Il mare i miti
A cura di: Mina Tarantino
Sabato 16 dicembre 2017, alle ore 19.00, presso la Galleria SPAZIOSEI di Monopoli sarà inaugurata la mostra “IL MARE I MITI”, a cura di Mina TARANTINO.
La mostra raccoglie la ricerca “narrativa” condotta con il linguaggio della pittura, della scultura e della fotografia da sedici artisti di diversa provenienza e sensibilità: Uccio Biondi, Flavia D’Alessandro, Giulio De Mitri, Mario Di Candia, Luigi Filograno, Enrico Grasso, Iginio Iurilli, Cristian Loretti, Gianna Maggiulli, Maria Martinelli, Alessandro Passaro, Pippo Patruno, Francesca Speranza, Arianna Spizzico, Annamaria Suppa, Franco Tarantino.
Nella presentazione critica, la dott.ssa Santa FIZZAROTTI SELVAGGI, scrive: «Il tema del Mare e del Mito assume valenza fortemente simbolica per questa mostra che riconduce le Arti quali aree intermedie – le terze terre- tra l’Umano e il Divino, quale possibilità di sentirsi partecipi della Creazione. L’artista si fonde con la sua pittura, con le sue opere per lasciar vibrare quella luce che impregna la materia di cui è prigioniera dall’eternità.
Quale bellezza salverà il mondo? Dove va l’arte? … Sembra che queste siano le domande degli artisti contemporanei che sfidano il pensiero unico e l’omologante realtà in cui siamo inesorabilmente immersi tentando di tornare al gesto originario.
Il ritorno ai Miti pone il problema del ritorno delle Arti nella loro molteplicità, della non appartenenza ai linguaggi mediatici, dell’identità dell’uomo-artista. Di qui scaturisce la possibilità di provare a vedere “ oltre l’orizzonte” del mare, di quel Mare-Madre colmo di enigmi, luogo dell’origine del quale l’Artista pare abbia sempre nostalgia sì da “intelligere” diversamente la natura delle cose.
Nelle immagini rappresentate appaiono ricordi dolenti di una terra profumata di vento e di mare, di intrecci mitici che non svelano mai quell’unico impossibile sogno celato in fondo al mistero dell’arte. Ed è in tale ottica che trattasi di un Senso sempre aperto nel suo indefinibile accadere: un permanente Avvento che consente di scoprire quanto sia straordinaria la quotidianità. Arte è Eros alla ricerca di Psiche. Corporeità e anima. Luogo della trasformazione. Viaggio senza meta verso l’ignoto, un futuro che comunque non ci appartiene ma che l’Arte può rendere prefigurabile e pertanto affrontabile. Una avventura in mare aperto non sempre rassicurante che alcune volte permette di incontrare se stessi in luoghi sconosciuti tra le terre e i miti di confine.
Non si dimentichi che un insieme di scenari e civiltà hanno strutturato i nostri modelli di pensiero. Mare di percorsi identitari disposti ad andare oltre, verso l’altrove. In tal senso il mare pur essendo uno spazio geografico limitato, ci consente sempre di cambiare ottica e di lasciarsi attraversare dallo stupore.
Nel Mare i Miti hanno costruito il mosaico dell’origine, delle culture, delle religioni, delle tradizioni, dei linguaggi: Ed è per tali ragioni che il Mare è la metafora dell’abissalità mentre evoca il rimosso che ci abita dinanzi al quale riscopriamo la nostra fragilità e che l’artista maieuticamente porta alla luce.
