07/04/2018  al 30/04/2018

Lucia Di Miceli "Geometrie Circolari"

A cura di: Testo di Rosario Pinto

Lucia Di Miceli  "Geometrie Circolari"
In mostra un ciclo di dieci dipinti   ( Acrilico ed oro su cartone)  di varie dimensioni  e tre sculture (legno, acrilico ed oro). Lucia Di Miceli, artista romana di origini siciliane, in questi suoi lavori, tutti inediti e realizzati per l’occasione , si impegna sul tema della relazione tra linea retta e linea curva, tema sempre vivo nella tradizione dell’astrattismo.
“Solo più tardi, intorno alla fine degli anni Venti del secolo del ‘900, infine, il tema della relazione tra linea retta e curva giunge a maturazione piena e si produce in un ansito di coscienza critica,grazie al contributo di pensiero di Joaquin Torres Garcia, che introduce l’instanza di un rapporto organico tra curvilineità e rettilineità, fondando, tra 1929 e 1930, unitamente con Michel Seuphor, il movimento di “Cercle et Carrè”.”Così ricorda Rosario Pinto, contestualizzando , per poi affermare che : “ La ricerca creativa di Lucia Di Miceli vive entro queste premesse logiche e si fa impegno di ricerca effettivamente foriera di risultati di pregio, soprattutto per il suo proporsi come manifestazione congrua e convincente di un processo produttivo che non si scala nella produzione di oggetti in-significanti, ma di strutture morfologiche che costituiscono il punto di incernieramento di una prospettiva critica in cui il darsi dell’immagine si fa propriamente ‘episteme’.”
Infine così conclude Rosario Pinto la sua rigorosa ‘lettura’: “ Nella produzione della Di Miceli ritorna, quindi, potremmo anche dire - e grazie ad un sotterraneo riepilogo di ragioni ‘costruttiviste’ svolte secondo una pregevole ed attualissima determinazione ‘linearistica’- una carica di ripresa torregarciana che anima e riscalda la materia di cui sono fatte le sue opere, fornendo alle sue creazioni il fremito vibrante della catturante espressività  che ha distinto le prove più entusiasmanti della stagione di ‘Circle et Carrè’ tanto improvvidamente neglette e così ancora vitali e preziose, come l’opera della Di Miceli dimostra con sensibilità eidetica assolutamente originale e vitale.”
 
