Nicolò Tomaini "Referti autoptici per immagini drogate"
A cura di: Filippo Mollea Ceirano

Siamo sulla soglia di un passaggio epocale, in cui da un lato il mondo virtuale ha così capillarmente penetrato la realtà da arrivare a sostituirsi ad essa, mentre dall’altro lato le generazioni più giovani, nate quando tale situazione era ormai consolidata, si trovano in seria difficoltà nel coglierne l’assurdo e percepirne le conseguenze. Nicolò Tomaini affronta con le sue questi aspetti, attuali quanto delicati, del nostro tempo.
Con il suo linguaggio asciutto e diretto, in cui convergono molte delle sperimentazioni più efficaci del passato sintetizzate in una cifra espressiva personale e riconoscibile, enfatizza i processi con cui i media ci incalzano e ci costringono ad accettare i loro tempi, i loro modelli, i loro diktat, per giungere a una riflessione che coinvolge la percezione, la memoria storica, la sensibilità estetica. Alcune serie sono realizzate attraverso interventi su opere originali (vecchi ritratti o paesaggi), che vengono in parte ricoperte per riprodurre l’effetto del caricamento sullo schermo del computer, o su cui sono riprodotte frecce e barre di scorrimento, o – nella serie Petrolio – pubblicità di siti di incontri o gadget sessuali. Nella più recente serie Silicio il quadro si divide in una parte in cui l’opera originale è materialmente scomposta, come in fase di annullamento, e una in cui sono riportati i caratteri digitali del codice sorgente che contiene gli algoritmi di distruzione dell’immagine.
In un’altra parte della sua ricerca, di natura più astratta e concettuale, l’aspetto visivo scompare quasi del tutto, o meglio è assorbito completamente nella riproposizione di videate caratteristiche della navigazione in rete, come frasi o didascalie tipiche del web. Così la cronistoria dell’attività di messaggeria diviene Ritratto di amanti, a sottolineare come ormai un rapporto amoroso si consumi essenzialmente in un asciutto scambio di brevi frasi digitalizzate, mentre nel “blocco” e nello “sblocco” del contatto si condensano i tormenti della passione. Nello stesso spirito si inscrivono anche le opere della serie Le 120 giornate di Sodoma, pacchi e imballaggi con etichette, loghi e timbri di spedizione da cui spuntano in modo da potersi appena intravedere sculture o dipinti, ridotti a gadget da vendere, acquistare, inviare o ricevere come ogni altro oggetto, che in tal modo si connotano solo (quasi solo) per forma e dimensione.
Nelle varie declinazioni del suo lavoro si può cogliere il rifiuto di sottostare ai tempi e ai condizionamenti delle macchine, la rivendicazione dell’importanza della soggettività, della capacità personale di inventare e di sentire, che pur nelle difficili condizioni di questa epoca rimangono tuttavia necessità irrinunciabili dell’umano.
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