Il Mare Mediterraneo, per esempio, esprime simbolicamente vari aspetti dell’uomo occidentale, da Ulisse ad Alessandro Magno, a Pericle, a Cristoforo Colombo, e ha sempre accolto storie differenti di civiltà diverse, talora, e oggi spesso, la tragicità dell’esistenza divenendo toma dei più vulnerabili e vulnerati. Ma il Mare Nostrum, come mi piace indicarlo alla maniera latina, è sempre costituito dal «non ancora», vale a dire dalla speranza… Mare di Cipride e di Ares, luogo fluttuante agitato dai venti nei quali ci sembra di udire miti, leggende e racconti delle Madri, di quel femminile del mondo che si nasconde nel gesto dell’origine. Luogo di pace e di guerra, di odio e di amore è sempre stato il Mediterraneo: luogo mitico che vide Europa rapita da Zeus in forma di toro dalle coste dell’Asia Minore e amata dal padre degli dèi sotto il leggendario platano di Gortina a Creta.
Quando si riflette sul Mare, e soprattutto sul Mediterraneo, è essenziale infatti anche la riflessione sull’identità culturale europea che scaturisce da nuclei fondanti quali il pensiero greco e i suoi miti e che rivisitò filosofie d’Oriente, l’idea romana di diritto, il monoteismo e l’idea cristiana di coscienza.
Mare e miti si fondono e confondono: il mare di Hestìa, la dea custode delle tradizioni e dei racconti, il mare di Penelope che tesse la tela degli affetti familiari, è ambivalentemente anche il mare di Medea. La Medea di Euripide quale simbolo estremo di un pregiudizio: l’ordine rigido che regnava a Corinto espose Medea all’indicibile sofferenza dei suoi stessi sentimenti fino all’interruzione per la continuità di tutti.
E come non riflettere che per esempio il Mediterraneo è anche una metafora che ci conduce oltre il Mediterraneo, al di là delle Colonne d’Ercole, simbolo del desiderio di conoscenza di sé e dell’Altro. Una metafora, così come è Itaca che deve essere sempre nella nostra mente, come ci ricorda Kavafis. Ma Itaca è il luogo da cui sempre si riparte per nuove avventure. Non a caso Dante scrive: «Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguire virtute e conoscenza».
È chiaro che non è al mare nella sua «realtà fisica» che in questa mostra si pensa, ma al mare come simbolo della vita che trascende addirittura la vita vissuta che viene rappresentata dalle Arti nella loro complessità, Il mare, come meraviglioso spettacolo della natura non genererebbe alcun mito se non fosse investito di rappresentazioni mitiche . Non a caso Franca Mazzei Maisetti scrive: «La risacca, lo sciabordio delle onde, il vento che solleva le onde, la serenità dopo la tempesta evocano altro, quel luogo tutto femminile senza il quale non si può emergere dall’indefinito, nascere e morire».
Ed ancora all’Arte, alla sua capacità di ritrovare luoghi perduti, visioni lontane che possiamo affidare la nostra speranza e ripetere con il Poeta: “ non c’era Ares dio della guerra né Zeus né Crono né Poseidone, ma solo Ciprie sovrana…”
Ecco il senso dell’andar per mari e per terre: si tratta dell’erranza, di quel peregrinare che ci conduce in luoghi poco frequentati, forse pericolosi, ma estremamente necessari affinché dentro di noi possiamo veramente riconoscere con Holderlin che “ lì dove è il pericolo è la salvezza”.
Il viaggio nelle dimensioni del tempo che l’artista pone in essere non ha mete ma soltanto l’emozione del conoscere: come Ulisse che sognava Itaca, l’ambiente rassicurante, per poter ripartire e navigare in mare aperto, in quel luogo liquido colmi di mitiche narrazioni che ci lasciano intravedere l’Altro all’orizzonte. Quella similarità e quella differenza che sono già dentro di noi e che improvvisamente appare dinanzi al nostro sguardo.
Ma è proprio nel sentire profondamente il mare, che in francese si traduce la mer, che immancabilmente evochiamo la mère: la madre. Ovvero l’inizio e la fine della nostra vita.
Si tratta della Grande Madre che il mare rende presente riattualizzando nelle Arti, nella pittura, nella poesia e nella musica la Memoria che ancora canta con Empedocle: “ fui arbusto ed uccello e muto pesce del mare?”
