Loup Sarion "Langue Pendue"
SpazioA ha il piacere di presentare, sabato 18 febbraio 2017, ore 18, nel project space della galleria, Langue Pendue, prima mostra personale in Italia dell’artista Loup Sarion (1987, Toulouse, Francia).
L’artista presenta tre sculture ispirate a forme antropomorfiche o quotidiane, raggruppate sotto il titolo Langue Pendue. Il titolo rimanda al soprannome di Alex nel film di Leos Carax, Rosso Sangue e riecheggia un corpus di lavori di Sarion collegato ai temi dell’epidermide e della superficie.
I tre lavori collocati su piedistalli esercitano uno strano fascino e sono tutti legati dall’idea della sete. Uno è un derivato di una tazza, l’altro un rubinetto da cui cade una goccia d’acqua, il terzo un volto stilizzato con la lingua (langue)...penzoloni (pendue). Per l’artista il dialogo che si stabilisce tra i diversi lavori si rivela importante, la loro pluralità è intrinseca alla loro interpretazione. “Prima scopriamo un oggetto che riconosciamo nel successivo, ed è così che inizia la conversazione”. Sentendo evocare la parola conversazione, e tornando al titolo scelto per la mostra, l’organo della lingua sembra un elemento fondamentale nel lavoro di Loup Sarion. La lingua, una parte molto vascolarizzata della nostra anatomia, serve per masticare, ingoiare, assaggiare, parlare, ma anche per baciare. Permette di sfamarsi in senso rabelaisiano, aiuta gli animali come gli esseri umani a leccare e lappare, conduce al piacere. La lingua è qualcosa di molto volgare e al tempo stesso raffinatissimo, che si pone allo stesso livello del controllo della mente e del linguaggio, persino della conoscenza di un’altra nazione (parliamo, infatti, di “lingua straniera”).
Attraverso la stoffa che avvolge le matrici, Loup Sarion si concentra sull’epidermide in un lavoro che ha già stabilito una relazione ambigua con la pittura. Da qualche tempo usa la stampa e la serigrafia, prima sulle tende, poi sul vetro, il plexiglass o il gesso, e i pigmenti sono risucchiati dai materiali, assorbiti dalla capillarità o evaporati in pozze incarnate nella tradizione pittorica. Diversi medium si trovano quindi sposati, con forme prima disegnate, che invocano Philip Guston, poi scolpite, come tributo a Constantin Brâncuşi, e infine le tele dipinte. Sarion prende come punto di partenza il suo appetito per l’incarnato, dicendo “tutto ciò che è umano è piacevole ai miei occhi”, evocando quel che può rimandare al gesto di una pelle che arrossisce o una bocca secca che ha bisogno di essere inumidita.
Quando lo si vede all’opera nel suo studio, Loup Sarion lavora come un artigiano. Stira le stoffe, poi le sovrappone e le ricompone in collage, rimandando al patchwork, al rivestimento, alla confezione. “Veste” la sua scultura, e intanto pensa alla pelle smascherata, quella che attrae o ripugna, che suscita il vero desiderio.
L’ispirazione nasce dal film di Leos Carax, in cui Alex, un ventriloquo, è soprannominato Langue Pendue (“lingua lunga”)… cosa assai paradossale, visto che non apre mai bocca. Il personaggio venticinquenne è trascinato da una frustrata, straripante energia e sensualità, e dà l’impressione di qualcosa di troppo esile che camuffa a stento un fuoco divampante. Come Loup Sarion, che ha l’eleganza di trattare le superfici in modo da consentirci, a una seconda lettura, di vedere cosa ci attrae verso la realtà delle cose e degli esseri, anche quando questa stessa realtà ha qualcosa di vagamente disgustoso.
[Marie Maertens, gennaio 2017]
Luoghi
http://www.spazioa.it 0573 977354 0573 977354
orario: mart-sab 11-14 e 15-19 e su app