Renato Ranaldi - Angolari, 1973-74. Scioperíi, 2015. Contenzioso, 2016
A cura di: Bruno Corà
a Galleria Il Ponte, inaugura una mostra di Renato Ranaldi in cui vengono presentati tre nuclei di opere di periodi diversi. Si parte, cronologicamente, dagli Angolari (1973-74) installati al piano interrato della galleria, lavori in cui l'accostamento di due tele crea un angolo che funziona come una quinta teatrale, dove gli oggetti che fanno da protagonisti - reali o rappresentati – sembrano sovvertire e mettere in crisi la canonica bidimensionalità del supporto pittorico in favore dell'invenzione di una spazialità non convenzionale. Al primo piano, invece, le pareti sono “tappezzate” di disegni in nerochina su carta, una selezione fra i trentadue Scioperíi raccolti nel libro omonimo, insieme ad un racconto dello stesso Ranaldi e ad una postafazione di Bruno Corà, pubblicato dalle edizioni Gli Ori nel 2016, che verrà presentato da Bruno Corà, Marco Meneguzzo e Angelika Stepken lo stesso sabato 19 novembre al Museo di Antropologia ed Etnografia di Firenze. In queste carte l'artista ha tratto una propria modalità linguistica dagli oziosi e spensierati disegnini o schizzi (denominati appunto “scioperíi”) che si articolano, in modo “burlesco”, ai margini della pagina. Questo, che potrebbe apparirci come un bizzaro termine d'invenzione, è riportato – come testimonia Bruno Corà in una lettera a Ranaldi – in un manuale di restauro ad indicare quei disimpegni grafici, fatti per gioco, a margine, commisti alla parte progettuale della sinopia e ai margini di codici e scritti notarili. Come l'artista afferma «...ho deciso per il testo biblico della pagina bianca che si lascia inquinare solo da segni come folgorazioni, razzi illuminanti ai suoi margini: gli scioperíi... La frequentazione delle regioni dubbie, rischiose, del mio cervello, trappole alle quali non so sottrarmi, è l’origine degli scioperiìi. Sono riverberi di pensieri resuscitati, chiedono venga risolto l’enigma che loro stessi hanno prodotto e non sanno sciogliere».
All'ingresso in galleria, dalla parete di fondo, si apre allo sguardo una grande opera creata appositamente per questa esposizione: Contenzioso (2016). Due tele bianche della medesima dimensione sono messe in relazione e unite da ciò che il titolo stesso dell'opera ci suggerisce essere l'oggetto di un contenzioso: un agglomerato policromo informe di colore ad olio. Ecco l'ennesimo sberleffo di Ranaldi alla centralità costitutiva dell'opera d'arte, un decentramento, uno spostamento a margine dell'attenzione e della narrazione.
Renato Ranaldi nasce nel 1941 a Firenze. Nel corso degli anni Sessanta si lega a molti artisti che gravitano nella città di Firenze, tra i quali Eugenio Miccini, Giuseppe Chiari, Ketty La Rocca, Adolfo Natalini, Gianni Pettena, Roberto Barni. Sono gli anni dei primi viaggi in Europa (Inghilterra, Francia) e negli Stati Uniti. Con Andrea Granchi e Sandro Chia condivide l’esperienza del Teatro Musicale Integrale (1967-69). Nel 1968 avviene la sua prima esperienza cinematografica con Senilix, nello stesso anno ha luogo la prima mostra personale alla galleria La Zattera di Firenze a cura di Claudio Popovich. Nel 1971 realizza il Timparmonico. Seguendo una via personale, non influenzata dalle tendenze artistiche del momento – minimalismo, pop art, arte povera – entra negli anni Settanta con un repertorio di opere al di fuori degli schemi. Sono gli anni in cui stringe amicizia con gli artisti Fernando Melani, Luciano Fabro e con il critico Bruno Corà. Nel 1980 realizza l’Archetipo, “forma delle forme”. Nel corso degli anni Ottanta, con opere di grandi dimensioni, espone in numerose mostre pubbliche e private (Modena: galleria Mazzoli; Bologna: galleria