Robert Barry / Melissa Kretschmer
La Galleria Alfonso Artiaco è lieta di annunciare l’inaugurazione della quarta mostra di Robert Barry (le precedenti nel: 2007, 2011, 20124)
Robert Barry è nato a New York nel 1936 ed è considerato uno dei primi e più importanti esponenti dell’arte concettuale. Intorno alla metà degli anni ’60, con i suoi quadri di matrice minimal, Barry elegge ad elemento primario della sua operazione artistica l’indagine dello spazio attorno al quadro oltre che dentro il quadro stesso, così come la sua collocazione nel contesto espositivo
L’artista interroga i limiti e la natura stessa della percezione, le possibilità dei nostri sensi in rapporto con elementi spesso sconosciuti e intangibili. Da sempre, è per lui, proprio l’atto stesso di percepire, più che l’oggetto della percezione, ad essere interessante e significativo.
Dopo i primi anni di sperimentazione dove l’artista utilizza i più diversi mezzi (suoni ultrasonici, gas inerti e magnetismo) per condurre la sua ricerca artistica, agli inizi degli anni ’70 Barry decide di focalizzarsi sulla parola come veicolo unico di significati e strumento privilegiato di comunicazione.
Celebre ed esplicativa in questo senso la sua frase: “L’arte è linguaggio ed ha luogo nel linguaggio.” Quest’ultimo è quindi inteso come un insieme di simboli arbitrari che combinati secondo regole precise divengono universali, permettendo il passaggio di significati ogni qualvolta è in atto un processo di comunicazione.
La parola può essere dipinta su tela o su muro, stampata su carta, proiettata in diapositive o scolpita. Fondamentale per l’artista è l’attenzione riservata alla spazializzazione della parola, la relazione che si viene a creare tra questa e il vuoto che c’è intorno.
Lo stesso Barry nel 1968 diceva: “Il nulla mi sembra la cosa più potente al mondo.” Il linguaggio è quindi usato in termini riduttivi assolutamente semplici, spesso tautologici ma allo stesso tempo molto evocativi e rarefatti. L'artista attinge a una lista sempre in crescita, di natura generale, per costruire il suo lavoro verbale.
Davanti a una grande varietà di significati e significanti, la costante fondamentale di tutta la sua ricerca resta il fatto che tra la sua mente e lo sguardo del pubblico avviene un passaggio di sole idee e concetti, non di messaggi prestabiliti e intenzionali: un punto di arrivo e uno di partenza che diviene il vero motore creative del suo lavoro.
L’appropriazione del messaggio da parte dello spettatore avviene a più riprese: in un primo momento c’è la decodificazione delle parole che singolarmente si leggono, si seguono con lo sguardo le linee create dalla loro posizione. In un secondo momento, facendo un passo indietro si riesce a considerare l’opera nella sua totalità osservando il contesto in cui essa è inserita e la relazione che instaura con l’ambiente circostante. Dopo di che, riavvicinandosi nuovamente sono le parole centrali ad attirare l’attenzione: scorrendo ogni curva di ogni singola lettera ci si sposta dallo spazio centrale alle parole incomplete che sembrano proseguire al di fuori del supporto stesso, permettendo quindi allo spettatore di creare una conclusione personale. Come fossero frammenti dell’inconscio.
Interessante spunto di riflessione finale la citazione della celebre critica d’arte Americana Lucy Lippard: “Barry non lavora con le parole: comunica delle condizioni.”
Robert Barry è nato a New York nel 1936 ed è considerato uno dei primi e più importanti esponenti dell’arte concettuale. Intorno alla metà degli anni ’60, con i suoi quadri di matrice minimal, Barry elegge ad elemento primario della sua operazione artistica l’indagine dello spazio attorno al quadro oltre che dentro il quadro stesso, così come la sua collocazione nel contesto espositivo
L’artista interroga i limiti e la natura stessa della percezione, le possibilità dei nostri sensi in rapporto con elementi spesso sconosciuti e intangibili. Da sempre, è per lui, proprio l’atto stesso di percepire, più che l’oggetto della percezione, ad essere interessante e significativo.
Dopo i primi anni di sperimentazione dove l’artista utilizza i più diversi mezzi (suoni ultrasonici, gas inerti e magnetismo) per condurre la sua ricerca artistica, agli inizi degli anni ’70 Barry decide di focalizzarsi sulla parola come veicolo unico di significati e strumento privilegiato di comunicazione.
