Luca Scarabelli. Una cosa gettata nell'angolo
A cura di: Testo di Samuele Menin
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La costruzione dell’opera di Luca Scarabelli si intreccia con il concetto di “stillstand” – raccontato nei Passages di Benjamin – che rimarca l’idea della soglia tra l’immobilità e il movimento. In questa occasione, un’attenzione particolare è posta sul dialogo ideale tra cose e oggetti – che si trovano lì anche per altre ragioni – in una sorta di combinazione tra l’estetica del quotidiano e dell’abbandono, tra l’economia dei mezzi e il valore antropologico del loro scopo sociale. In questo orizzonte senza speranze, il pessimismo dell’autore concede spazio soltanto a una riflessione sull’adagiarsi e sullo scivolamento in un ambiente immobile, sul potere destituente e di sottrazione del meccanismo che costruisce il significato: sul residuo di una visione. Le opere permangono in un equilibrio instabile, in cui le tracce del passato si fanno vuoto ricordo, grammatica silenziosa, tensione (al massimo) verso una forma, catturata nel momento in cui il movimento – colto nell’atto del suo arresto – è posto in attesa. testo di Samuele Menin
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