Fabibasaglia; Macerata: Pinacoteca; Firenze: Sala d’Arme di Palazzo Vecchio, Villa Romana, galleria Vivita; Malmö: Konsthall). Nel 1988 viene invitato da Giovanni Carandente alla XLIII Biennale di Venezia con una sala monografica di scultura. Dagli anni Novanta, avviene un’ulteriore trasformazione nella sua produzione plastica attraverso l’utilizzo di laminati di zinco, rame, ottone, sotto forma di superfici o di nastri con piegature ottenute con modalità meccanica. Nel 1994 ha inizio il ciclo dei telai in legno di dimensioni varie, spesso dipinti col colore blu reale. Nella decade dei Novanta si compie altresì il ciclo della “pittura scolpita”. In questi anni si segnalano esposizioni personali in gallerie private e in musei in Italia (Ravenna: Pinacoteca comunale; Firenze: galleria Gentili; Perugia: Opera; Pistoia: Palazzo Fabroni; Carrara: Accademia di Belle Arti) e all’estero (Los Angeles: Convention Center; Parigi: Gran Palais, FIAC; Fresnes: Maison d’Art Contemporain Chaillioux; Vienna, galleria Christine König). Nel 2002 dà alle stampe il libro La misura. La rotazione, il ritorno, opera che emblematizza l’idea di crisi di identità artistica, per la nuova collana de I libri di AEIOU. Tra le esposizioni degli ultimi anni si ricordano quella del 2005 alla Galleria Il Ponte di Firenze, dal titolo Parusie (costituita da ben 826 piccoli disegni), legata al volume curato da Bruno Corà con lo stesso titolo, vero repertorio del piccolo disegno. Nello stesso anno al CAMeC di La Spezia, col titolo Dispositivi per l’ora d’aria, presenta alcune grandi sculture-installazioni in cui è evidente il sentimento di ‘rischio’ derivato dal mettere in ‘bilico’ le forme; infine Quijotesca, all’Istituto Cervartes di Parigi, dove presenta l'opera Bilico d’i’ciuho e la berva con i suoi arredi. Partecipa ad importanti rassegne internazionali d'Arte contemporanea: Exempla 2 (Teramo, Pinacoteca Civica); Grande segno cantato (Gubbio, Palazzo Ducale); nel 2006, XII Biennale internazionale di scultura La contemporaneità dell'arte (Carrara, Museo della scultura); Joke, Satire, Irony and serious meaning (Murska Sobota (Slovenia), galleria d'Arte moderna di Murska Sobota); nel 2009, Costanti del classico nell'Arte del XX e XXI secolo (Catania, Palazzo Valle); nel 2010, Il grande gioco. Forme d'arte in Italia 1959-1972 (Milano, Rotonda della Besana). Fino al 2016 é così un sessuguirsi e alternarsi di esposizioni in spazi privati e pubblici, tra le quali si annoverano: Fuoriasse Fuoriquadro, Galleria Il Ponte e Arte torna arte, Galleria dell'Accademia (Firenze, 2011 e 2012); Fuoricarta, Galleria Peccolo (Livorno, 2014); Au rendez-vous des amis, palazzo Vitelli a S.Egidio e Ex Seccatoi del Tabacco (Città di Castello, 2015); Books + papers, Christine Koenig Galerie (Vienna, 2015); La lotteria cieca del Trìscopo, Fondazione Mudima (Milano) e Scioperii, Galleria Il Ponte (Firenze, 2016). Alla costante attività espositiva si affianca un lavoro editoriale con presentazioni di suoi libri, quali Tebaide, Gli Ori editore (2010, Celle - Pistoia); Calamaio mistico, Le lettere editore (2014, Biblioteca Marucelliana, Firenze), oltre alla partecipazione con molti saggi su riviste di arte e letteratura.
All'ingresso in galleria, dalla parete di fondo, si apre allo sguardo una grande opera creata appositamente per questa esposizione: Contenzioso (2016). Due tele bianche della medesima dimensione sono messe in relazione e unite da ciò che il titolo stesso dell'opera ci suggerisce essere l'oggetto di un contenzioso: un agglomerato policromo informe di colore ad olio. Ecco l'ennesimo sberleffo di Ranaldi alla centralità costitutiva dell'opera d'arte, un decentramento, uno spostamento a margine dell'attenzione e della narrazione.
