Hans Richter. L'opera grafica
Sabato 6 febbraio 2016, alle ore 18.30, in Castronuovo Sant’Andrea, nelle sale del MIG. Museo Internazionale della Grafica – Biblioteca Comunale “Alessandro Appella” – Atelier “Guido Strazza”, si inaugura la mostra dedicata all’opera grafica di Hans Richter che continua il lavoro di informazione iniziato il 20 agosto 2011 con la storia della grafica europea e proseguito con le personali di Mirò, Degas, Renoir, Bonnard, Matisse, Dufy, Picasso, Calder, Ben Shann, Secessione di Berlino, Pechstein, Zadkine, Bernard, Marcoussis, Henri Goetz, Del Pezzo, Mascherini, Bartolini, Marino – Azuma, Guarienti, accompagnati, rispettivamente, dalla mostra di Renoir in poi, dalla presenza in controcanto di Gentilini, Strazza, Accardi, Ciarrocchi, Consagra, Melotti, Maccari, Bucci, Perilli e Raphael.
Figura di spicco dell’avanguardia del secolo scorso, Hans Richter ha esercitato il suo talento e la sua creatività in un’infinita varietà di campi, dalla pittura al disegno, dal cinema alla scrittura, dall’editoria all’insegnamento, collaborando e dialogando con alcuni tra i principali esponenti dell’arte del suo tempo, da Marcel Duchamp a Kazimir Malevic, da Theo van Doesburg a Kurt Schwitters, da Max Ernst a Sergej Ejzenštejn. Dopo una prima parentesi figurativa e gli esordi espressionisti nella Berlino dei primi anni dieci, è stato, accanto a Tzara, Ball, Arp e Janco, uno dei protagonisti più geniali della straordinaria stagione del Dadaismo zurighese. Fin dall’inizio, la sua ricerca si volse all’esigenza di articolare lo spazio figurativo in un movimento che uscisse dai limiti della tela, interessi che lo portarono all’analisi e all’utilizzo di forme semplici e pure, duttili elementi in espansione e contrazione con cui dare nuovo ritmo alla visione del reale. Iniziò, dunque, a comporre continue variazioni di un tema visivo che, nelle varie tavole, si sviluppava, prendeva rilievo, si muoveva. Decisivo, per queste sue ricerche, fu l’incontro, nel 1918, con il pittore svedese Viking Eggeling, insieme al quale realizzò un tipo di “pittura in continuità” mediante l’elaborazione di un rotolo disegnato e dipinto (Preludio, 1919, New Haven, University Art Gallery): “ma un giorno Eggeling scoprì la nuova forma artistica adeguata alle nostre esperienze. Da tempo studiavamo le variazioni di un tema su trenta o quaranta tavole staccate. Eggeling suggerì di seguire le loro trasformazioni e il loro sviluppo in un modo continuo, utilizzando un rullo… ciò non era né pittura né musica. Era semplicemente, ce ne siamo accorti più tardi, dopo un lavoro pieno di febbre, cinema!”. Per Richter la scelta della fluida rappresentazione cinematografica, rappresentò quasi un passo obbligato, una svolta necessaria: la tela, non gli sembrò più sufficiente per spiegare i virtuosismi e le successioni del pensiero. Divenne così, a partire dalla metà degli anni Venti, uno dei pionieri del cinema astratto e una figura chiave delle sperimentazioni filmiche in ambito artistico.
Tra i suoi primi esperimenti filmici, vanno ricordati una serie di brevissimi cortometraggi prodotti in pieno clima Dada (Rhytmus 21, 23, 25), nei quali movimentò forme astratte. Passò al surrealismo in Filmstudie (1926), gioco di associazioni, e nel famoso Vormittagsspuk (1928), musicato da P. Hindemith e incentrato su una rivolta degli oggetti (cappelli e altro) visti come “fantasmi mattutini”. Si impegnò socialmente e politicamente in Inflation (1927-28) e nell’incompiuto Metall (1931-34). A New York, dove dal 1942 al 1956 diresse l’Institute of Film Techniques, portò a termine Dreams that Money Can Buy (I sogni che il danaro può comprare), premiato alla mostra di Venezia nel 1947, dove riunì attorno a sé M. Ernst, F. Léger, M. Ray, M. Duchamp e A. Calder. Di analogo interesse, nel 1956-57, fu 8×8 mentre in due antologie (Thirty Years of Experiment, 1951; Forty Years of Experiment, 1961) Richter raccolse il meglio della propria attività cinematografica. Costretto a rifugiarsi negli Stati Uniti dopo l’avvento del nazismo, nel dopoguerra Richter divenne, grazie alla sua attività di insegnante, un punto di riferimento per la nascita del cinema indipendente americano.
Anche se la sperimentazione cinematografica sembra essere il mezzo espressivo più affine all’estetica di Richter, non bisogna trascurare la sua vasta produzione artistica che abbraccia vari settori dell’arte. La seduzione per le forme pure (quadrati, rombi, rettangoli) e la tensione verso una pulizia della linea, sono elementi che caratterizzano anche le eleganti astrazioni dei disegni, dei collages, delle sculture, delle incisioni e delle litografie, dei libri d’artista (uno per le sue poesie e gli altri due per le poesie di Giuseppe Ungaretti e Grytzko Mascioni) che compongono questa mostra, a riprova di una ricerca priva di contraddizioni e di una grafica come necessità espressiva, al punto che Richter, dopo aver frequentato i folli ritrovi Dada, attraversò le varie tappe del Novecento diventando punto di riferimento per i costruttivisti del Bauhaus, per i surrealisti e per tanta arte a venire.