La mostra raccoglie la ricerca “narrativa” condotta con il linguaggio della pittura, della scultura e della fotografia da sedici artisti di diversa provenienza e sensibilità: Uccio Biondi, Flavia D’Alessandro, Giulio De Mitri, Mario Di Candia, Luigi Filograno, Enrico Grasso, Iginio Iurilli, Cristian Loretti, Gianna Maggiulli, Maria Martinelli, Alessandro Passaro, Pippo Patruno, Francesca Speranza, Arianna Spizzico, Annamaria Suppa, Franco Tarantino.
Nella presentazione critica, la dott.ssa Santa FIZZAROTTI SELVAGGI, scrive: «Il tema del Mare e del Mito assume valenza fortemente simbolica per questa mostra che riconduce le Arti quali aree intermedie – le terze terre- tra l’Umano e il Divino, quale possibilità di sentirsi partecipi della Creazione. L’artista si fonde con la sua pittura, con le sue opere per lasciar vibrare quella luce che impregna la materia di cui è prigioniera dall’eternità.
Quale bellezza salverà il mondo? Dove va l’arte? … Sembra che queste siano le domande degli artisti contemporanei che sfidano il pensiero unico e l’omologante realtà in cui siamo inesorabilmente immersi tentando di tornare al gesto originario.
Il ritorno ai Miti pone il problema del ritorno delle Arti nella loro molteplicità, della non appartenenza ai linguaggi mediatici, dell’identità dell’uomo-artista. Di qui scaturisce la possibilità di provare a vedere “ oltre l’orizzonte” del mare, di quel Mare-Madre colmo di enigmi, luogo dell’origine del quale l’Artista pare abbia sempre nostalgia sì da “intelligere” diversamente la natura delle cose.
Nelle immagini rappresentate appaiono ricordi dolenti di una terra profumata di vento e di mare, di intrecci mitici che non svelano mai quell’unico impossibile sogno celato in fondo al mistero dell’arte. Ed è in tale ottica che trattasi di un Senso sempre aperto nel suo indefinibile accadere: un permanente Avvento che consente di scoprire quanto sia straordinaria la quotidianità. Arte è Eros alla ricerca di Psiche. Corporeità e anima. Luogo della trasformazione. Viaggio senza meta verso l’ignoto, un futuro che comunque non ci appartiene ma che l’Arte può rendere prefigurabile e pertanto affrontabile. Una avventura in mare aperto non sempre rassicurante che alcune volte permette di incontrare se stessi in luoghi sconosciuti tra le terre e i miti di confine.
Non si dimentichi che un insieme di scenari e civiltà hanno strutturato i nostri modelli di pensiero. Mare di percorsi identitari disposti ad andare oltre, verso l’altrove. In tal senso il mare pur essendo uno spazio geografico limitato, ci consente sempre di cambiare ottica e di lasciarsi attraversare dallo stupore.
Nel Mare i Miti hanno costruito il mosaico dell’origine, delle culture, delle religioni, delle tradizioni, dei linguaggi: Ed è per tali ragioni che il Mare è la metafora dell’abissalità mentre evoca il rimosso che ci abita dinanzi al quale riscopriamo la nostra fragilità e che l’artista maieuticamente porta alla luce.
Il Mare Mediterraneo, per esempio, esprime simbolicamente vari aspetti dell’uomo occidentale, da Ulisse ad Alessandro Magno, a Pericle, a Cristoforo Colombo, e ha sempre accolto storie differenti di civiltà diverse, talora, e oggi spesso, la tragicità dell’esistenza divenendo toma dei più vulnerabili e vulnerati. Ma il Mare Nostrum, come mi piace indicarlo alla maniera latina, è sempre costituito dal «non ancora», vale a dire dalla speranza… Mare di Cipride e di Ares, luogo fluttuante agitato dai venti nei quali ci sembra di udire miti, leggende e racconti delle Madri, di quel femminile del mondo che si nasconde nel gesto dell’origine. Luogo di pace e di guerra, di odio e di amore è sempre stato il Mediterraneo: luogo mitico che vide Europa rapita da Zeus in forma di toro dalle coste dell’Asia Minore e amata dal padre degli dèi sotto il leggendario platano di Gortina a Creta.