Renato Ranaldi nasce nel 1941 a Firenze. Nel corso degli anni Sessanta si lega a molti artisti che gravitano nella città di Firenze, tra i quali Eugenio Miccini, Giuseppe Chiari, Ketty La Rocca, Adolfo Natalini, Gianni Pettena, Roberto Barni. Sono gli anni dei primi viaggi in Europa (Inghilterra, Francia) e negli Stati Uniti. Con Andrea Granchi e Sandro Chia condivide l’esperienza del Teatro Musicale Integrale (1967-69). Nel 1968 avviene la sua prima esperienza cinematografica con Senilix, nello stesso anno ha luogo la prima mostra personale alla galleria La Zattera di Firenze a cura di Claudio Popovich. Nel 1971 realizza il Timparmonico. Seguendo una via personale, non influenzata dalle tendenze artistiche del momento – minimalismo, pop art, arte povera – entra negli anni Settanta con un repertorio di opere al di fuori degli schemi. Sono gli anni in cui stringe amicizia con gli artisti Fernando Melani, Luciano Fabro e con il critico Bruno Corà. Nel 1980 realizza l’Archetipo, “forma delle forme”. Nel corso degli anni Ottanta, con opere di grandi dimensioni, espone in numerose mostre pubbliche e private (Modena: galleria Mazzoli; Bologna: galleria Fabibasaglia; Macerata: Pinacoteca; Firenze: Sala d’Arme di Palazzo Vecchio, Villa Romana, galleria Vivita; Malmö: Konsthall). Nel 1988 viene invitato da Giovanni Carandente alla XLIII Biennale di Venezia con una sala monografica di scultura. Dagli anni Novanta, avviene un’ulteriore trasformazione nella sua produzione plastica attraverso l’utilizzo di laminati di zinco, rame, ottone, sotto forma di superfici o di nastri con piegature ottenute con modalità meccanica. Nel 1994 ha inizio il ciclo dei telai in legno di dimensioni varie, spesso dipinti col colore blu reale. Nella decade dei Novanta si compie altresì il ciclo della “pittura scolpita”. In questi anni si segnalano esposizioni personali in gallerie private e in musei in Italia (Ravenna: Pinacoteca comunale; Firenze: galleria Gentili; Perugia: Opera; Pistoia: Palazzo Fabroni; Carrara: Accademia di Belle Arti) e all’estero (Los Angeles: Convention Center; Parigi: Gran Palais, FIAC; Fresnes: Maison d’Art Contemporain Chaillioux; Vienna, galleria Christine König). Nel 2002 dà alle stampe il libro La misura. La rotazione, il ritorno, opera che emblematizza l’idea di crisi di identità artistica, per la nuova collana de I libri di AEIOU. Tra le esposizioni degli ultimi anni si ricordano quella del 2005 alla Galleria Il Ponte di Firenze, dal titolo Parusie (costituita da ben 826 piccoli disegni), legata al volume curato da Bruno Corà con lo stesso titolo, vero repertorio del piccolo disegno. Nello stesso anno al CAMeC di La Spezia, col titolo Dispositivi per l’ora d’aria, presenta alcune grandi sculture-installazioni in cui è evidente il sentimento di ‘rischio’ derivato dal mettere in ‘bilico’ le forme; infine Quijotesca, all’Istituto Cervartes di Parigi, dove presenta l'opera Bilico d’i’ciuho e la berva con i suoi arredi. Partecipa ad importanti rassegne internazionali d'Arte contemporanea: Exempla 2 (Teramo, Pinacoteca Civica); Grande segno cantato (Gubbio, Palazzo Ducale); nel 2006, XII Biennale internazionale di scultura La contemporaneità dell'arte (Carrara, Museo della scultura); Joke, Satire, Irony and serious meaning (Murska Sobota (Slovenia), galleria d'Arte moderna di Murska Sobota); nel 2009, Costanti del classico nell'Arte del XX e XXI secolo (Catania, Palazzo Valle); nel 2010, Il grande gioco. Forme d'arte in Italia 1959-1972 (Milano, Rotonda della Besana). Fino al 2016 é così un sessuguirsi e alternarsi di esposizioni in spazi privati e pubblici, tra le quali si annoverano: Fuoriasse Fuoriquadro, Galleria Il Ponte e Arte torna arte, Galleria dell'Accademia (Firenze, 2011 e 2012); Fuoricarta, Galleria Peccolo (Livorno, 2014); Au rendez-vous des amis, palazzo Vitelli a S.Egidio e Ex Seccatoi del Tabacco (Città di Castello, 2015); Books + papers, Christine Koenig Galerie (Vienna, 2015); La lotteria cieca del Trìscopo, Fondazione Mudima (Milano) e Scioperii, Galleria Il Ponte (Firenze, 2016). Alla costante attività espositiva si affianca un lavoro editoriale con presentazioni di suoi libri, quali Tebaide, Gli Ori editore (2010, Celle - Pistoia); Calamaio mistico, Le lettere editore (2014, Biblioteca Marucelliana, Firenze), oltre alla partecipazione con molti saggi su riviste di arte e letteratura.
Luoghi
http://www.galleriailponte.com 055 240617 055 5609892
orario: lun-ven 15.30-19; sab su appuntamento