Michele Tajariol "Corpo Estraneo"
A cura di: Petra Cason Olivares e Barbara Fragogna

La prima edizione del Premio di arte contemporanea STATES OF MIND per artisti Under 35, promosso dal Festival Gli Stati della Mente e curato da Petra Cason Olivares, ha visto vincitore l’artista friulano Michele Tajariol, scelto da una giuria composta da critici, docenti e curatori, tra i 15 finalisti di oltre 150 adesioni.
STATES OF MIND indagava il tema della marginalità dell’essere - lo stato di limbo che provoca nell’individuo un costante senso di tensione alla ricerca – attraverso una narratività ampia e libera di esprimersi. Michele Tajariol, con la sua opera vincitrice, ha pienamente accolto le premesse dichiarate dal Premio: UNTITLED-SELF scardina i preconcetti dello spettatore che, nel trovarsi di fronte ad un “anti-ritratto” nel quale colori, sembianze, fisionomie riconoscibili saltano, si interroga inconsciamente sui parametri che da sempre consentono all’Uomo di riconoscere se stesso ponendosi di fronte – in relazione – all’Altro, e nell’Altro riconoscersi.
Quanto incide, in ciascuno di noi, la prossimità con l’Altro nel proprio percorso di ricerca? Può essere questo, un primo e stimolante interrogativo a proposito dell’opera di Michele Tajariol. “Corpo estraneo”, racchiude in sé non solo un nucleo di opere realizzate durante il periodo di residenza artistica compiuto negli spazi della Fusion Art Gallery - Inaudita, quanto la sintesi di un ininterrotto processo di analisi, che porta l’artista a confrontarsi costantemente, e in maniera sempre nuova, inattesa, con media e linguaggi differenti, con una libertà e coerenza che gli appartiene.
Al di là dei mezzi che Tajariol indaga, è il significato profondo del “gesto” ciò che affiora in superficie nel suo lavoro “Corpo estraneo”: un gesto solo percepito, perché negato allo sguardo nel momento del suo compiersi. L’opera raccoglie in sé, esaustivamente, il distillato di un processo composito che alterna la creazione e la distruzione – costante, ripetitiva, mai uguale a se stessa – della forma che si fa essenza. Nel “corpo estraneo” ogni paio di occhi può riconoscere una narrazione che, per certi versi, gli appartiene: quanto incide, in noi, la prossimità con l’Altro, nel processo di auto-riconoscimento, e di comprensione di ciò che è Altro da Sé? – Petra Cason Olivares
Grumo effimero
Avere davanti a sé (addosso) un grumo effimero che rincorre un volto sul volto sul corpo, la pelle, la creta, l’oggetto, il soggetto è un po’ un sogno incubato. Sento il peso e l’odore della materia, la gravità che preme verso il basso.
Un’idea d’identità aliena (ma allo stesso tempo ego e alter ego) attraverso l’utilizzo della maschera del doppio del triplo del multiplo, del camouflage come crosta modellabile che copre e scopre, nasconde, soffoca, chiude, macera e fermenta, innesca meccanismi alchemici, trasmuta, reinventa e ricrea un io in cui ogni personalità diventa impossibile. Una soluzione che è una fuga invalida che non risolve la crisi esistenziale dell’essere umano immerso in una società/attualità già distopica. La sottolinea. Una via d’uscita, un fallimento o un monito? Un circolo perverso, una ricerca infruttifera, annientamento, salto mortale e rincorsa. Il “sopra-tra-volto” (la struttura metallica, la gabbia, il legno, la cinghia, linea chiusa o aperta) è una crisalide (più falena che farfalla), dentro e sotto c’è il movimento, la spinta, il rovello. La testa è il centro del corpo, il corpo è centro e fulcro cosmico, la scatola cranica è l’origine del pensiero, la dannazione e la rivalsa. Ma la concrezione superficiale s’incunea, traspira osmotica, è corpo, arto, essudazione concettuale, verità più vera, domanda della domanda, desiderio realizzabile non mistico ma concreto, è illusione e delirio, cieco palpabile contratto per scendere a patti con ciò che non si è. Anche se un attimo. – Barbara Fragogna
Luoghi
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