Janet Bellotto. Confluence Island
Confluence Island è un luogo nato dall’unione di due isole che sono confluite assieme fino a formare uno spazio altro, allo stesso tempo unico e duplice. E’ una fusione, reale e immaginaria, di terre e acque vicine geograficamente ma lontane nella loro essenza.
La parola “confluent”, derivata dal significato latino di “fluire assieme”, è usata in questa esposizione per definire la fluida plasticità relazionale delle masse e delle vie d’acqua, rovesciando il concetto di Pangea e della migrazione delle placche tettoniche nel concetto delle isole re-immaginate e reali, modellate scambiando i loro parametri fisici, politici e culturali.
L’esposizione prende ispirazione innanzitutto dalla storia di Venezia e Mestre, due città affini ma molto diverse, circondate dalla stessa acqua che le separa e le unisce al contempo. Come Venezia e Mestre, altre città hanno subito la stessa sorte, a partire dalle coppie di città similari e sempre legate all’acqua, come Dubai- Los Angeles, Il Cairo- Città del Messico e Istanbul-Aleppo, e tutte queste città sono state visitate personalmente dall’artista (con l’unica eccezione di Aleppo, per la quale si è avvalsa dell’esperienza indiretta).
Bellotto, esplorando gli universi di queste isole confluite, arriva a delocalizzare il concetto di isola e a trasformarlo in un concetto quotidiano e universale. Oggi, tutti viviamo su delle isole: isole virtuali, effimere, che l’artista chiama isole di contrasto. L’acqua, che in natura unisce e separa le isole, diventa metafora di un dissidio, un contrasto appunto, che può essere sociale, culturale o semplicemente casuale, e che, in questo caso, separa e distingue le isole.
Il quesito alla base del concetto espositivo è: cosa succede se queste isole di contrasto confluiscono assieme diventando isole confluite? Si apre allora una gamma infinita di possibilità, di unioni di terre che altrimenti sarebbero divise: l’esposizione esplora nuove alternative alla realtà, creando legami e officiando matrimoni di spazi lontani. Due luoghi vengono affiancati per creare un’isola nuova e vecchia allo stesso tempo, che ricorda la forma di entrambi gli spazi, che riporta due fari, organo vitale di un’isola, e che sarà bagnata da due acque diverse, che si incontreranno a metà, a ricordare e segnalare il matrimonio che le lega.
L’unione dei luoghi- isola appare, nelle opere di Janet Bellotto, talmente naturale e giusta da far sorgere il dubbio che forse un tempo esse fossero davvero uno spazio unico, che l’artista ha recuperato dalla loro storia, o che forse col tempo lo diventeranno, facendo così dell’artista un’anticipatrice del loro confluenced future.
Allo spettatore la metafora dell’isola sembrerà estendersi anche all’intera galleria e agli spazi circostanti, i lucernari saranno fari di isole confluite e la loro luce sembrerà arrivare fino al faro di Venezia. Il surreale evocato dalle opere d’arte di Janet Bellotto provocherà negli spettatori una sensazione di straniamento: alcuni luoghi in cui si sarà vissuto fino a quel momento appariranno improvvisamente nuovi, quegli stessi spazi, inondati di luce, sembreranno diversi da quelli in cui si è abitato un tempo.
“Usando brillantemente la strategia dell’ostranenie, la tecnica artistica che prevede di presentare al pubblico oggetti quotidiani e familiari in un modo strano e insolito, in modo da aumentare la percezione del familiare, la ri-contestualizzazione di Bellotto sottolinea le differenze ma porta nuovi riconoscimenti di un’inimmaginata potenza” - Kóan
La parola “confluent”, derivata dal significato latino di “fluire assieme”, è usata in questa esposizione per definire la fluida plasticità relazionale delle masse e delle vie d’acqua, rovesciando il concetto di Pangea e della migrazione delle placche tettoniche nel concetto delle isole re-immaginate e reali, modellate scambiando i loro parametri fisici, politici e culturali.
L’esposizione prende ispirazione innanzitutto dalla storia di Venezia e Mestre, due città affini ma molto diverse, circondate dalla stessa acqua che le separa e le unisce al contempo. Come Venezia e Mestre, altre città hanno subito la stessa sorte, a partire dalle coppie di città similari e sempre legate all’acqua, come Dubai- Los Angeles, Il Cairo- Città del Messico e Istanbul-Aleppo, e tutte queste città sono state visitate personalmente dall’artista (con l’unica eccezione di Aleppo, per la quale si è avvalsa dell’esperienza indiretta).
Bellotto, esplorando gli universi di queste isole confluite, arriva a delocalizzare il concetto di isola e a trasformarlo in un concetto quotidiano e universale. Oggi, tutti viviamo su delle isole: isole virtuali, effimere, che l’artista chiama isole di contrasto. L’acqua, che in natura unisce e separa le isole, diventa metafora di un dissidio, un contrasto appunto, che può essere sociale, culturale o semplicemente casuale, e che, in questo caso, separa e distingue le isole.
Il quesito alla base del concetto espositivo è: cosa succede se queste isole di contrasto confluiscono assieme diventando isole confluite? Si apre allora una gamma infinita di possibilità, di unioni di terre che altrimenti sarebbero divise: l’esposizione esplora nuove alternative alla realtà, creando legami e officiando matrimoni di spazi lontani. Due luoghi vengono affiancati per creare un’isola nuova e vecchia allo stesso tempo, che ricorda la forma di entrambi gli spazi, che riporta due fari, organo vitale di un’isola, e che sarà bagnata da due acque diverse, che si incontreranno a metà, a ricordare e segnalare il matrimonio che le lega.
L’unione dei luoghi- isola appare, nelle opere di Janet Bellotto, talmente naturale e giusta da far sorgere il dubbio che forse un tempo esse fossero davvero uno spazio unico, che l’artista ha recuperato dalla loro storia, o che forse col tempo lo diventeranno, facendo così dell’artista un’anticipatrice del loro confluenced future.
Allo spettatore la metafora dell’isola sembrerà estendersi anche all’intera galleria e agli spazi circostanti, i lucernari saranno fari di isole confluite e la loro luce sembrerà arrivare fino al faro di Venezia. Il surreale evocato dalle opere d’arte di Janet Bellotto provocherà negli spettatori una sensazione di straniamento: alcuni luoghi in cui si sarà vissuto fino a quel momento appariranno improvvisamente nuovi, quegli stessi spazi, inondati di luce, sembreranno diversi da quelli in cui si è abitato un tempo.
“Usando brillantemente la strategia dell’ostranenie, la tecnica artistica che prevede di presentare al pubblico oggetti quotidiani e familiari in un modo strano e insolito, in modo da aumentare la percezione del familiare, la ri-contestualizzazione di Bellotto sottolinea le differenze ma porta nuovi riconoscimenti di un’inimmaginata potenza” - Kóan
Luoghi
349 3794668 349 8682155