09/05/2017  al 24/09/2017

Giovanni Anselmo / Elisabetta Di Maggio. Doppia personale

A cura di: Chiara Bertola

Giovanni Anselmo / Elisabetta Di Maggio. Doppia personale
Fondazione Querini Stampalia e Krizia sono liete di annunciare le mostre per- sonali di Giovanni Anselmo Senza titolo, invisibile, dove le stelle si avvi- cinano di una spanna in più, mentre oltremare appare verso Sud-Est, e la luce focalizza… e di Elisabetta Di Maggio Natura quasi Trasparente. Le mostre, a cura di Chiara Bertola, si svolgeranno negli spazi della Fondazione Querini Stampalia, rispettivamente all’interno dell’Area Scarpa e del Museo, dal 10 maggio al 24 settembre 2017, in occasione della 57. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia. 

Le riflessioni dei due artisti invitati alla Querini Stampalia, anche se in modi diver- si e quasi opposti nelle materie che utilizzano, si toccano in quel loro soffermarsi su concetti quali la caducità e il trascorrere del tempo: geologico, lentissimo e 

costante per Anselmo; ritmato, fluido e trasformativo in Di Maggio. Le loro opere scandi- scono una stessa temporalità ma in modo differente, mettono al centro un confronto con il ritmo del tempo, di forza e fragilità, di tensione e sospensione. 

Anselmo e Di Maggio si confrontano inevitabilmente con la storia, gli spa- zi e le collezioni che costituiscono il patrimonio della Fondazione e rien- trano in “Conservare il futuro”, il programma pluriennale di arte contemporanea della Querini Stampalia che ha l’obiettivo di proporre sempre sguardi inediti capaci di scardinare le consuete categorie di conservazione, esposizione e fruizione museale dell’opera d’arte. 

Come molto spesso avviene nel lavoro di Giovanni Anselmo, il lungo titolo – Senza titolo, invisibile, dove le stelle si avvicinano di una spanna in più, men- tre oltremare appare verso Sud-Est, e la luce focalizza… – è come una formula, quasi un piccolo racconto che descrive vere e proprie installazioni che si pos- sono considerare come dei paesaggi da osservare “affacciati alla finestra della nostra immaginazione”. Il suo lavoro è un paradigma che si propone ricomponendosi e dire- zionandosi sempre in modo diverso ogni volta che incontra uno spazio e una dimen- sione nuova: in questo caso, lo spazio di Carlo Scarpa per la Fondazione Querini Stampalia di Venezia. 
Giovanni Anselmo ha esordito nell’ambito dell’Arte Povera, impegnandosi in una ricer- ca tesa a esaltare la presenza potenziale dell’invisibile nel visibile, esponendo la stret- ta relazione che esiste tra il finito e l’infinito. Ha formulato una personale dialettica che spesso implica l’accostamento di materiali di valenza contraria che attraverso le sue opere mettono in luce l’energia insita nella materia. Ciascun lavoro nasce dalla mani- festazione nello spazio e nel tempo delle forze compresse e in divenire che gli elementi predisposti dall’artista producono incontrandosi. 

Anselmo ha immaginato per lo spazio di Carlo Scarpa un progetto, come sempre per lui, nato dalla precisione e dal rigore essenziale che il luogo stesso gli ha suggeri- to. Per questa mostra il percorso che ha ideato si dispone e si sviluppa in quattro elementi-opere: un’opera per ogni ambiente, per dare una direzione e immettere una tensione verso l’esterno. Lo spazio che Carlo Scarpa ha pensa- to per le esposizioni è, di fatto, uno spazio chiuso e interamente occupato dal suo detta- glio. L’opera di Anselmo riesce a spingerlo oltre e a staccarlo dalla sua forma iconica. 

La prima opera del percorso è Senza titolo,1967: una lastra in plexiglas viene leg- germente arcuata e mantenuta in questa posizione grazie a un ferro uncinato. È un’o- pera esemplare della poetica di Anselmo che, con mezzi semplici, crea le condizioni per porre in atto una situazione di tensione: l’opera è propriamente l’energia fisica che contiene e vive senza bisogno di connessioni stabili, in una situazione di leggera pre- carietà. L’utilizzo di materiali industriali, naturali, umili e minimamente manipolati por- ta lo spettatore a relazionarsi tanto con la fisicità tangibile di elementi concreti, quanto con quelle tensioni invisibili che appartengono comunque all’ambiente e all’esperienza reale, come le forze primordiali della gravitazione o del magnetismo. 
Molte volte la forza dei lavori che Anselmo espone è affidata all’immaginazione: con essa possiamo proiettare la matericità di semplici oggetti oltre lo spazio, oltre il tempo, oltre il visibile. Il percorso della mostra continua con l’opera Invisibile,1970-1998-2007: un blocco di granito, con sopra incisa la parola “visibile” sul lato estremo. Ecco, la verità di un fatto si rende manifesta nella concretezza dell’opera. Ciò che non è visibile non esiste 

