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20/05/2003 al 06/06/2003 RAFFAELE MADDALUNO: Dentro e fuoricampo
Costituita da una sequenza di quarantasei scatti fotografici dei quali in mostra se ne espongono tredici, e di una sedia tridimensionale riprodotta in materiale plastico, sul modello di quelle seriali in legno di uso quotidiano, l’installazione fotografica di Raffaele Maddaluno Dentro e fuori campo assume il senso di un’operazione liberatoria, in questo caso dalla sedia, da lui condotta nei modi di una ritualità esorcistica fortemente ironica. Nata come protagonista di un dipinto dell’83, che a quella data, quasi identificandolo ludicamente con essa, associava l’artista al soggetto pittorico della sedia, è lungo il percorso di lenta metabolizzazione della cosa che da allora arriva ad oggi, che si completa il percorso catartico di compiuta espiazione, con l’incendio e relativa distruzione della sedia incriminata. C’è tuttavia da dire che il percorso catartico succitato, consistente nel superamento della sedia come soggetto protagonista – e per esteso del fare arte referenziandosi alla pittura su supporto in tela a cui si riferiva la sedia in questione, nonché la stessa sperimentazione quasi per intero dell’artista a quella data – arriva ad una sua piena maturazione nel ’95; che coincide sia con l’anno in cui Maddaluno realizza la sequenza fotografica di Dentro e fuori campo, che con l’inizio di una serie di performances e video-installazioni, di cui l’ultima, del 2003 , Contatta il tuo Angelo metropolitano, consiste in un evento realizzato nella metropolitana di Napoli: un attore biancovestito con tanto di ali da Angelo custode distribuisce volantini per rilevare con un sondaggio le preferenze della gente rispetto alle caratteristiche richieste all’ angelo custode a loro assegnato. Il 1995 si segnala dunque nel personale vissuto dell’artista come un anno-chiave di traghettamento verso esperienze extra-pittoriche, ambientali e performative. Lo spaesamento e il paradosso presenti nella performance menzionata, derivati dalla materializzazione dell’Angelo custode in metropolitana finalizzato, attraverso un rilevamento dati, ad offrire un servizio sempre più conforme alle esigenze di mercato, sono perfettamente allineati agli esiti di altri eventi realizzati da Maddaluno dal ’95 ad oggi, come allo spirito che si sottende all’installazione fotografica Dentro e fuori campo. Nel senso di una comune diffusa e ludica ironia dissacratoria neo-dadaista, tesa a destabilizzare la certezza di valori inossidabili, inoppugnabili ed imperituri nel tempo come quello della sacralità dell’opera d’arte. Non a caso dunque Raffaele inquadra gli scatti della sua sequenza fotografica in cornici pesantemente barocche derivate, essendo lui partenopeo, dalla tradizione del Seicento napoletano. Il rapporto di mimesi con la pittura di quel secolo lo porta a mutuare da essa anche l’uso della luce fortemente chiaroscurata su fondi scuri, a cui affida la teatralizzazione di questo dramma in progress della sedia. E’ così messo in atto il tradimento dell’immaginario collettivo consolidato sulla certezza di referenti certi che associano l’esibizione di cornici di pregio e l’uso di luci sapienti alla messa in scena di battaglie o di mitologie arcadiche, qui sostituite dalla tragedia di una sedia seriale presa a calci e poi anche incendiata. La destituzione del soggetto nobilitante mette in scena una situazione paradossale da teatro dell’assurdo con due attori che traspongono un’azione performativa, sul genere dell’Angelo metropolitano citato, nella sequenza fotografica di Dentro e fuori campo. Tant’è che Maddaluno e la sedia interagiscono da un fotogramma all’altro come se fosse uno spazio teatrale vero e proprio, nel quale l’artista entra (nella prima foto) come varcando la soglia di un’ideale boccascena dissimulato dalla cornice barocca. Dissimulazione e finzione sono alla base anche delle dinamiche e strategie da lui messe in atto – di aggressività nei confronti della sedia che presa a calci vola in aria, o di indifferenza nei suoi confronti per mascherare l’azione successiva e risolutiva d’incendiarla con finale di ro- go catartico ed espiativo – per portare a termine in una serie di stazioni progressive ricche di pathos crescente, questo rituale del paradosso di sapore ironicamente neoavanguardistico, che nella volontà spettacolare di estromettere la sedia dalla sequenza fotografica con un rogo purificatore, intende affermare con forza l’altrettanto avvenuta sua eliminazione dalla memoria dell’artista. Non a caso la sedia in questione, ormai oggetto tridimensionale espulso dal campo visivo dell’immagine, è collocata in galleria, ricostituita in materiale plastico, come metafora di un percorso catartico finalmente avvenuto.