Celebre ed esplicativa in questo senso la sua frase: “L’arte è linguaggio ed ha luogo nel linguaggio.” Quest’ultimo è quindi inteso come un insieme di simboli arbitrari che combinati secondo regole precise divengono universali, permettendo il passaggio di significati ogni qualvolta è in atto un processo di comunicazione.
La parola può essere dipinta su tela o su muro, stampata su carta, proiettata in diapositive o scolpita. Fondamentale per l’artista è l’attenzione riservata alla spazializzazione della parola, la relazione che si viene a creare tra questa e il vuoto che c’è intorno.
Lo stesso Barry nel 1968 diceva: “Il nulla mi sembra la cosa più potente al mondo.” Il linguaggio è quindi usato in termini riduttivi assolutamente semplici, spesso tautologici ma allo stesso tempo molto evocativi e rarefatti. L'artista attinge a una lista sempre in crescita, di natura generale, per costruire il suo lavoro verbale.
Davanti a una grande varietà di significati e significanti, la costante fondamentale di tutta la sua ricerca resta il fatto che tra la sua mente e lo sguardo del pubblico avviene un passaggio di sole idee e concetti, non di messaggi prestabiliti e intenzionali: un punto di arrivo e uno di partenza che diviene il vero motore creative del suo lavoro.
L’appropriazione del messaggio da parte dello spettatore avviene a più riprese: in un primo momento c’è la decodificazione delle parole che singolarmente si leggono, si seguono con lo sguardo le linee create dalla loro posizione. In un secondo momento, facendo un passo indietro si riesce a considerare l’opera nella sua totalità osservando il contesto in cui essa è inserita e la relazione che instaura con l’ambiente circostante. Dopo di che, riavvicinandosi nuovamente sono le parole centrali ad attirare l’attenzione: scorrendo ogni curva di ogni singola lettera ci si sposta dallo spazio centrale alle parole incomplete che sembrano proseguire al di fuori del supporto stesso, permettendo quindi allo spettatore di creare una conclusione personale. Come fossero frammenti dell’inconscio.
Interessante spunto di riflessione finale la citazione della celebre critica d’arte Americana Lucy Lippard: “Barry non lavora con le parole: comunica delle condizioni.”
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La Galleria Alfonso Artiaco è lieta di annunciare l’inaugurazione della quarta mostra di Robert Barry (le precedenti nel: 2007, 2011, 20124)
Robert Barry è nato a New York nel 1936 ed è considerato uno dei primi e più importanti esponenti dell’arte concettuale. Intorno alla metà degli anni ’60, con i suoi quadri di matrice minimal, Barry elegge ad elemento primario della sua operazione artistica l’indagine dello spazio attorno al quadro oltre che dentro il quadro stesso, così come la sua collocazione nel contesto espositivo
L’artista interroga i limiti e la natura stessa della percezione, le possibilità dei nostri sensi in rapporto con elementi spesso sconosciuti e intangibili. Da sempre, è per lui, proprio l’atto stesso di percepire, più che l’oggetto della percezione, ad essere interessante e significativo.
Dopo i primi anni di sperimentazione dove l’artista utilizza i più diversi mezzi (suoni ultrasonici, gas inerti e magnetismo) per condurre la sua ricerca artistica, agli inizi degli anni ’70 Barry decide di focalizzarsi sulla parola come veicolo unico di significati e strumento privilegiato di comunicazione.
Celebre ed esplicativa in questo senso la sua frase: “L’arte è linguaggio ed ha luogo nel linguaggio.” Quest’ultimo è quindi inteso come un insieme di simboli arbitrari che combinati secondo regole precise divengono universali, permettendo il passaggio di significati ogni qualvolta è in atto un processo di comunicazione.
La parola può essere dipinta su tela o su muro, stampata su carta, proiettata in diapositive o scolpita. Fondamentale per l’artista è l’attenzione riservata alla spazializzazione della parola, la relazione che si viene a creare tra questa e il vuoto che c’è intorno.
Lo stesso Barry nel 1968 diceva: “Il nulla mi sembra la cosa più potente al mondo.” Il linguaggio è quindi usato in termini riduttivi assolutamente semplici, spesso tautologici ma allo stesso tempo molto evocativi e rarefatti. L'artista attinge a una lista sempre in crescita, di natura generale, per costruire il suo lavoro verbale.