concretamente, ma si manifesta come energia possibile, come forza d’immaginazione. Nella grande sala espositiva pensata da Carlo Scarpa, Anselmo ha deciso di esporre Dove le stelle si avvicinano di una spanna in più, 2001-2016, un sentiero di sei blocchi di granito che tracciano la profondità di un pensiero che scavalca i limiti spazio-temporali. Un pensiero che si rintraccia in tutte le opere in cui la gravità gioca un ruolo determinante e che in questo caso trova una combinazione perfetta nello spa- zio scarpiano, preciso e chiuso. Ci si avvicina al cielo di una spanna, quasi a tocca- re le stelle con la mano, se solo salendo su quei massi di granito ci si rende conto del paesaggio più vasto che ci sovrasta e a cui siamo direttamente collegati. 
Nel percorso incontriamo Mentre oltremare appare verso Sud-Est,1981-2016. Qui, il cammino della mostra cerca una direzione e l’espansione verso un altrove. Si tratta di due blocchi di pietra rettangolari, uno con l’ago magnetico presente nella bus- sola incastonato sopra come espressione di forze che indicano una direzione, e l’altro, con la parte esterna colorata di pigmento oltremare, a indicare che lo spazio altrove è sempre oltremare. Come alla ricerca di uno spazio non definito, mentalmente oltre le pareti, l’opera indica un desiderio costante. 
Il percorso della mostra di Anselmo prosegue al secondo piano con un’unica opera posta nel Museo della Fondazione: Particolare,1972-2017. 
In un punto dell’infilata delle sale l’artista proietta un suo “Particolare”. In quello spazio dove il tempo si è sedimentato nelle opere storiche esposte e dove, attraverso l’inva- sione della natura infestante dell’installazione di Elisabetta Di Maggio, ha fatto un bal- zo nel futuro, Anselmo con il suo raggio luminoso rende visibile un punto preciso che rivela, nel fluire del tempo, il presente, rendendo attivo il farsi dell’opera, senza nulla togliere a ciò che già esiste. Semplicemente ricorda che ogni cosa è un particolare del tutto e anche noi lo siamo. 
Sono le sue parole a chiarire e a sintetizzare il senso di quest’opera: “Un particolare di una stanza è un particolare; una stanza è un particolare di un tempo; noi, gli oggetti e tutto ciò su cui punta il proiettore, siamo particolari in un tempo, siamo anche altri par- ticolari in un tempo futuro ed eravamo altri, diversi particolari in un tempo passato”. 
La mostra che Anselmo ha pensato per la Fondazione Querini Stampalia è un percorso di traiettorie e di direzioni, di pesi e di energie che rappresentano cinque momenti in cui ne viene sottinteso un sesto: il visitatore che si rende par- tecipe. L’opera è un work in progress perché viene vissuta e vive attraverso lo spettatore. Ripercorrendo la mostra, anche lo spettatore crea una traiettoria nuova. 

Elisabetta Di Maggio ha trascorso molto tempo nella casa/museo della Querini Stampalia per realizzare il progetto site specific. Natura quasi Trasparente si articola nello spazio del Museo tra il Portico – il luogo riservato al pubblico all’interno del palazzo veneziano – e l’infilata delle stanze private che si snodano oltre il corrido- io d’accesso. Nel Portego del Museo, l’intervento dell’artista invade lo spazio e crea una relazione con il tempo passato e quello presente, ponendo lo spet- tatore all’interno di uno straniamento visivo. La natura che ora ‘occupa’ il museo si presenta come un elemento vivo e germinativo all’interno di uno spazio congelato dalla storia. Come nelle grandi superfici di carta, anche nelle fragili foglie, Elisabetta Di Maggio ripete il rito della vita e del suo diffondersi ineluttabile. 
Come dice l’artista stessa: “Sul concetto di tempo declinato in tutte le sue forme ho basa- to la mia ricerca, tanto da far diventare il tempo stesso la vera materia del mio lavoro. La memoria e le sue stratificazioni sono sempre fonte di ispirazione per la nostra esi- stenza, ci danno delle indicazioni preziose e provocano cortocircuiti mentali da cui nascono le idee…”. 

Per Di Maggio il gesto manuale è fondativo dell’opera stessa, capace di coniugare insieme la tradizione artigiana che ci è stata tramandata e che ha contribuito a rende- re unici i luoghi, con il tempo lungo di realizzazione che per lei diventa una condizio- ne imprescindibile e concettuale. 
Nel suo intervento all’interno del Museo, Elisabetta Di Maggio ha voluto entrare nella stanza “segreta” dietro il boudoir, oltre la camera da letto, e includere nel proprio progetto lo spazio intimo e privato. Ha voluto aprire una porta e varcare una soglia, svelando un luogo solitamente chiuso al pubblico. Qui ha trovato un vec- chio armadio guardaroba del XVIII sec., parte della collezione di mobili della Querini Stampalia conservati in deposito e non esposti, dove si conservano piccoli oggetti, fra- gili e delicati e non visibili al pubblico: dipinti di piccole dimensioni, monete, cammei, medaglie, sculture di porcellana, gemme, oggetti d’uso quotidiano (sigilli, bussole, manometri, spille, bottoni, tabacchiere) che raccontano la vita della famiglia Querini Stampalia e la storia della loro dimora. 
L’artista ha colto un’immediata consonanza con questo ambiente segreto, sentendosi “a casa”, con il desiderio di abitarlo, di riempirlo e di lasciare le proprie tracce per tra- sformarlo nel suo studio: allestisce con cura un “cabinet de curiosité” dove colleziona i suoi “reperti” unici e particolari. Ne nasce un display contemporaneo, dove l’archivio dell’artista si fonde con l’archivio storico dell’istituzione e della famiglia, dove il tempo presente serve a mettere in luce il tempo passato. 
“Non è sempre possibile avere uno spazio bianco a disposizione – prosegue l’artista presentando il suo progetto – e allora bisogna imparare a procurarselo, bisogna riu- scire a riconoscerlo e ad usarlo. Bisogna cercare il nostro punto fermo e da lì partire. In ogni luogo c’è uno spazio bianco indefinito e quello spazio siamo noi. 

 

Luoghi

  • Fondazione Querini Stampalia - Campo Santa Maria Formosa, Castello, 5252 - Venezia
             041 2711411     041 2711445

    orario: mar-dom 10-18, lun chiuso

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