Quando si riflette sul Mare, e soprattutto sul Mediterraneo, è essenziale infatti anche la riflessione sull’identità culturale europea che scaturisce da nuclei fondanti quali il pensiero greco e i suoi miti e che rivisitò filosofie d’Oriente, l’idea romana di diritto, il monoteismo e l’idea cristiana di coscienza.
Mare e miti si fondono e confondono: il mare di Hestìa, la dea custode delle tradizioni e dei racconti, il mare di Penelope che tesse la tela degli affetti familiari, è ambivalentemente anche il mare di Medea. La Medea di Euripide quale simbolo estremo di un pregiudizio: l’ordine rigido che regnava a Corinto espose Medea all’indicibile sofferenza dei suoi stessi sentimenti fino all’interruzione per la continuità di tutti.
E come non riflettere che per esempio il Mediterraneo è anche una metafora che ci conduce oltre il Mediterraneo, al di là delle Colonne d’Ercole, simbolo del desiderio di conoscenza di sé e dell’Altro. Una metafora, così come è Itaca che deve essere sempre nella nostra mente, come ci ricorda Kavafis. Ma Itaca è il luogo da cui sempre si riparte per nuove avventure. Non a caso Dante scrive: «Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguire virtute e conoscenza».
È chiaro che non è al mare nella sua «realtà fisica» che in questa mostra si pensa, ma al mare come simbolo della vita che trascende addirittura la vita vissuta che viene rappresentata dalle Arti nella loro complessità, Il mare, come meraviglioso spettacolo della natura non genererebbe alcun mito se non fosse investito di rappresentazioni mitiche . Non a caso Franca Mazzei Maisetti scrive: «La risacca, lo sciabordio delle onde, il vento che solleva le onde, la serenità dopo la tempesta evocano altro, quel luogo tutto femminile senza il quale non si può emergere dall’indefinito, nascere e morire».
Ed ancora all’Arte, alla sua capacità di ritrovare luoghi perduti, visioni lontane che possiamo affidare la nostra speranza e ripetere con il Poeta: “ non c’era Ares dio della guerra né Zeus né Crono né Poseidone, ma solo Ciprie sovrana…”
Ecco il senso dell’andar per mari e per terre: si tratta dell’erranza, di quel peregrinare che ci conduce in luoghi poco frequentati, forse pericolosi, ma estremamente necessari affinché dentro di noi possiamo veramente riconoscere con Holderlin che “ lì dove è il pericolo è la salvezza”.
Il viaggio nelle dimensioni del tempo che l’artista pone in essere non ha mete ma soltanto l’emozione del conoscere: come Ulisse che sognava Itaca, l’ambiente rassicurante, per poter ripartire e navigare in mare aperto, in quel luogo liquido colmi di mitiche narrazioni che ci lasciano intravedere l’Altro all’orizzonte. Quella similarità e quella differenza che sono già dentro di noi e che improvvisamente appare dinanzi al nostro sguardo.
Ma è proprio nel sentire profondamente il mare, che in francese si traduce la mer, che immancabilmente evochiamo la mère: la madre. Ovvero l’inizio e la fine della nostra vita.
Si tratta della Grande Madre che il mare rende presente riattualizzando nelle Arti, nella pittura, nella poesia e nella musica la Memoria che ancora canta con Empedocle: “ fui arbusto ed uccello e muto pesce del mare?”
Luoghi
080.802903 339.6162515
orario:da martedì a sabato ore 17.30 - 20.30