Manuela Macco "black bag notes / 2010-2017"
A cura di: Barbara Fragogna
NO, MA IO NO (la negazione che s’impone)
di Barbara Fragogna
di Barbara Fragogna
(…) non si trasforma la propria vita senza trasformare se stessi. – Simone de Beauvoir
Chi mai potrà misurare il fervore e la violenza del cuore di un poeta quando rimane preso
e intrappolato in un corpo di donna? – Virginia Woolf
Chi mai potrà misurare il fervore e la violenza del cuore di un poeta quando rimane preso
e intrappolato in un corpo di donna? – Virginia Woolf
Corpuscolo, sostenuto, oscillante, immobilmente in moto, ostinato, vuoto, statico/morbido, fluido paradosso, equilibrio, indefesso, assente. Manuela Macco si nega attraverso gesti attivi minimi e austeri che si collocano ai margini dell’attenzione dello sguardo. Sia si tratti della più consistente produzione performativa (video performance, performance) che di frammenti estrapolati da flussi di attività intellettuale (foto, documenti, oggetti), il suo lavoro ci costringe a focalizzare il pensiero oltre l’estetica dell’immagine di modo che l’apparente staticità visuale apra in noi finestre inattese di percezione meditativa. Allora, ipnotizzati dal riflusso, dal mormorio, dal gesto morbido, dobbiamo partecipare, magari ondulando (come l’acqua del Rodano), senza nemmeno accorgerci in coscienza di esserne attori/protagonisti: risultiamo automaticamente parte dell’opera. Controcorrente, resistente, atto e passivo, concentrato puntiglio, serio cipiglio, limite povero, processo caparbio, schivo, ricerca necessaria ma invisibile, situazione inepilogabile. L’artista non tenta di gratificarci in alcun modo, ci (e si) mette volentieri a disagio, nega la narrazione, nega (spesso) il suo sguardo (ermeticamente), nega l’ovvio e costruisce l’opportunità di intuire, attraverso pochi elementi poveri/quotidiani/comuni, che c’è un immenso retroscena concettuale che è la base della sua ricerca. La consapevolezza di sé come donna e artista è l’imprescindibile chiave di lettura del suo lavoro. Questa consapevolezza è sensualmente palpabile come, attraverso l’intuizione, è intelligibile un testo poetico. Ciclo precario, fragile membra, al margine, inerme, nascosto, modesto, schivo, lontano, schermato, chiuso/protetto, cartarmato, ripetitivo, estenuante, resistente, fulgido, monotono, colpevole, consapevole. Trovandosi letteralmente circondati dalla serie di lavori tra i più rilevanti della sua carriera tra il 2010 e il 2017 siamo testimoni del paradosso. Da un lato le singole opere ci coinvolgono discretamente nella sfera intima e personale, il suo corpo, per quanto spersonalizzato da applicazioni e ri-vestimenti ci avvicina/affabula anche grazie a una non perturbante staticità. D’altro lato il concerto di più elementi allestiti nella sala ci circonda quasi a creare un senso di assedio/pericolo/sfida. La negazione si impone. La modestia è ambigua. Intrappolandoci nella sua maglia oscillante di carne sotto schermo, come un’Aracne contemporanea, c’imbozzola nel suo personale/politico. Devo sapere chi sono (da dove vengo) se voglio sapere chi sono (dove sto andando). Agito, prestato, abusato, dimesso, visto, spiato, contraddetto, poetico, malinteso, meccanico automa desideranteimpotente, schernito, mercificato, illuso, patetico, epico, stoico, travolto, stop! Manuela Macco parte dal concetto, la sua ricerca, le sue idee e i suoi studi sono il carburante dell’azione che esplode in esperienza dove il corpo è il corpo è il corpo, dove la mente è pensiero e dove il corpo sintetizza il pensiero della mente, nel modo più onesto e distillato possibile. Nell’esplorazione, nella costruzione e nell’ostensione del Sé tutto è ridotto al minimo, nelle video performance non ci sono prove o ripetizioni, né montaggi, né interventi di post produzione, il lavoro è site specific e i suoni dell’ambiente circostante non sono mai pianificati. Il lavoro è essenziale, ridotto alla sintesi, all’essenza, un nucleo denso e pesante carico di azione compressa che esplode nel nostro cervello come una domanda fondamentale: “No, ma io no, come posso essere me?” e a questa domanda, sempre a volerlo, l’artista risponde incitandoci a cercare, esplorare, studiare, capire, chiedere, sapere, confrontare, osservare, conoscere, onestamente, tutto ciò che ci dirà chi siamo.
Luoghi
http://www.fusionartgallery.net +39 3493644287