Davanti a una grande varietà di significati e significanti, la costante fondamentale di tutta la sua ricerca resta il fatto che tra la sua mente e lo sguardo del pubblico avviene un passaggio di sole idee e concetti, non di messaggi prestabiliti e intenzionali: un punto di arrivo e uno di partenza che diviene il vero motore creative del suo lavoro.
L’appropriazione del messaggio da parte dello spettatore avviene a più riprese: in un primo momento c’è la decodificazione delle parole che singolarmente si leggono, si seguono con lo sguardo le linee create dalla loro posizione. In un secondo momento, facendo un passo indietro si riesce a considerare l’opera nella sua totalità osservando il contesto in cui essa è inserita e la relazione che instaura con l’ambiente circostante. Dopo di che, riavvicinandosi nuovamente sono le parole centrali ad attirare l’attenzione: scorrendo ogni curva di ogni singola lettera ci si sposta dallo spazio centrale alle parole incomplete che sembrano proseguire al di fuori del supporto stesso, permettendo quindi allo spettatore di creare una conclusione personale. Come fossero frammenti dell’inconscio.
Interessante spunto di riflessione finale la citazione della celebre critica d’arte Americana Lucy Lippard: “Barry non lavora con le parole: comunica delle condizioni.”
Robert Barry è nato a New York nel 1936 ed è considerato uno dei primi e più importanti esponenti dell’arte concettuale. Intorno alla metà degli anni ’60, con i suoi quadri di matrice minimal, Barry elegge ad elemento primario della sua operazione artistica l’indagine dello spazio attorno al quadro oltre che dentro il quadro stesso, così come la sua collocazione nel contesto espositivo
L’artista interroga i limiti e la natura stessa della percezione, le possibilità dei nostri sensi in rapporto con elementi spesso sconosciuti e intangibili. Da sempre, è per lui, proprio l’atto stesso di percepire, più che l’oggetto della percezione, ad essere interessante e significativo.
Dopo i primi anni di sperimentazione dove l’artista utilizza i più diversi mezzi (suoni ultrasonici, gas inerti e magnetismo) per condurre la sua ricerca artistica, agli inizi degli anni ’70 Barry decide di focalizzarsi sulla parola come veicolo unico di significati e strumento privilegiato di comunicazione.
Celebre ed esplicativa in questo senso la sua frase: “L’arte è linguaggio ed ha luogo nel linguaggio.” Quest’ultimo è quindi inteso come un insieme di simboli arbitrari che combinati secondo regole precise divengono universali, permettendo il passaggio di significati ogni qualvolta è in atto un processo di comunicazione.
La parola può essere dipinta su tela o su muro, stampata su carta, proiettata in diapositive o scolpita. Fondamentale per l’artista è l’attenzione riservata alla spazializzazione della parola, la relazione che si viene a creare tra questa e il vuoto che c’è intorno.
Lo stesso Barry nel 1968 diceva: “Il nulla mi sembra la cosa più potente al mondo.” Il linguaggio è quindi usato in termini riduttivi assolutamente semplici, spesso tautologici ma allo stesso tempo molto evocativi e rarefatti. L'artista attinge a una lista sempre in crescita, di natura generale, per costruire il suo lavoro verbale.
Davanti a una grande varietà di significati e significanti, la costante fondamentale di tutta la sua ricerca resta il fatto che tra la sua mente e lo sguardo del pubblico avviene un passaggio di sole idee e concetti, non di messaggi prestabiliti e intenzionali: un punto di arrivo e uno di partenza che diviene il vero motore creative del suo lavoro.
L’appropriazione del messaggio da parte dello spettatore avviene a più riprese: in un primo momento c’è la decodificazione delle parole che singolarmente si leggono, si seguono con lo sguardo le linee create dalla loro posizione. In un secondo momento, facendo un passo indietro si riesce a considerare l’opera nella sua totalità osservando il contesto in cui essa è inserita e la relazione che instaura con l’ambiente circostante. Dopo di che, riavvicinandosi nuovamente sono le parole centrali ad attirare l’attenzione: scorrendo ogni curva di ogni singola lettera ci si sposta dallo spazio centrale alle parole incomplete che sembrano proseguire al di fuori del supporto stesso, permettendo quindi allo spettatore di creare una conclusione personale. Come fossero frammenti dell’inconscio.
Interessante spunto di riflessione finale la citazione della celebre critica d’arte Americana Lucy Lippard: “Barry non lavora con le parole: comunica delle condizioni.”
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http://www.alfonsoartiaco.com 081 497 6072