Riccardo Luchini. Binari e nebbie
“Più volte mi sono chiesta da dove provenga il fascino della recente pittura di Riccardo Luchini, l'artista versiliese che dopo avere indagatola vita misteriosa delle cose -ritraendo forme silenti di tavoli,barattoli, bottiglie e tubi di colore- si è aperto a rappresentare altrettanto silenti stazioni ferroviarie dimesse con oscuri cavalcavia,capannoni industriali abbandonati, grattacieli e palazzi anonimi di un'improbabile,eppur reale, periferia urbana.
“Zone franche” sono state definite, queste opere, nella recente mostra tenuta alla Galleria Magenta di Milano, quasi a conferma di una pittura che con accenti di verità, ci accompagna alla scoperta di ambienti industriali nati spontaneamente e spesso, ahimè, senza un preciso progetto urbanistico, di territori di confine fra città e campagna, dei tanti luoghi senza identità che non offrono servizi al buon vivere civile. Ma quei luoghi, che nella realtà della vita allontanano e respingono, ora, nella trasposizione pittorica operata da Luchini, attraggono e seducono.Invitano ad entrare, suggerendo anche, il senso profondo della differenza fra queste e le tante altre restituzioni simili di paesaggio urbano.
E allora, in cosa consiste la ragione della magica attrazione di questi luoghi di periferie urbane dimenticate? Innanzi tutto, io credo, in una qualità pittorica originale e sapiente che obbedendo a motivazioni interiori del tutto personali fa assumere agli oggetti rappresentati un valore “altro”. E quegli oggetti si fanno simboli astratti di una realtà nascosta, una realtà fatta di solitudine e silenzio. Diventano “i non luoghi”di una metafora aggiornata che trasforma in poesia la realtà presente. Dino Carlesi nel bel saggio del 1994, inserendo Riccardo Luchini fra le presenze artistiche “più vive ed interessanti della Versilia attuale”, faceva riferimento ad una pittura ottenuta per “via di levare” piuttosto che per sovrapposizione di strati. Una pittura che, da un primitivo caos di materia e di colori, sull'esempio di Michelangelo, permette agli oggetti di manifestarsi, quasi per incanto, nella loro indubbia riconoscibilità. Poi, più di recente, la pennellata veloce e rapida ma anche corposa, si è aperta al dinamismo e alla velocità.
Una dinamicità intensa, incessante,che si fa quasi ritmo. Percorre l'intera superficie del dipinto, non lascia nessun spazio scoperto e invita a vivere gli oggetti rappresentati, mentre li invade e li coinvolge nel suo continuo pulsare. E quegli oggetti, quasi per un ulteriore gioco che medita sugli effetti ottici, nel ricordo di Seurat, si sfocano e si dissolvono, si ricompongono e si fanno riconoscibili secondo la distanza che li separa da chi li osserva.
E' nel dinamismo, acquisizione recente della sua pittura che in precedenza riportava gli oggetti nella dimensione di un magico realismo, l'altra ragione del fascino. Un dinamismo, dove la lezione futurista, certamente viva e presente, sembra trovare una sua inconsueta ed originale lettura.
Perchè se il dinamismo significava inno al progresso e fiducia nella civiltà della macchina, e se questa fiducia veniva espressa dai rossi brillanti e dagli intensi verdi di Boccioni e di Balla, non possiamo non scorgere, nella pittura di Luchini, una sorta di poetica malinconia che l'assenza della figura umana rafforza. Giocata nei toni dei marroni, dei neri e dei grigi, si fa quasi denuncia di una condizione, mentre incita a riflettere: non vi è forse, nel progresso, alienazione, solitudine, spaesamento, perdita di identità?
Ed ecco, allora, che questa pittura, pur nelle indubbie ed originali sperimentazioni futuriste, sembra tornare, coerentemente, nall'alveo di una ricerca precedente, quando l'artista donava dignità di oggetti preziosi alle cose del quotidiano e ritrovare, in quella cultura fiorita fra Milano e Viareggio intorno agli anni Sessanta, la sua più vera ed autentica fonte di ispirazione.Riemerge,cioè, nei suoi dipinti più recenti, il ricordo di quel realismo di matrice esistenziale alla cui scuola Luchini si è formato come artista. Quel realismo che descrivendo città e periferie urbane si faceva denuncia della solitudine umana e che ha lasciato il segno nelle luci polverose delle metropoli lombarde di Gianfranco Ferroni e di Sandro Luporini, nella pittura di paesaggio di Giuseppe Martinelli e di Giuseppe Banchieri.
Certamente il segno di Luchini stempera quei ricordi trasformando il realismo intriso di poesia in una dinamica e veloce lettura dell'oggi. E questo inserisce l'artista, e di diritto, nel contesto nazionale ed internazionale della cosiddetta Nuova Figurazione Italiana, il movimento aggiornato e colto che con l'ausilio di una pittura veloce, realistica, e al tempo stesso futuribile, denuncia temi attuali, indaga con attenzione il rapporto tra arte e ambiente, denuncia i danni prodotti dalla mano dell'uomo. Una pittura, dunque, nuova e aggiornata quale è quella di Luchini che saldando insieme le sue radici versiliesi a queste nuove sperimentazioni, ci offre un valore in più.
La sua pittura affascina e attrae, mentre denuncia”.
Anna Vittoria Laghi
Luoghi
0376.324260
Orario di apertura: 10.00-12.30 / 16.00-19.30. Chiuso festivi