---------------------------------------------------
 
Rosario Pinto - La prospettiva astrattista di Lucia Di Miceli
Al di là del limite della incommensurabilità
Un tema di particolare rilievo nella pratica astrattista è sempre stato quello del rapporto tra rettilineità e curvilineità, talvolta risolto con la semplice rimozione del problema, come avviene, ad esempio, in 'De Stijl', ove la ortogonalità mondrianiana, ma anche la obliquità vandoesburghiana, sembrano voler rimanere strettamente legate alla linea retta.
Diversamente, ancora nel corso della prima metà del '900, altri artisti avrebbero provveduto a dedicare spiccata attenzione ad una ricerca creativa impostata su una valorizzazione del tema della circolarità. Pensiamo, in proposito, ad esempio, al Primo disco simultaneo di Delaunay o all'opera di Johannes Itten, né manca una esemplificazione del tentativo di integrazione curvorettilinea in artisti come Tatlin che provvede nel suo Monumento alla III Internazionale del 1919, a suggerire addirittura una interpretazione spiralica e progressivamente crescente della linea curva che segna lo slancio verticalistico del suo lavoro, quasi ad introdurre una sottile ed impermanente sensibilità fibonacciana. Si costruisce, in tal modo, un lungo ponte che si scala, idelamente - è chiaro - da questa splendida prova astrattista di Tatlin, e quasi à rebours, verso le plaghe più ermetiche delle delibazioni medievali d'affresco della Cripta di Anagni, ove la geometria, con straordinario anticipo rispetto a Delaunay, ad esempio, ma anche allo stesso Itten, appena citati, si fa ritmo catturante cromatico.
Solo più tardi, intorno alla fine degli anni Venti del secolo del '900, infine, il tema della relazione tra linea retta e curva giunge a maturazione piena e si produce in un ansito di coscienza critica, grazie al contributo di pensiero di Joaquin Torres Garcia,  che introduce l'istanza di un rapporto organico tra curvilineità e rettilineità, fondando, tra 1929 e 1930, unitamente con Michel Seuphor, il movimento di 'Cercle et Carrè'.
Giovano queste osservazioni storiografiche  ad introdurre la proposta creativa di una artista romana, ma di origini siciliane, Lucia Di Miceli, che suggerisce, con il suo generoso impegno di stampo astrattista, una delibazione produttiva che si segnala, nei più intriganti aspetti della sua ricerca, come prospettiva integrativa  di linearismi curvi e retti.
Nel lavoro della artista, la determinazione di dare sviluppo creativo a questo particolare tema di ricerca diviene motivo di riflessione e di meditazione costruttiva, convincendola a non voler lasciare assolutamente distinti i due campi della rettilineità e della curvilineità. Ella immagina, quindi, che il fatto di dover accettare il darsi impossibile della verificabilità di rapporto delle consistenze epifenomeniche curve e rettilinee, obiettivamente irriducibili per effetto del limite della incommensurabilità, non debba però lasciar intendere pregiudizialmente inconciliabili la linea retta e quella curva in una relazione pensata ed istituita sulla base di altre condizioni di indirizzo che prescindano, ad esempio, da premesse planari e di stampo schiettamente euclideo.
La Di Miceli, insomma, mette in atto il tentativo di costruire un rapporto tra due estraneità - la curvilineità e la rettilineità - che, considerate a sé stanti, non trovano  una possibilità di relazione. E si convince, quindi, la nostra artista di dover muovere alla ricerca del luogo del compromesso 'formale', ove possa trovare consistenza la opportunità di un dialogo protocollare, al cui interno le ragioni rettilinee possano muovere con qualche indicazione spendibile alla ricerca di un incontro producente con la curvilineità, dopo aver provveduto a studiarsi di superare con fatica l'ostacolo della incommensurabilità rilevata dalla condizione di irrazionalità che abbraccia, evidentemente, curvilineità e rettilineità. Sul piano estetico, sul piano, cioè, delle determinazioni di una coscienza percettiva, l'irriducibilità matematica tra linea retta e curva non pone il problema della loro non raffigurabilità, rendendosi sempre praticabile una prospettiva integrativa curvorettilinea, come, d'altronde, secoli e secoli di storia dell'arte serenamente dimostrano. Il partito logico dell'orizzonte creativo è, quindi, ben diverso: è quello, in particolare di poter individuare una misura convincente di tale rapporto integrativo, andando a sondare le possibilità di un disvelamento creativo che avrebbe potuto offrire una inedita soluzione al problema, una soluzione capace di affiancarsi, ad esempio, alla prospettiva dell'entasi o a quella della spirale aurea. Più semplicemente, per la Di Miceli, si pone in agenda  il bisogno di affacciarsi al rapporto curvorettilineo con una coscienza problematica ed innovativa.
