18/05/2004  al 04/06/2004

CLAUDIO GRANATO: Territori della pittura

CLAUDIO GRANATO: Territori della pittura Claudio Granato si muove da alcuni anni nel campo della ricerca legato alla pittura, scelta fin da principio come unico mezzo per esplorare e descrivere territori esistenziali e culturali delimitati da differenti assunti propositivi. Territori in cui linguaggi diversi si intrecciano e sovrappongono a generare continui, interessanti e scompaginanti sconfinamenti e definire orizzonti plurimi, entro cui la necessità di sperimentare la ricchezza linguistica proposta dalle seconde avanguardie si coniuga con la tradizione del fare arte, mentre l’esigenza di riscoprire le proprie radici si unisce al desiderio di continuo rinnovamento. A partire dalla seconda metà degli anni novanta, le sue verifiche formali si articolano con una certa organicità intorno alla necessità di elaborare in maniera originale alcune delle distinte proposizioni entro cui si dibatte la ricerca contemporanea e, soprattutto, intorno al ruolo della pittura. L’intento è di comprendere quella che è la caratteristica più specifica del linguaggio pittorico: la sua capacità di proporsi come materializzazione del reale e, contemporaneamente, di poterlo trascendere. Ad interessare, infatti, non è la ricerca della verità, quanto piuttosto il desiderio di confrontarsi con la complessità della realtà. La pittura diviene, perciò, evocativo frammento esistenziale, traccia indelebile del confronto con il mondo e le sue inesplicabili sconnessioni. Frutto di questo ripensamento sulla pittura e i suoi territori sono le opere realizzate recentemente, in cui Granato si misura programmaticamente con la possibilità di rapportarsi alla tangibilità del reale per comprendere le contraddizioni del tempo presente e del suo quotidiano divenire. Il nucleo di partenza sono le immagini che scandiscono lo scorrere quotidiano della vita con la loro scontata normalità o straordinaria eccezionalità, un frammento preso dai giornali e strappato agli accadimenti dell’esistenza, intorno a cui Granato lavora costruendo piani cromatici stridenti, ma di grande impatto visivo, per creare interessanti commistioni, raffinate decontestualizzazioni e intriganti alterazioni dell’immaginario comune. Il quadro si presenta, allora, come il campo delle apparizioni, il luogo in cui le tracce del reale si incastonano in campiture perfettamente delineate, dialogando dialetticamente con segni che tessono orditi e trame, con gli spessori e le rarefazioni della materia, con le opacità e le trasparenze del colore. Le linee si intersecano e tagliano la superficie come lame affilate o l’accarezzano in un sensuale crescendo di modulazioni cromatiche, a creare superfici pulsanti, su cui si delineano improvvise immagini enigmatiche. Quelli che l’artista lascia affiorare dalla materia pittorica sono, infatti, frammenti di immagini, che non raccontano, ma alludono e suggeriscono. L’intento è di azzerare ogni tentazione narrativa, perché l’obiettivo non è descrivere gli accadimenti di una quotidianità che si dipana sotto i suoi occhi, ma lasciar emergere la loro qualità emotiva, la loro forza evocativa. All’opulenza del colore, alla sua tattile sensualità e a un gesto sapientemente misurato, fatto di pennellate avvolgenti Granato assegna la funzione di condurre altrove. La tela, infatti, è solo l’inizio di un cammino che va oltre. La pittura invita ad entrare in essa per essere toccata e posseduta nella sua fisica matericità ma, soprattutto, invita ad essere superata, per giungere ad esplorare altri luoghi, altri territori, di cui solo l’artista riesce a indicare i limiti, utilizzando gli strumenti che gli sono più congeniali: i colori e i pennelli. Lo sguardo, perciò, è libero di oltrepassare i confini del mondo reale per avventurarsi al di là di esso e giungere lì dove le inquietudini, le incertezze, i timori, le difficoltà del quotidiano si ricompongono, materializzando la sottile armonia che è sottesa ad ogni apparente sconnessione.

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