Paolo Gallerani
A cura di: Bruna Consarelli
Mercoledì 20 marzo 2013 alle ore 18.30 si inaugura la mostra Paolo Gallerani
Dal 20 marzo al 20 aprile la Galleria SPAZIOTEMPORANEO espone frammenti significativi del lavoro con sculture, disegni, grandi carte, documenti, modelli, inediti per la gran parte, a partire dalla mostra realizzata per il Convegno Dire il Politico - Dire le politique, a cura di Bruna Consarelli, Roma 2000, dove è già presente il tema della vigna e il problema dell’oblio e della riscoperta dell’immagine come ri-velazione.
In Teatro dell’Albero, in Urne nere fino a La collina - Tavola di lavoro e agli esiti attuali, le immagini, i testi, gli oggetti, si innestano e vestono le sculture per necessità. Necessità della permanenza delle immagini, che si formano come soggetto, che possono accompagnare e proteggere come quelle dei Lari; che si possono dimenticare, ma che è possibile anche rammemorare, ritrovare come presenza della modernità.
Non immagini oggetto cui siamo sottoposti dal bombardamento tecnologico quotidiano dei frame cinematografici, televisivi, di internet, delle comunicazioni di mercato, fino alle bellissime foto di National Geographic, che comunque oggetto rimangono. Le Vigne, intrico o tessitura di elementi naturali, naturali artificiati e razionali artificiali, si sviluppano, come tutta la più recente produzione durante azioni e occasioni di lavoro legati anche a momenti dell’attività di docente di Scultura: lavori avviati durante workshop con la partecipazione di studenti e
giovani artisti a Delfi (2001) e nell’isola di Creta (2002) con la Athens School of Fine Arts di Atene; presso l’Università di Joannina in Epiro (2006), durante gli stage annuali nelle cave di pietra di Vicenza dei Monti Berici (dal 1995) e per Triglifi e Quercia di Beslan, durante i workshop presso la University of Tecnology di Brno nel 2003 e nel 2005. Contemporaneamente si determina la necessità di registrare i passaggi e i percorsi di un’azione che non può più essere lineare. Ritorna a essere resa esplicita quella attenzione, solo in apparenza sommersa, alla tecnologia e alla modificazione/innovazione dei sistemi tecnologici che è parte consapevole della ricerca dell’autore (sfociata dagli anni ’70 nella produzione dei cicli delle macchine). Scrive Mauro Carbone nel testo in catalogo: «ai “paesaggi” di Gallerani – ai “Teatri” come pure alle “Vigne” e alle “Querce” – proprio il caso apre la possibilità d’interventi interminabili da parte dell’artista, cui è dato di approfittarne per “vestire” o “spogliare” di volta in volta di scritti o immagini od oggetti accessori le sue opere, che da “non finite” diventano così idealmente “in-finite”. Ecco prodursi allora un effetto di accumulo che viene a rispondere all’esigenza di memoria abitualmente disattesa dalla nostra cultura del “post-”. Ma grazie al cielo vi risponde senza perciò proporsi anche quale consolatorio effetto d’ordine. A proposito di simili effetti, d’accumulo o di ordine, ricordo come, scrivendo dei disegni di Gianfranco Baruchello, Lyotard precisasse che Freud immaginava l’inconscio come una Roma senza rovine, la città antica,la metropoli cristiana e la capitale moderna tutte disposte insieme sui sette colli,impossibilmente intricate le une alle altre. Tra l’una e l’altra, non c'è articolazione più intellegibile della più molle che ci sia: con. Niente prima/dopo. Rispetto a queste parole,mi vieneda suggerire che i “paesaggi” di Gallerani offrano allora un’immagine del nostro inconscio forse più attuale (“dopo il XX secolo”, appunto): un’immagine nella quale nessuna “Roma senzarovine” sembra concepibile, mentre l’articolazione con può governare soltanto l’impossibile intrico – l’inestricabile intreccio, scrivevo prima – tra ruderi d’epoche diverse. Con ciò producendo comunque – attenzione – effetti di memoria: inconsci, certo, ma proprio per questo tanto più preziosi. Tali che, pur collocandoci nel nostro “dopo”, non mancano d’evocare anche il dolore che ci segna sin dall’inizio». Paolo Gallerani (Cento, Ferrara, 1943), è docente titolare di cattedra di Scultura all’Accademia di Belle Arti di Macerata nel 1992, nel 1993 all’Accademia Albertina di Torino e dal 1994 all’Accademia di Brera di Milano, dove svolge anche una intensa attività seminariale sui temi, Arte e politica, estetica, estetico (2000-2002), La condizione della Violenza (2002-2005), Scultura e altri specifici e La dimensione del Paesaggio (2005-2010). Nel 1986, realizza su richiesta di Eugenio Battisti e Aldo Castellano, l’imponente ambiente-macchina La Stanza delle pulegge (dedicata alla trasmissione del moto nella prima industria) per la mostra Il luogo del lavoro. Dalla manualità al comando a distanza, all’interno della XVII Triennale di Milano, poi acquisita come donazione dal Comune di Bologna per il Museo del Patrimonio Industriale (la scultura-ambiente, praticabile, mobile, interattiva, dotata di sistemi di alta tecnologia, lunga 21 metri x 14 x 6,30 d’altezza, è una delle più grandi installazioni permanenti al coperto del ’900).
Luoghi
02.6598056
orario: dal martedì al sabato dalle ore 16.00 alle 19.30