17/05/2005  al 03/06/2005

TERESA POLLIDORI: Profili critici

TERESA POLLIDORI: Profili critici

La documentazione fotografica, oltre alla raccolta della rassegna stampa relativa agli eventi e alle riprese video che li riguardano, solitamente è pratica costante intrapresa da tutti gli spazi culturali, espositivi e non, utilizzata per ricordare, e storicizzare, manifestazioni e mostre che lì si succedono. La stessa logica quindi presiedeva le foto dell’inaugurazione dello scorso ottobre della mostra di Paolo Angelosanto ad Arte Fuori Centro. Tuttavia, stagliandosi in primo piano in una di queste scattate da Teresa Pollidori le sagome nere riconoscibili dei profili critici di Mario De Candia e di chi scrive, profilate sullo sfondo degli autoritratti di struggente devozione da ex-voto dell’artista Angelosanto, da qui, la Pollidori, artista eclettica peraltro dedita anche alla fotografica essendo autrice dei documenti digitali di Arte Fuori Centro, sebbene non solo di quelli, traeva l’idea di questa mostra il cui titolo, Profili critici, appunto, è assertivo del paradosso sorprendente sotteso all’operazione intenzionalmente ludica, come spesso si riscontra anche nella sottile ironia di molte altre sue opere. Le cinquanta foto da lei presentate convertite tutte nello stesso formato di 20X20 centimetri, scelte tra le numerose scattate in cinque anni di attività della galleria, destituite della loro funzione prevalentemente documentaria e manipolate al computer con la sapienza di chi conosce la pittura, stravolgono e scambiano ruoli a cui l’artista attribuisce di volta in volta valori diversi. L’immagine è quindi solo pretesto iniziale per stabilire scelte di priorità d’importanza in certe foto date ai soggetti che guardano piuttosto che a ciò che si guarda, oppure per decidere di trasferire certi eventi in altri avvenuti in tempi diversi per creare lo spaesamento conseguente all’ incontro di persone in realtà avvenuto altrove. La tecnologia consente tutto questo, come l’esaltazione dei contrari ottenuta sovradimensionando artificialmente le sagome divenute semitrasparenti di due visitatori della mostra di Rea visti di spalle, attraverso cui si intravedono soggetti mitici di ridotte proporzioni composti in serie dall’artista su quella parete. Ma la tecnologia consente anche, riferendoci all’interpolazione di situazioni e persone, l’impossibile incontro, in quanto mai avvenuto in quell’occasione, del critico Pericle Guaglianone, sempre con chi scrive, alla mostra dell’artista Giuliano Mammoli. Come dire, un intrigante falso d’autore ammannito dalla Pollidori come elemento spiazzante a suggerire la potenziale disponibilità degli eventi all’attraversamento trasversale di situazioni diverse.

Non casualmente indotto anche dall’allestimento della mostra, in cui le foto disposte su due pareti come fotogrammi di una pellicola che si sviluppa a nastro, suggeriscono il divenire temporale degli eventi come pure la loro potenziale promiscuità, nel cui contesto nulla è a sé stante o portatore di significati univoci. In questi fotogrammi di un racconto in divenire costruito per parti, ognuna delle quali è predisposta naturalmente al paradosso e all’azzardo, le persone sono spesso viste di spalle o di profilo, e i volti qualche volta sembrano scelti per confrontarsi con ciò che hanno alle spalle - è il caso del profilo antico di una persona davanti ad un lavoro di Minou Amirsoleimani o del viso di Loredana Rea che sembra fondersi con un rilievo di questa stessa artista di cui fu il curatore della mostra – fungendo anch’essi da primo piano, come le sagome profilate di cui si è detto. Nei fotogrammi, quando a prevalere è invece ciò che si guarda, il primo piano in precedenza come si è visto occupato dalle persone-sagoma, di diritto è conquistato dalle opere che vi si accampano. In quest’ottica in una foto i diaframmi trasparenti delle sculture della Capponi fungono da primo piano attraverso cui intravedere lei che conversa con il critico Guaglianone, così come in un altro fotogramma che la riguarda le colle sfilacciate di Borea, un altro suo lavoro, fanno da quinta, velario semitrasparente dietro cui passare. Teresa Pollidori attiva evidentemente il suo occhio d’artista come occhio fotografico educato alla visione. Per questo può conferire qualità pittoriche a foto scattate inizialmente per scopi documentari caricandole di ironia e ludicità solitamente estranei ad immagini nate per finalità diverse. In questo consiste la trasformazione di una semplice foto documento nel fotogramma di una storia in itinere, il cui racconto sviluppato a nastro sulla pellicola virtuale che si snoda su due sole pareti di Arte Fuori Centro, crea possibilità combinatorie e di interpolazione narrative fra fotogrammi potenzialmente infinite. L’elaborazione tecnologica la supporta inoltre per caricare maggiormente particolari punti d’osservazione, colti esaltando pause di rilassamento di chi non si sente osservato: l’attimo di abbandono su di una sedia; la lettura di un comunicato stampa eletto guida di comprensione dei modellini plastici della Casa di Giulia di Guido Pecci; lo sguardo di muta interrogazione di colui che non si spiega con le leggi statiche le fluttuazioni aeree delle cartapeste di Anna Dorsa ; gli atteggiamenti così naturali della Dorsa stessa, liberamente espressi in un pittoresco linguaggio gestuale con il poeta Giannotta, che probabilmente non sarebbero stati tali, e così suoi, se si fosse sentita osservata. Facendoci cogliere tra questi attimi privati anche quei brani di colloqui tra persone che divagano non necessariamente assorti solo nelle logiche valutative ed interpretative delle opere oggetto di quella singola mostra. Fotogrammi, dunque, di storie scambievoli tra loro di un film che ipotizza, a volte facendolo, di fonderli insieme posponendo o rovesciando situazioni che esorcizzino la formula decisamente troppo stretta fissata dell’unità di tempo, di luogo e di azione. Momenti, allora, colti tra documento, interpretazione e stravolgimento di quegli stessi eventi che sono la personale lettura di Teresa Pollidori dei cinque anni di attività di Arte Fuori Centro. Cinquanta fotogrammi scelti per narrare il dentro e fuori, ciò che si vede e ciò che va oltre, per suggerire che spezzoni di momenti, attimi rubati a singoli e precisi avvenimenti, con un montaggio sapiente possono diventare “storia di tutte le storie”.


Luoghi

  • Studio Arte Fuori Centro - Via e. bombelli, 22 - 00149 Roma
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