Rachele Maistrello "Stella Maris"

In questo lavoro Rachele Maistrello varca la soglia invisibile che esiste tra il mondo dei giovani, dei sani, e quello della casa di cura, confrontandosi con i sogni, le memorie e le fantasie dei suoi abitanti. Cercando di dare forma all’ultima età della vita, l’artista tenta di azzerarne i limiti fisici e mentali che essa comporta. La casa di cura Stella Maris appare come una terra di mezzo, galleggiante tra il mare Adriatico e la laguna di Venezia e il suo nome, “Stella del mare”, è simbolo di luce che guida tra le intemperie i naviganti. Attraverso l’interazione con gli ospiti della clinica e utilizzando materiali prelevati nell’ambiente circostante, Rachele Maistrello immagina un magico accordo tra il passato e il presente della vita di queste persone, adeguandosi ad un loro ritmo e rovesciando così il suo punto di osservazione del mondo.
Nella prima fase d’incontro con gli abitanti di Stella Maris, è proprio l’orizzonte visivo che osservano dalle loro finestre, ad essere materia di elaborazione per l’artista: un orizzonte acquatico e ipnotico, rielaborato poi attraverso forme astratte, che, una volta installate nel mare aperto, vengono fotografate tramite banco ottico per confluire in fotografie di grande formato dalla temporalità doppia e incerta. La raccolta dei materiali passa però anche attraverso lunghe interviste, esercizi di libera immaginazione e disegni. Rachele cerca in tal modo di costruire un vero e proprio “atlante della memoria”, individuando figure simboliche e pensieri quotidiani che, successivamente collezionati in forma anonima in un libro d’artista e incisi in una stele di acciaio inossidabile, diventano “porte d’ingresso” inscalfibili dalle intemperie e dal tempo.
Dopo circa un anno dalla realizzazione del primo gruppo di opere, l’artista aggiunge un nuovo capitolo al lavoro del 2017. Allestisce una camera oscura nel suo studio e utilizza i disegni degli ospiti di Stella Maris, realizzati su carta trasparente, come se fossero dei negativi. I fotogrammi e fotografie ai sali d’argento a tiratura unica che ne nascono, sono dei tentativi di tenere in vita delle figure che sembravano già chiuse ed archiviate, e dei modi per riflettere sul concetto stesso di memoria.
Da un disegno si creano così tante matrici, uniche e diverse, che si ripetono come degli ex voto. Ad un anno di distanza, il processo dell’artista si allontana sempre di più dall’autorialità, per diventare mezzo di avvicinamento a una dimensione spirituale, capace solo di essere accennata in un processo deliberatamente aperto e non concluso.
Prodotto grazie a Palladio SPA, Alfredo Tiso e Figli e ospedale San Camillo, Venezia. Realizzato in ambito di Alchimie culturali 2018, Fondazione Bevilacqua La Masa. Produzione fotografica in collaborazione con Marco Maria Zanin.
Luoghi
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