Il tentativo che, pertanto, spinge la artista a tentare una apparentemente 'impossibile' sintesi si fonda su ragioni logico-matematiche che sono quelle che, sempre, sottendono - per quanto, talvolta, proponendosi secondo profilature apparentemente preterintenzionali - la perentorietà del gesto astrattivo quando questo non si dirime in fibrillazioni simbolistiche ma muove, piuttosto, e, responsabilmente, vorremmo aggiungere, a costruire una datità epistemica che si costituisce in chiave non incongrua della interpretazione del mondo e della costruzione di un ragionamento non effimero e volatile.
Se estetica volesse, purtroppo, significare - con un pauroso arretramento alla temperie romantica - fuga illogica nel sentimentalismo di maniera e nello sminuzzamento sistematico della sobrietà del pensiero in premio di una friabile episodicità simbolistica, allora il significato della ricerca astrattiva si arresterebbe alla soglia della mera decoratività, spesso zavorrata, in aggiunta, da una ripetitività stanca e seriale.
Ma se, al contrario, per dimensione 'astrattiva' dobbiamo intendere quella branca 'astrattista' che abbandona la panie della declinazione kandinskijana di stampo nettamente lirico, per abbracciare la vitalità fermentante dell'empito 'geometrico', allora - ed in questo caso specifico - l'astrazione si fa matrice di risultati profondi e di abbrivi creativi, che, variamente scalandosi, dal 'Costruttivismo', alla rastremazione di 'De Stijl', per giungere alla temperie 'concretista', pervengono alle sintesi più recenti, che, a partire dagli anni del secondo Cinquantennio del secolo del '900 - facendo grazia dell'esperienza 'cinetica' da considerare, a nostro sommesso giudizio, come pratica di estrema scansione del Manierismo rinascimentale, nutrita, peraltro, delle scorie della stagione simbolistica di fine Otto e primo Novecento - spingono verso opportunità di nuovo profilo in cui trovano coniugazione e sintesi le prospettive cinestetiche e quelle di una visione cronotopica, orchestrate lungo il basso continuo della pregnanza 'linearistica'.
La ricerca creativa di Lucia Di Miceli vive entro queste premesse logiche e si fa impegno di ricerca effettivamente foriera di risultati di pregio, soprattutto per il suo proporsi come manifestazione congrua e convincente di un processo produttivo che non si scala nella produzione di oggetti in-significanti, ma di strutture morfologiche che costituiscono il punto di incernieramento di una prospettiva critica in cui il darsi dell'immagine si fa propriamente 'episteme'.
Ciò offre l'opportunità al fruitore di avere un'effettiva esperienza 'estetica', che noi intendiamo come momento propriamente pre-romantico, in un'accezione kantiana, superando l'improprietà della approssimazione gnoseologica individualistica di stampo simbolistico che  vede mortificata la conoscenza non solo dal prevalere della doxa sul giudizio, ma anche dalla affermazione sovradimensionata ed esorbitante del dato sensoriale rispetto alla opportunità percettiva che deve costituire fase di sviluppo e premonizione valutativa.
Ed allora, detto questo, ecco dove e come si colloca la ricerca della Di Miceli: nel quadro di un impegno a restituire alla forma il suo significato pieno di addensamento non solo manifestamente morfologico, ma anche eideticamente risolutivo per la costituzione di un profilo di interpretazione del mondo, riempiendo di contenuti profondi un dato segnico che svolge l'additamento robustamente 'costruttivista', vorremmo dire, lungo un gradiente di incrementazione significazionale che dirige l'azione creativa della artista e la mette in grado di maturare un ottenimento 'cinestetico', che anima una proposta intelligentemente dialogica. E tale proposta è quella che la artista sviluppa, in particolare, privilegiando la disamina di un rapporto circolorettilineo accostato con determinazione tutt'altro che di irriducibilità - e quindi di contrapposizione irredimibile - ma di immedesimazione e di dialogo ragionevolmente possibile tra linea retta e curva.
Nella produzione della Di Miceli ritorna, quindi, potremmo anche dire - e grazie ad un sotterraneo riepilogo di ragioni 'costruttiviste' svolte secondo una pregevole ed attualissima determinazione 'linearistica' - una carica di ripresa torresgarciana che anima e riscalda la materia di cui sono fatte le sue opere, fornendo alle sue creazioni il fremito vibrante della catturante espressività che ha distinto le prove più entusiasmanti della stagione di 'Cercle et Carré' tanto improvvidamente  neglette e così ancora vitali e preziose, come l'opera della Di Miceli dimostra con sensibilità eidetica assolutamente originale e vitale.
 

Luoghi

  • Movimento Aperto - Via Duomo, 290/c - 80138 Napoli
         3332229274

    orari: Mercoledì e Venerdì, ore 17:00 – 19:00, giovedì ore 10.30-12.30 e su appuntamento

  • Categorie correlate