La mostra, oltre a rileggere la parabola creativa di un artista poliedrico come Richter, offre l’opportunità di mettere a punto le grandi tematiche che hanno percorso le avanguardie del Novecento e di ripercorrere alcune delle esperienze fondamentali che hanno segnato la storia dei rapporti tra pittura e cinema nel secolo scorso.
Figura di spicco dell’avanguardia del secolo scorso, Hans Richter ha esercitato il suo talento e la sua creatività in un’infinita varietà di campi, dalla pittura al disegno, dal cinema alla scrittura, dall’editoria all’insegnamento, collaborando e dialogando con alcuni tra i principali esponenti dell’arte del suo tempo, da Marcel Duchamp a Kazimir Malevic, da Theo van Doesburg a Kurt Schwitters, da Max Ernst a Sergej Ejzenštejn. Dopo una prima parentesi figurativa e gli esordi espressionisti nella Berlino dei primi anni dieci, è stato, accanto a Tzara, Ball, Arp e Janco, uno dei protagonisti più geniali della straordinaria stagione del Dadaismo zurighese. Fin dall’inizio, la sua ricerca si volse all’esigenza di articolare lo spazio figurativo in un movimento che uscisse dai limiti della tela, interessi che lo portarono all’analisi e all’utilizzo di forme semplici e pure, duttili elementi in espansione e contrazione con cui dare nuovo ritmo alla visione del reale. Iniziò, dunque, a comporre continue variazioni di un tema visivo che, nelle varie tavole, si sviluppava, prendeva rilievo, si muoveva. Decisivo, per queste sue ricerche, fu l’incontro, nel 1918, con il pittore svedese Viking Eggeling, insieme al quale realizzò un tipo di “pittura in continuità” mediante l’elaborazione di un rotolo disegnato e dipinto (Preludio, 1919, New Haven, University Art Gallery): “ma un giorno Eggeling scoprì la nuova forma artistica adeguata alle nostre esperienze. Da tempo studiavamo le variazioni di un tema su trenta o quaranta tavole staccate. Eggeling suggerì di seguire le loro trasformazioni e il loro sviluppo in un modo continuo, utilizzando un rullo… ciò non era né pittura né musica. Era semplicemente, ce ne siamo accorti più tardi, dopo un lavoro pieno di febbre, cinema!”. Per Richter la scelta della fluida rappresentazione cinematografica, rappresentò quasi un passo obbligato, una svolta necessaria: la tela, non gli sembrò più sufficiente per spiegare i virtuosismi e le successioni del pensiero. Divenne così, a partire dalla metà degli anni Venti, uno dei pionieri del cinema astratto e una figura chiave delle sperimentazioni filmiche in ambito artistico.
Tra i suoi primi esperimenti filmici, vanno ricordati una serie di brevissimi cortometraggi prodotti in pieno clima Dada (Rhytmus 21, 23, 25), nei quali movimentò forme astratte. Passò al surrealismo in Filmstudie (1926), gioco di associazioni, e nel famoso Vormittagsspuk (1928), musicato da P. Hindemith e incentrato su una rivolta degli oggetti (cappelli e altro) visti come “fantasmi mattutini”. Si impegnò socialmente e politicamente in Inflation (1927-28) e nell’incompiuto Metall (1931-34). A New York, dove dal 1942 al 1956 diresse l’Institute of Film Techniques, portò a termine Dreams that Money Can Buy (I sogni che il danaro può comprare), premiato alla mostra di Venezia nel 1947, dove riunì attorno a sé M. Ernst, F. Léger, M. Ray, M. Duchamp e A. Calder. Di analogo interesse, nel 1956-57, fu 8×8 mentre in due antologie (Thirty Years of Experiment, 1951; Forty Years of Experiment, 1961) Richter raccolse il meglio della propria attività cinematografica. Costretto a rifugiarsi negli Stati Uniti dopo l’avvento del nazismo, nel dopoguerra Richter divenne, grazie alla sua attività di insegnante, un punto di riferimento per la nascita del cinema indipendente americano.
Anche se la sperimentazione cinematografica sembra essere il mezzo espressivo più affine all’estetica di Richter, non bisogna trascurare la sua vasta produzione artistica che abbraccia vari settori dell’arte. La seduzione per le forme pure (quadrati, rombi, rettangoli) e la tensione verso una pulizia della linea, sono elementi che caratterizzano anche le eleganti astrazioni dei disegni, dei collages, delle sculture, delle incisioni e delle litografie, dei libri d’artista (uno per le sue poesie e gli altri due per le poesie di Giuseppe Ungaretti e Grytzko Mascioni) che compongono questa mostra, a riprova di una ricerca priva di contraddizioni e di una grafica come necessità espressiva, al punto che Richter, dopo aver frequentato i folli ritrovi Dada, attraversò le varie tappe del Novecento diventando punto di riferimento per i costruttivisti del Bauhaus, per i surrealisti e per tanta arte a venire.
La mostra, oltre a rileggere la parabola creativa di un artista poliedrico come Richter, offre l’opportunità di mettere a punto le grandi tematiche che hanno percorso le avanguardie del Novecento e di ripercorrere alcune delle esperienze fondamentali che hanno segnato la storia dei rapporti tra pittura e cinema nel secolo scorso.
Luoghi
www.mig-biblioteca.it 0973. 835014 3474017613
orario: tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle 17 alle 20 (la mattina per appuntamento). L’ingresso è gratuito