Pericle Fazzini. Antologica dell’opera grafica
Sabato 10 dicembre 2016, alle ore 16:30, a Castronuovo Sant’Andrea, nelle sale del MIG Museo Internazionale della Grafica - Biblioteca Comunale “Alessandro Appella” - Atelier “Guido Strazza”, si inaugura la mostra antologica dell’opera grafica di Pericle Fazzini, che continua il lavoro di informazione iniziato il 20 agosto 2011 con la storia della grafica europea e proseguito con le personali di Degas, Renoir, Bonnard, Matisse, Bernard, Mirò, Dufy, Picasso, Calder, Ben Shann, Secessione di Berlino, Pechstein, Zadkine, Marcoussis, Assadour, Henri Goetz, Gentilini, Strazza, Accardi, Ciarrocchi, Consagra, Melotti, Maccari, Anselmo Bucci, Perilli, Raphaël, Del Pezzo, Mascherini, Bartolini, Marino, Azuma, Guarienti, Richter, Viviani, Arp, Viani e l’ “Omaggio a Breton” che ripercorreva la storia del Surrealismo.
Marchigiano autentico, profondamente impegnato nel suo lavoro, Pericle Fazzini è il prototipo degli di uomini che “si sono fatti da sé”, con costante sacrificio e coscienza d'affermazione. Scultore prima di tutto, ha plasmato, intrecciato, piegato, accarezzato forme via via sempre più precise, sempre più dinamiche, sempre più vive, fedele ad un atteggiamento psicologico che, già nel 1932, appena diciannovenne, aveva espresso in un pensiero lampante: “quando io concepisco le figure umane in scultura, le penso come se fossero formate dall'aria e non facenti parte di essa come noi mortali”. Oggi, a distanza di tempo, ci accorgiamo che si trattava di una vera e propria dichiarazione di poetica, profondamente legata ad una religiosità di base secondo cui “ogni statua è una preghiera”. È chiaro che Fazzini identificava l'aria con lo spirito, con l'anima dell'universo, risolvendo così, a suo modo, l'aspirazione all'eternità. Non a caso, Ungaretti lo definì “lo scultore del vento”, mentre la sua compagna, Anita Buy, riconosceva che “la sua scultura doveva essere vicina a Dio”.
Tra gli l'interessi iniziali di Fazzini, bisogna ricordare quello della ritrattistica, dettata dal piacere di lavorare insieme agli amici, artisti e poeti, che frequentavano, numerosi, il suo studio di via Margutta a Roma. Nel Ritratto di Birolli, nel Ritratto di Anita, e in quelli di Dario Sabatello, di Ungaretti, di Sibilla Aleramo o dello scultore Aurelio De Felice, riuscì a cogliere, oltre che la pura somiglianza somatica, soprattutto il carattere e l’anima della persona. E proprio questa necessità di non restare in superficie lo differenzia dagli altri artisti a lui contemporanei (Ziveri, Cagli, Turcato, Corpora, Guttuso), frequentatori assidui del suo studio. Fazzini sentiva diversamente, era pervaso da un profondo senso mistico e religioso che nessuno di quei giovani artisti, presi dai problemi delle tendenze e delle tecniche, assai dibattuti in quegli anni di rinnovamento, sentiva. Pur se legato all’Art Club, non seguiva alcun movimento specifico, restando sempre se stesso. Amava profondamente la scultura di Arturo Martini, Alberto Giacometti ed Henry Moore, stimava sia gli astrattisti che i figurativi, pensando però che le opere astratte dovevano avere l'odore dell'umano e quelle figurative l'odore dell'astratto.
L'opera certamente più nota di Pericle Fazzini è il complesso plastico che fa da fondale scenico dell’Aula Paolo VI (anche conosciuta come Aula Nervi dal nome del suo progettista), la grande Resurrezione di Cristo, che ha per committente il più alto rappresentante della cristianità, Papa Paolo VI. Fazzini la realizzò lavorando per cinque anni, dal 1970 al 1975, all’interno della Chiesa di San Lorenzo in Piscibus, inaugurandola il 28 settembre 1977 alla presenza di Paolo VI. L’idea dello scultore fu quella di esprimere, in una esplosione fiammeggiante di luce, il momento luminoso e dinamico della Resurrezione di Cristo. Al centro di un groviglio caotico e indefinito di elementi naturali (rocce, rami secchi e radici) che verso l’esterno, in una sorta di esplosione, si trasformano in nuvole e saette per rendere l’idea della morte nella sua potenza distruttiva, emerge l’immagine del Cristo risorto, esile figura dal volto sofferente e incorniciato da lunghi capelli e una folta barba mossi dal vento. Tale committenza, lo rese l'artista più noto e apprezzato del Novecento, e l'opera fu considerata il punto di approdo di tutta la sua ricerca. Non a caso, è forse l’opera d’arte più vista al mondo.
Fondamentale, in Fazzini, è il disegno, intimamente legato alla scultura “come la gestazione di una creatura”. Al disegno si lega l’impegno nel campo della grafica moltiplicata, ora litografia su pietra, ora incisione su zinco che questa mostra sintetizza in 60 fogli datati 1936 – 1985, che ripercorrono o anticipano tutti i suoi temi, e in vari libri d’artista. Il disegno gli è necessario per cogliere il movimento dei suoi personaggi e per fermare i propri pensieri, ora modellato violento, ora fitta ragnatela, ora unico potente segno di penna a racchiudere il mondo della statua in fieri.
