abbracci che compongono l’intero ciclo appare decisamente sublimata. Due di tali Poemi compaiono nella mostra accompagnati da un cartello esplicativo che li documenta tutti. Nell’intervallo fra i suoi due viaggi in Giappone, Fiume si recò nell’isola di Bali, in Indonesia, dove lo colpì la pittura naïf dei pittori del luogo con la quale decise di tentare un esperimento di “pittura sulla pittura”. Ac- quistò un certo numero di quadri balinesi e vi dipinse sopra il ritratto di alcune bellezze femminili incontrate sull’isola. Ne risultarono i dipinti del Ciclo balinese in cui Fiume perseguì il doppio e etto di rendere omaggio alla cultura pittorica balinese, incorporandola nella propria, e di modi care quest’ultima in funzione di quella nuova esperienza creativa. Due esempi di “pittura balinese” compaiono nella mostra.
Un tema fondamentale nella produzione di Salvatore Fiume, secondo forse soltanto a quello delle Isole di statue, è il tema della gura femminile - spesso presente anche nel contesto delle stesse isole - la cui sensuali- tà lo a ascinava e la cui presenza attraversa una parte considerevole dei dipinti nella mostra di Mantova, da quelli degli ultimi anni ’50 intitolati Donna e toro, alla Ragazza sdraiata del 1968 e alle già menzionate gure balinesi degli anni ’70 no ai dipinti degli anni ’80 e ’90. Agli anni ’80 appartengono anche alcuni “strappi
da a resco su tela”, due dei quali presenti a Mantova, in cui la sensualità della donna è rappresentata in una forma estrema.
Anche nelle sculture la presenza della donna è spesso fondamentale, come nel Reperto archeologico e nella Ninfa e fauno, entrambi del 1992, presenti nella mostra.
Nella grande sala, con cui si conclude la mostra, gurano cinque grandi dipinti, quattro dei quali fanno parte del Ciclo delle Ipotesi, che ne annovera diciotto. In essi, sullo sfondo di immagini tipiche dell’opera di Fiume, come le Isole di statue, o accanto ad alcune sue gure femminili, compaiono elementi tratti da capolavori di pittori moderni come Picasso e De Chirico intrecciati ad elementi pittorici di maestri antichi, come Botticelli, Tintoretto, Ra aello, Rembrandt, Rubens e Velázquez. Per mezzo delle sue Ipotesi Fiume cercò di dare con- cretezza al concetto, a lui molto caro, secondo cui “l’arte è tutta contemporanea”.
Completa la mostra di Mantova, accanto alle Ipotesi, un’Isola di statue di grandi dimensioni che può essere vista come una sintesi compositiva e pittorica di gran parte dell’arte di Salvatore Fiume.
Luoghi
http://www.casadelmantegna.it 0376 360506 0376 326685
orario:mar-dom 10-12.30, mer e gio 15-17, sab e dom 15-18