La mostra, è corredata da libri, cataloghi, filmati, immagini e documenti, utili a far capire il mondo espressivo di Pericle Fazzini e le loro correlazioni. Rimarrà aperta fino al 10 marzo 2017, tutti i giorni, escluso il lunedì, dalle ore 17.00 alle ore 20.00 (la mattina per appuntamento).
Marchigiano autentico, profondamente impegnato nel suo lavoro, Pericle Fazzini è il prototipo degli di uomini che “si sono fatti da sé”, con costante sacrificio e coscienza d'affermazione. Scultore prima di tutto, ha plasmato, intrecciato, piegato, accarezzato forme via via sempre più precise, sempre più dinamiche, sempre più vive, fedele ad un atteggiamento psicologico che, già nel 1932, appena diciannovenne, aveva espresso in un pensiero lampante: “quando io concepisco le figure umane in scultura, le penso come se fossero formate dall'aria e non facenti parte di essa come noi mortali”. Oggi, a distanza di tempo, ci accorgiamo che si trattava di una vera e propria dichiarazione di poetica, profondamente legata ad una religiosità di base secondo cui “ogni statua è una preghiera”. È chiaro che Fazzini identificava l'aria con lo spirito, con l'anima dell'universo, risolvendo così, a suo modo, l'aspirazione all'eternità. Non a caso, Ungaretti lo definì “lo scultore del vento”, mentre la sua compagna, Anita Buy, riconosceva che “la sua scultura doveva essere vicina a Dio”.
Tra gli l'interessi iniziali di Fazzini, bisogna ricordare quello della ritrattistica, dettata dal piacere di lavorare insieme agli amici, artisti e poeti, che frequentavano, numerosi, il suo studio di via Margutta a Roma. Nel Ritratto di Birolli, nel Ritratto di Anita, e in quelli di Dario Sabatello, di Ungaretti, di Sibilla Aleramo o dello scultore Aurelio De Felice, riuscì a cogliere, oltre che la pura somiglianza somatica, soprattutto il carattere e l’anima della persona. E proprio questa necessità di non restare in superficie lo differenzia dagli altri artisti a lui contemporanei (Ziveri, Cagli, Turcato, Corpora, Guttuso), frequentatori assidui del suo studio. Fazzini sentiva diversamente, era pervaso da un profondo senso mistico e religioso che nessuno di quei giovani artisti, presi dai problemi delle tendenze e delle tecniche, assai dibattuti in quegli anni di rinnovamento, sentiva. Pur se legato all’Art Club, non seguiva alcun movimento specifico, restando sempre se stesso. Amava profondamente la scultura di Arturo Martini, Alberto Giacometti ed Henry Moore, stimava sia gli astrattisti che i figurativi, pensando però che le opere astratte dovevano avere l'odore dell'umano e quelle figurative l'odore dell'astratto.
L'opera certamente più nota di Pericle Fazzini è il complesso plastico che fa da fondale scenico dell’Aula Paolo VI (anche conosciuta come Aula Nervi dal nome del suo progettista), la grande Resurrezione di Cristo, che ha per committente il più alto rappresentante della cristianità, Papa Paolo VI. Fazzini la realizzò lavorando per cinque anni, dal 1970 al 1975, all’interno della Chiesa di San Lorenzo in Piscibus, inaugurandola il 28 settembre 1977 alla presenza di Paolo VI. L’idea dello scultore fu quella di esprimere, in una esplosione fiammeggiante di luce, il momento luminoso e dinamico della Resurrezione di Cristo. Al centro di un groviglio caotico e indefinito di elementi naturali (rocce, rami secchi e radici) che verso l’esterno, in una sorta di esplosione, si trasformano in nuvole e saette per rendere l’idea della morte nella sua potenza distruttiva, emerge l’immagine del Cristo risorto, esile figura dal volto sofferente e incorniciato da lunghi capelli e una folta barba mossi dal vento. Tale committenza, lo rese l'artista più noto e apprezzato del Novecento, e l'opera fu considerata il punto di approdo di tutta la sua ricerca. Non a caso, è forse l’opera d’arte più vista al mondo.
Fondamentale, in Fazzini, è il disegno, intimamente legato alla scultura “come la gestazione di una creatura”. Al disegno si lega l’impegno nel campo della grafica moltiplicata, ora litografia su pietra, ora incisione su zinco che questa mostra sintetizza in 60 fogli datati 1936 – 1985, che ripercorrono o anticipano tutti i suoi temi, e in vari libri d’artista. Il disegno gli è necessario per cogliere il movimento dei suoi personaggi e per fermare i propri pensieri, ora modellato violento, ora fitta ragnatela, ora unico potente segno di penna a racchiudere il mondo della statua in fieri.
La mostra, è corredata da libri, cataloghi, filmati, immagini e documenti, utili a far capire il mondo espressivo di Pericle Fazzini e le loro correlazioni. Rimarrà aperta fino al 10 marzo 2017, tutti i giorni, escluso il lunedì, dalle ore 17.00 alle ore 20.00 (la mattina per appuntamento).
Luoghi
www.mig-biblioteca.it 0973. 835014 3474017613
orario: tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle 17 alle 20 (la mattina per appuntamento). L’ingresso è gratuito